Agli italiani in questo periodo di calura estiva viene proposta una competizione elettorale truccata.
Il primo trucco sta nei tempi: tutta la fase preparatoria si concentra nel mese di agosto, i partiti già dotati di rappresentanza parlamentare non hanno bisogno di raccogliere firme, le nuove formazioni dovrebbero presentare liste con migliaia di sostenitori autenticati, un’impresa quasi impossibile. In democrazia dovrebbe esserci una regola di par condicio, ma non c'è;
il secondo trucco è un artificioso bipolarismo che contrappone una destra populista, (demagogica e tendenzialmente neo-fascista) ad un’altra destra elitaria e tecnocratica, falsamente qualificata come centro-sinistra: chiunque sia il vincitore l’assetto dei poteri resterà immutato (in democrazia dovrebbero esserci vere alternative).
N.B. - La sostanziale appartenenza di entrambi i poli all’area politica di destra risulta evidente nel comune ripudio dei principi democratici della Costituzione:
- comune tendenza al presidenzialismo o
alla concentrazione di poteri nell’esecutivo (c.d. governabilità),
emerso nei due tentativi di riforma costituzionale, il primo proposto
dalla destra nel 2006 e il secondo proposto dalla sinistra nel 2016;
- sostanziale abbandono del welfare-state, avversato
apertamente dalla destra e trascurato dal centro-sinistra, che
preferisce concentrarsi su questioni di diritto.
Il M5S (Movimento 5 Stelle) è la via d’uscita, può rappresentare un’alternativa? A giudicare dal modo con cui viene avversato dai principali organi di stampa si direbbe di sì, nonostante le varie vicissitudini che l’hanno indebolito, è evidente che continua a far paura ai gruppi di potere.
Il grillismo
Il M5S è nato dal blog di Beppe Grillo e dall’esperienza dei Meet-Up. Il movimento può essere descritto in due modi opposti:
Un nuovo partito personale basato sul carisma di una sola persona che ne assume il controllo assoluto (il potere carismatico è una minaccia per la democrazia);
Un movimento spontaneo promosso da una esigenza autenticamente democratica di cittadinanza attiva (Grillo ne avrebbe solo suscitato l'avvio).
C'è qualcosa di vero in entrambe le descrizioni. Questo è il primo rilevante elemento di ambiguità.
Ma guardiamo ai contenuti.
Beppe Grillo si era trasformato negli anni da attore comico a polemista politico facendo leva coraggiosamente su alcune questioni:
La corruzione politica (la satira contro il socialismo rampante, monopolizzato dal carisma di Bettino Craxi, gli costò l'esclusione dai teleschermi);
La libertà di rapinare gli ignari cittadini utilizzando trappole tecnologiche (era il caso del numero 144 per le chiamate a pagamento);
Il capitalismo trasformato in "economia della truffa" (titolo di un libro di J.K. Galbraith) che Grillo denunciò attraverso la sua "mappa del potere" e la sua incursione da azionista in Telecom;
L'importanza di non sottovalutare i disastri ambientali e gli abusi di potere.
Grillo prese anche grosse cantonate (qualcuno ricorderà la wash-ball che doveva mandare in pensione i detersivi, ma ancora più strana fu la sua pretesa di rivendicare la privacy sulle dichiarazioni dei redditi, in evidente contrasto col principio di trasparenza) e sostenne posizioni ondivaghe sulle teorie monetarie del prof. Giacinto Auriti e sugli allarmismi del dottor Stefano Montanari, ma si fece carico anche di importanti e coraggiose campagne civiche come quelle sugli abusi di polizia (i casi Cucchi, Aldrovandi ed altri).
