Oggi un articolo del Fatto Quotidiano ci segnala le difficoltà che insorgono per garantire la presenza di personale docente nelle scuole delle piccole isole. E' una situazione emblematica che dovrebbe farci riflettere su un problema più generale.
Lo stipendio di un insegnante non è sufficiente a coprire i costi della mobilità via mare. I traghetti appartengono a imprese private e occorrono accordi speciali per ottenere agevolazioni a favore di chi deve viaggiare frequentemente per lavoro. L'articolo suggerisce che per consentire spostamenti a costi accettabili si dovrebbero rinnovare accordi ormai scaduti con le imprese di navigazione, ma questa a mio avviso sarebbe solo una soluzione temporanea e sostanzialmente miope.
Gli insegnanti, oltre ad essere i meno pagati d'Europa e i meno pagati tra le varie categorie di dipendenti pubblici, nel caso di incarico a svolgere servizio sulle isole o altri luoghi difficilmente raggiungibili, si trovano anche esclusi dalle piccole agevolazioni concordate per altre categorie di dipendenti pubblici… e così le scuole non aprono, le famiglie con figli devono trasferirsi e si generano enormi disagi per tutti. Che fare? Vogliamo precettarli con minaccia di licenziamento oppure mandiamo qualche sindaco ad elemosinare piccoli sconti dalle imprese di navigazione? Sono due risposte possibili, ma entrambe miopi e poco efficaci.
Credo che il problema debba essere esaminato e risolto considerando l'intero sistema dei rapporti tra pubblico e privato. Non è una faccenda che riguarda solo quei singoli insegnanti costretti a raggiungere le piccole isole, occorre discutere in termini di interesse generale della collettività. Gli accordi scadono, le imprese cambiano e le agevolazioni più o meno buone spariscono, invece le scuole devono essere considerate una struttura stabile e ben funzionante anche nelle piccole isole e lo sguardo politico dovrebbe allargarsi oltre le scuole e il diritto all'istruzione, dovrebbe investire tutte le esigenze collettive ridisegnando l'intero sistema di raccordo tra esigenze pubbliche e attività private. Non servono soldi per farlo.
C'era una volta il tesserino ferroviario che la Repubblica Italiana forniva a tutti i dipendenti statali e alle loro famiglie.
Il tesserino
corrispondeva a una logica corporativa. Lo Stato agiva come tutte le
aziende che riescono ad offrire agevolazioni ai propri dipendenti senza
alcun costo aggiuntivo. Per esempio la vecchia SIP esonerava i
propri dipendenti dal pagare la bolletta del telefono, la FIAT vendeva ai
propri operai autovetture a prezzo ridotto, i bancari potevano contare
su servizi molto scontati presso la propria banca, ecc. Era un sistema con
cui ogni impresa cercava di fidelizzare i propri dipendenti senza
spendere nulla e lo Stato faceva lo stesso coi suoi. Qualche viaggiatore
in più sul treno delle Ferrovie dello Stato non aveva nessun costo. I
ferrovieri non pagavano e gli altri dipendenti pubblici, spesso
trasferiti da un luogo all'altro della penisola, potevano godere di uno
sconto permanente.
Sembravano privilegi, forse in qualche caso lo erano,
come il tesserino per accesso gratuito al cinema che ogni sala
cinematografica doveva fornire agli uffici delle tasse e alla Guardia di
Finanza. Potevano usarlo anche i familiari. Mio padre ce l'aveva, ma
non ce l'ha mai dato e lui stesso pagava il biglietto per andare a
vedersi un film. Diceva che l'accesso gratuito gli era concesso solo per
funzioni di controllo fiscale, quindi per godersi lo spettacolo aveva
anche lui il dovere di pagare. Ma la sua era un'etica che i suoi
colleghi preferivano ignorare e quasi nessuno la applicava a se
stesso.
Dagli anni novanta, con l'inizio della "guerra contro lo Stato" (falsamente proclamata dalle Brigate Rosse, ma realmente attuata dall'ideologia neoliberista) tutte le agevolazioni pubbliche sono state gradualmente abolite in nome di una malintesa uguaglianza.
Ricordo ancora il caso in cui, durante una gita scolastica, davanti alla biglietteria di un museo alcuni alunni si accorsero che per noi insegnanti non era previsto il pagamento del biglietto d'ingresso. Non è giusto, protestò qualcuno di loro, dovreste pagare anche voi!