A Beppe Grillo vanno riconosciuti evidenti meriti nel campo dell’informazione civica e politica, ma le sue proposte politiche non derivano da una visione coerente e non creano una strategia risolutiva, i suoi interventi riguardavano situazioni diverse per le quali lui segnalava il problema e talvolta forniva soluzioni disparate, non organizzate all’interno di un programma o di una visione ideologica. L’unico indirizzo che dava una direzione era la restituzione del potere decisionale alla gente comune (demos). A tale scopo lanciò l’idea di assegnare un riconoscimento (il bollino con le 5 stelle) alle liste civiche che avrebbero dato garanzia di pulizia (nessun pregiudicato in lista) e di buona volontà. Con le 5stelle non si creava un partito, non si facevano programmi. Perciò veniva usato il termine di non-partito che avrebbe redatto un non-statuto allo scopo di mandare affan… i potenti senza schierarsi né a destra, né a sinistra.
Il Movimento
Il non-partito col non-statuto,
che non è né di destra né di sinistra, e si scaglia contro
l’intera compagine politica non è un fenomeno nuovo, è una
replica del “qualunquismo” che gli italiani avevano già
conosciuto nei primi anni della Repubblica. Il qualunquismo era (e
resta tuttora) una pessima demagogia. L’anti-politica non apporta
miglioramenti alla politica.
La dialettica democratica si
realizza nella competizione tra i partiti. Tra le varie possibilità
occorre prendere posizione. Se si vuol migliorare la situazione
politica occorre partecipare con organizzazioni ben regolamentate e
con proposte migliorative, sapendo che qualunque proposta sarà
vantaggiosa per alcuni e svantaggiosa per altri.
La presunta neutralità del M5S ha
trovato ampio consenso perché cavalcava la confusione che si è
generata tra destra e sinistra, ma la rinuncia a prendere posizione
rischia di scadere nella retorica della “fine delle ideologie”.
Le ideologie non sono finite e non finiranno. Senza elaborazioni
ideologiche il confronto politico si riduce a semplice competizione
individuale oppure diventa una stupida gara a chi offre di più.
L’ideologia è necessaria. Il sistema delle idee è più importante della simpatia dei
leader e delle bandiere.
Elaborare una ideologia equivale a dare una
coerente organizzazione alle idee. Solo l’ideologia consente agli
elettori di prevedere le scelte e le azioni future degli eletti.
Nell’ideologia non c’è nulla di sconveniente. Non bisogna
confondere l’ideologia, di cui avremo sempre bisogno per non cadere
nel casualismo o nel puro opportunismo, con le specifiche ideologie
totalitarie che hanno funestato il ventesimo secolo.
La fine delle ideologie è un trucco usato dalla destra più reazionaria per poter respingere ogni proposta a sostegno dei ceti deboli accusandola di ispirarsi al vetero-comunismo. La sinistra non può avvalersi dello stesso tipo di accusa contro le destre perché le politiche a sostegno delle classi privilegiate non si posso associare a qualche totalitarismo, le eventuali accuse di nazi-fascismo si possono facilmente respingere dicendo che non siamo razzisti, non vogliamo camere a gas, non proponiamo manganello e olio di ricino. Inoltre una parte consistente degli esponenti del centro-sinistra è ormai convertita all'ideologia neo-liberista.
Il M5S, ha rinunciato ad elaborare una propria dottrina politica, anzi la rifiuta affermando che la consultazione diretta e costante dei militanti è un metodo che rende inutile qualunque elaborazione ideologica. In tal modo il M5S si è imposto una navigazione a vista, senza rotta, è entrato nell’agone politico senza strategia.
Dal 2018 con l’ingresso nella compagine di governo l’ingenuità del grillismo è diventata evidente: senza ideologia e senza strategia
gli eletti non erano in condizione di decidere nulla e non potevano
neanche avviare consultazioni telematiche tra i militanti per ogni singola
questione. Così il movimento degli “uno vale uno” e dei "portavoce" privi di potere decisionale dovette ricorrere ad un direttorio quasi clandestino e poi ha individuato
un “capo politico”, rinnegando così tutti i propositi iniziali. Fu inevitabile la trasformazione da movimento basato sull’assemblearismo egualitario in una
organizzazione verticistica. Sarebbe stato meglio fondare un partito fin dall'inizio e approvare un vero statuto dotato di regole democratiche, ma ormai tutto era fatto.
Le idee fondanti
1) escludere la candidatura dei pregiudicati
Ottimo proposito. Rispondeva ad una
esigenza reale perché, dopo il terremoto giudiziario di
Tangentopoli, il partito-azienda di Berlusconi aveva portato in
parlamento e negli organi politici locali personaggi impresentabili.
Alcuni restarono in carica come “onorevoli” anche essendo ospiti
delle patrie galere, come l’avvocato Previti, altri subirono pesanti condanne per mafia, corruzione e abusi vari. Ma la regola che esclude i pregiudicati può
diventare un boomerang perché apre la via alla eliminazione di una
figura politica per via giudiziaria. Lo si è visto nel caso delle
vicende giudiziarie che hanno riguardato Virginia Raggi e Chiara Appendino, sindache di
Roma e di Torino.
Con una rigida preclusione nei confronti dei condannati
l’Italia avrebbe escluso dalla vita politica figure di riconosciuta
competenza e serietà, come Sandro Pertini e Marco Pannella.
2) limitare l’eleggibilità a due mandati
Anche questa regola poteva apparire un giusto proposito. Avrebbe dovuto sbarrare la strada ai mestieranti della politica, ma anche questa regola è un boomerang perché impedisce l’accumulo di esperienze e non consente di formare statisti di elevata competenza. Immaginare che i non più eleggibili si mettano poi a disposizione dei nuovi eletti (gratuitamente?) fa appello ad una visione “missionaria” della politica che ha pochi riscontri nella realtà.
3) imporre la frugalità del parlamentare
La proposta di autoridurre l’indennità
parlamentare a 2500 euro mensili, con obbligo di restituzione della
parte eccedente, è un altro buon proposito che tenta di arginare
alcuni eccessi, ma non considera che lo svolgimento delle funzioni di
rappresentanza politica ha costi diversi da chi svolge un mestiere
impiegatizio. L’indennità parlamentare, oltre ad assicurare
l’accesso dei lavoratori ai ruoli politici (quando non era prevista,
nessun lavoratore avrebbe potuto farsi eleggere perché sarebbe
rimasto per anni senza un reddito), deve essere
abbastanza attrattiva anche per chi svolge un lavoro molto ben
remunerato (professionisti di successo, manager, ecc.) in modo da non
escludere le persone più acculturate e più competenti. Non è vero
che a scrivere una legge sono buoni tutti allo stesso modo. Non è
vero che nell’esercizio delle funzioni pubbliche ”uno vale
uno”.
L’autoriduzione dell’indennità ha portato al
poco decoroso teatrino della conta degli scontrini per poi scoprire
che non c’è molta differenza tra l’indennità
parlamentare e la somma dei rimborsi da aggiungere ai 2500 euro.
4) creare una democrazia diretta
Il non-partito privo di ideologia si poneva in realtà nell’ambito di una ideologia difficilmente percorribile, quella della democrazia diretta. L'avversione nei confronti dei politici (generata anche da chi aveva interesse ad indebolire la democrazia) portava ad ipotizzarne la scomparsa. Invece di rappresentanti dotati di delega a decidere, tipici di una repubblica parlamentare, gli eletti sarebbero diventati semplici “portavoce del popolo” privi di potere decisionale. In tal caso in Parlamento non ci sarebbe più nulla da discutere. Ogni decisione sarebbe stata presa direttamente dal popolo mediante consultazioni telematiche.
Idea assolutamente utopistica per varie ragioni:
- la rete non può garantire la trasparenza e la genuinità delle consultazioni. Interferenze e manomissioni dei sistemi informatici sono praticamente inevitabili;
- le decisioni democratiche non possono scaturire automaticamente da un conteggio di voti, altrimenti chi pone le domande, scegliendo il come e il quando, diventa facilmente un manipolatore occulto. Le decisioni democratiche devono essere vagliate più e più volte.