In Italia gli insegnanti accompagnano i ragazzi nei viaggi di istruzione assumendosi enormi responsabilità senza alcuna remunerazione aggiuntiva, lo fanno per uno spirito di volontariato, sanno che un loro rifiuto toglierebbe agli studenti la possibilità di fare il viaggio di istruzione, subiscono un ricatto affettivo, ma come si può pretendere che l'accompagnatore, oltre che non remunerato, debba anche pagare per svolgere quel prezioso lavoro che sta già svolgendo gratis? A quella ingenua protesta un mio collega che non aveva alcun interesse a visitare il museo per l'ennesima volta, reagì dicendomi sottovoce: questa è l'ultima volta che partecipo a una gita, non solo lo devo fare gratis, ma loro neanche l'apprezzano, vorrebbero farci anche pagare per il lavoro che stiamo facendo.
Accecati da un'astratta idea di uguaglianza i ragazzi non riuscivano a vedere la differenza tra chi lavora e chi si diverte o chi apprende cose nuove. Probabilmente avrebbero fatto pagare il costo dal taxi anche al tassista e il biglietto dell'aereo anche ai piloti e alle hostess e forse il costo della calce, dei mattoni e del cemento lo metterebbero sul conto dei muratori.
A pensarci bene però quei ragazzi non avevano tutti i torti, perché anche loro non stavano entrando al museo come turisti o appassionati d'arte, loro erano "costretti" ad entrare nel museo scelto dal programma scolastico, non da loro, erano lì per istruzione, non per divertimento.
Gli studenti non sono impegnati in un lavoro ma la loro buona istruzione serve a tutta la società perciò vale quanto un lavoro, forse anche di più, perché sono impegnati nella costruzione del futuro e del progresso civile e sociale dell'intera collettività. Uno Stato che vuol curare se stesso attraverso "il pieno sviluppo della persona umana" avrebbe dovuto garantire l'accesso gratuito alle scuole, comprese tutte le attività didattiche, le attrezzature e le visite di istruzione programmate dalla scuola.
I ragazzi avevano innocentemente scambiato per un privilegio dei professori quello che in realtà era l'effetto di una noncuranza nei loro confronti, cioè una volontà di ignorare l'importanza sociale delle legittime esigenze infantili o giovanili.
Siamo tutti cresciuti così, purtroppo. Ci hanno abituato a fatiche e sacrifici ingiusti e questi torti subiti generano una distorta visione del mondo per cui la normalità di chi non subisce maltrattamenti può sembrare un privilegio da abolire. Ed ecco che nessuno propone di stabilire per legge che gli insegnanti (come altri pubblici funzionari) in servizio nelle isole devono poter raggiungere gratis il loro posto di lavoro, qualunque sia il mezzo di trasporto, pubblico o privato, che sono tenuti ad utilizzare.
Noi oggi ci sentiamo impossibilitati a sancire una regola di questo tipo perché sembrerebbe un privilegio di casta, così ci sottoponiamo alle forche caudine degli accordi con gli imprenditori privati sperando che vogliano gentilmente concedere qualche sconto alla maestra o al poliziotto. Non lo faranno gratis, lo Stato dovrà pagare quella concessione. Ci siamo dimenticati che l'impresa privata ha l'obbligo costituzionale di svolgere anche un servizio di utilità sociale. L'ideologia neoliberista ha convinto tutti che l'impresa privata agisce super-partes e che può legittimamente godere di un diritto assoluto a trarre profitto sempre e da ogni cosa. Ma non è forse questo il vero privilegio?
Quando le imprese si rifuiutano di concedere sconti o agevolazioni, noi italiani per rispettarne l'autonomia accettiamo anche la chiusura delle scuole, degli ospedali e di altri servizi pubblici con conseguente spopolamento dei borghi e l'enorme danno sociale ed economico per tutti, un danno che alla fine si ritorcerà anche sui profitti delle aziende.
L'ideologia totalitaria che vorrebbe ridurre tutto a mercato e profitto è una ideologia che porta al suicidio della società. Chissà quando riusciremo a smettere questa guerra tra poveri e tra maltrattati a cui ci costringe l'ingorda miopia neoliberista e chissà quando, invece di invidiare i presunti privilegi di presunte caste, saremo capaci di ragionare sulla funzionalità dei sistemi socio-economici in modo che i trattamenti differenziati per le diverse categorie di cittadini e di lavoratori siano tali da assicurare un equilibrio generale che deve andare a vantaggio di tutti.

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