- la consultazione telematica si basa
su risposte puramente individuali fornite direttamente dai cittadini,
ma la decisione individuale, adottata dai singoli, senza reciproco
confronto, senza occasioni in cui si possano confutare false
informazioni e artifici demagogici, non è risultato di scelte libere e
consapevoli, può facilmente diventare reazione istintiva al tipo di informazione fornita da altri.
- Internet non è la nuova agorà della moderna democrazia, nelle rete non c’è un popolo, ci sono individui isolati ed esposti ai flussi di informazione personalizzata. Ogni social-media gestisce i flussi di notizie attraverso invisibili algoritmi che possono orientare e manipolare l’opinione degli utenti. Pertanto la scelta del cittadino isolato e immerso nel flusso informativo personalizzato non può essere una scelta genuina. Il cittadino posto dietro una tastiera diventa una marionetta facilmente controllabile senza avere neanche la possibilità di accorgersi della manipolazione.
La pretesa di istituire una democrazia
diretta è un’illusione. Finisce col demolire le istituzioni di
rappresentanza e favorisce le tecniche di manipolazione di massa.
La
storia ci insegna che gli arruffapopolo hanno bisogno di parlare
direttamente alle masse, lo fanno in modo demagogico e quando ottengono un sufficiente consenso popolare
si trasformano facilmente in dittatori.
La democrazia non ha
bisogno di leader carismatici che pretendono di incarnare la volontà
popolare. Non dobbiamo cercare nuovi duci o nuovi furher, in
democrazia nessuno deve autoproclamarsi “l’elevato”, non senza
essere spernacchiato dai cittadini.
Le scelte politiche devono essere ben meditate sulla base di confronti tra persone competenti, perciò la democrazia deve restare
prevalentemente rappresentativa. La rappresentanza deve articolarsi
su più livelli, in modo che vi siano più filtri nel processo di elaborazione.
Lo strumento di democrazia diretta (il
referendum) resta un rimedio di carattere eccezionale.
Per elaborare i testi delle leggi e regolamentare i sistemi socio-economici occorre l'input dei cittadini, ma ad esso deve seguire un lavoro di studio, di confronto, di critica e di rielaborazione che può
avvenire negli organismi intermedi tra cittadini e vertici dello
Stato. In essi si deve realizzare, insieme al confronto, la selezione
dei candidati e il controllo dell’operato degli eletti.
5) introdurre un vincolo di mandato
L'intenzione era quella di abolire l'art.67 Cost. che vieta il vincolo di mandato tra elettori ed eletti, in tal modo la Costituzione rende possibile il cambio di opinioni e il fenomeno dei voltagabbana.
La proposta di Grillo sembra la soluzione per evitare svolte politiche basate solo su acquisto di parlamentari, che di fatto è semplicemente corruzione, o giravolte ripugnanti come quelle dei Razzi e Silipoti, ma Grillo non si rendeva conto che il divieto del vincolo è un elemento fondante della democrazia rappresentativa.
Era talmente convinto della sua idea che arrivò ad imporre un vincolo nello statuto del movimento. Gli eletti avrebbero dovuto firmare un impegno collegato ad una clausola penale (chi avesse preso posizioni contrarie alla linea durante la legislatura, avrebbe dovuto pagare una grossa somma come risarcimento al movimento), così si andava ben oltre il 'centralismo democratico' del vecchio partito comunista.
L'idea di Grillo era identica a quella di Silvio Berlusconi che avrebbe voluto un regolamento parlamentare che riservasse il voto solo ai capigruppo. Sono soluzioni che paralizzano il Parlamento, annullano la dinamica necessaria al funzionamennto della democrazia rappresentantiva. Diventa inutile discutere e parlamentare se tutto deve restare bloccato a quel che s'è fissato nei programmi di partito. In Parlamento la discussione ha un senso solo se c'è la possibilità di convincere gli altri alla bontà delle proprie posizioni. Il diritto di cambiare idea non è un privilegio concesso ai politici, è una regola necessaria al funzionamento della dinamica democratica, è posta a tutela del sistema.
6) ripristino delle preferenze nel sistema elettorale
Questo è l’unico punto che mi sento di accogliere in pieno. Ritengo che l’abolizione delle preferenze, le liste bloccate imposte a cominciare dal famigerato “porcellum” del 2005, siano in contrasto col dettato costituzionale che prevede per l’elezione dei parlamentari “il suffragio universale e diretto”. Se il rapporto tra gli elettori e gli eletti è mediato da una scelta discrezionale del segretario di partito, il quale nel compilare le liste assegna una precedenza ad alcuni candidati, il suffragio non è più diretto. In ogni sistema basato su liste non può mancare la possibilità di esprimere un voto di preferenza tra i diversi candidati. Va esclusa categoricamente anche la possibilità di dare una precedenza limitata al capolista.
La violazione del suffragio diretto costituisce il maggior vulnus arrecato alla nostra democrazia. Se il candidato viene eletto in virtù della posizione che il segretario gli ha assegnato all’interno della lista è ovvio che risponderà solo a lui e non avrà più alcuna ragione di sentirsi legato agli elettori nei cui confronti non ha nulla da temere.
Purtroppo, quello che era il punto più
importante, nel manifesto del M5S sembra eclissato, non se ne parla
più. Torneremo a votare col “rosatellum” che non prevede
preferenze!
Molti non voteranno perché non vedono più l’utilità
di concedere il voto a simboli e bandierine senza volto e senza nome,
in tal modo favoriranno il gioco dei potenti, forse avvantaggeranno i peggiori, ma con questo sistema è
difficile biasimarli.
Conte: l’uomo entrato dalla finestra
Non sappiamo a chi sarebbe andato lo scettro di Palazzo Chigi in caso di vittoria assoluta del M5S. Probabilmente i militanti avrebbero partecipato ad una nomination per scegliere tra Vito Crimi, Luigi Di Maio, Paola Taverna e Sara Cunial. Per fortuna la vittoria, pur sorprendente, imponeva un’alleanza al movimento che aveva categoricamente escluso le alleanze. E’ stato così necessario ricorrere ad un esterno che fosse gradito anche all’altra forza politica. La scelta è caduta sul prof. Giuseppe Conte, che non è mai stato propugnatore di utopistiche democrazie dirette, quindi non sarebbe mai entrato dalla porta principale del movimento. E’ entrato dall’imprevista finestra delle alleanze. Si è definito “avvocato degli italiani” e ha svolto diligentemente il suo lavoro. Da buon avvocato ha cercato le soluzioni, ha mediato tra gli interessi contrapposti, ha rispettato le regole, ha comunicato in modo chiaro e onesto, anche quando s’è trovato nella necessità di emanare direttive impopolari. Per molti italiani è stato una inaspettata sorpresa: un uomo normale, apparentemente modesto, dotato di elevate competenze, alla guida del paese lacerato da tifoserie, soprusi e clientelismi.
La mediazione non piace ai conservatori, ancor meno ai reazionari. Per le destre i privilegiati devono conservare e aumentare i loro privilegi, mediando sarebbero costretti a ridurli. Per loro l‘avvocato degli italiani è l’equivalente di un bolscevico. Un analogo giudizio riguarda anche l’avvocato Bonafede che avrebbe voluto far funzionare meglio la giustizia. Una giustizia che funziona significa impossibilità di compiere abusi e soprusi. Limiterebbe il potere dei privilegiati.
Il partito
Ora il M5S s’è disintegrato, le sue contraddizioni interne sono esplose, i capi si sono svelati come aspiranti privilegiati, i qualunquisti sono rimasti nel guado dell’antipolitica, altri sono semplicemente delusi, però c’è Conte e con lui la speranza di un vero partito autenticamente liberale e sinceramente democratico. Una collocazione ideologica che però sarebbe opportuno chiarire e precisare, finalmente.
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