Andrea Purgatori non ha bisogno di complimenti. E' uno dei migliori giornalisti italiani. Senza nulla togliere a tanti altri che lavorano in modo intelligente e coraggioso in una categoria piena di cialtroni, di spregevoli servitori, di spie e di calunniatori, Purgatori è un gigante.
Sono passati quasi trent'anni da quando una importante esperienza giornalistica di Andrea Purgatori veniva rappresentata al cinema ("Il muro di gomma" di Marco Risi uscì nel 1991).
Ora Purgatori è il conduttore di Atlantide sulla rete televisiva La7 che ieri, nell'ottantesimo anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia, ha dedicato la serata all"Attacco alla democrazia" (la puntata è visibile a questo link)
Due ore e mezzo in cui Purgatori riesce a coniugare interessanti analisi dell'attualità con documenti storici molto significativi.
Non so per quanto tempo il filmato sarà disponibile perciò mi sembra opportuno farne una rapidissima sintesi.
Il punto di partenza è quello di cui ho già detto nel mio post di ieri: le proteste per l'omicidio di George Floyd non sono semplici manifestazioni contro il razzismo, ma sembra una vera grande ribellione contro gli abusi di potere. Sta emergendo una contestazione globale contro i sistemi polizieschi, oppressivi e antidemocratici. La voglia di giustizia e di equità, che era stata emarginata e quasi demonizzata (roba da comunisti, farneticazioni di teppisti e drogati dei centri sociali, anarchici antagonisti) torna in piazza col pugno chiuso a dire che "Non c'è libertà senza equità", "non c'è pace senza giustizia", "non ci sono vite di scarto".
Sono tanti i giovani col ginocchio a terra e il pugno chiuso. Sono persone che si oppongono ad un cambiamento visibile ovunque che Andrea Purgatori ci mostra con una carrellata di dichiarazioni politiche fatte da diversi capi di Stato:
- Il regime cinese di Xi Jinping sta usando la forza per reprimere brutalmente le rivolte di Hong Kong che si ripetono ormai da anni.
- Jair Bolsonaro - il presidente del Brasile eletto grazie alla diffusione di fake-news e ad un accordo col giudice Moro che portò all'arresto dell'ex presidente Lula che godeva ancora del maggior favore popolare - "Le leggi esistono per difendere la maggioranza, le minoranze si adeguano o semplicemente spariscono"
- Viktor Orban - il premier ungherese costruttore di recinti anti-immigrazione e attualmente dotato di poteri dittatoriali concessi dal parlamento a seguito dell'emergenza sanitaria - "Dobbiamo abbandonare i principi liberali, stiamo costruendo volutamente uno Stato illiberale"
- R.T. Erdogan - il presidente turco che ha fatto arrestare e processare migliaia di magistrati, giornalisti e insegnanti - "Il presidenzialismo può funzionare in modo perfetto, ci sono diversi esempi, come la Germania di Hitler"
- V. Putin - "Sono un democratico vero e assoluto"
- A.F. Al Sisi - Presidente egiziano salito al potere con un colpo di stato militare - "Coi terroristi i diritti civili e umani non sono sempre applicabili" (l'aggettivo terrorista è probabilmnete riferito a persone come Giulio Regeni e Patrick Zaky)
- Rodrigo Duterte - Presidente filippino che ha ordinato di uccidere a vista chiunque provi a ribellarsi alla polizia - "Hitler uccise tre milioni di ebrei, qui abbiamo tre milioni di tossicodipendenti, io sarei felice di massacrarli, così, se la Germania ha avuto Hitler, le Filippine potrebbero avere, beh sapete chi..."
Ora negli USA c'è Donald Trump. Di fronte alle proteste per la morte di George Floyd Trump invoca legge e ordine pronuciando con la sua smorfia da bambino moccioso le tipiche parole del potere paternalistico: "io combatterò per proteggervi, io sono il vostro presidente della legge e dell'ordine". Quindi descrive i manifestanti come "anarchici professionisti, agitatori, saccheggiatori, criminali, rivoltosi, antifascisti...". Forse nella sua mente l'ultimo aggettivo è l'insulto più grave. Poi promette: "fermeremo le rivolte illegali, le fermeremo ora, ho raccomandato fermamente di usare la Guardia Nazionale". Quindi la polizia si scaglia con idranti e lacrimogeni contro i pacifici manifestanti che hanno circondato la Casa Bianca. Lo fanno per consentire al Presidente, che si era trincerato dietro barriere di recinti e fili spianti, di recarsi a piedi fino alla Chiesa di Saint John dove The Donald deve compiere il suo gesto simbolico: farsi fotografare davanti alla chiesa con una Bibbia in mano.
La giornalista Rula Jebreal ci informa che la Bibbia era stata portata dalla figlia dentro una borsa di Max Mara che costa 1500 euro. E fin qui siamo alle pagliacciate di cui si potrebbe anche ridere. Stiamo sempre parlando dello stesso presidente che faceva l'elogio del dittatore della Nord Corea, di colui che non credeva al coronavirus, che poi l'ha attribuito ad un complotto cinese ordito insieme all'OMS e dopo pochi giorni ha consigliato di curarlo iniettandosi disinfettante nelle vene. Un demente. Ma le scene della polizia che aggredisce e sbatte a terra le persone per consentirgli di fare la sua disgustosa sceneggiata non fanno ridere. Non mi viene da ridere neanche nell'apprendere che anche due sacerdoti della chiesa di Saint John sono stati cacciati dalla chiesa e malmenati dalla polizia. Sono segnali chiarissimi di una democrazia a rischio anche per gli Stati Uniti. Ora lo dicono gli stessi esponenti del suo stesso partito, lo dicono anche alcuni vertici militari: Trump è una minaccia alla democrazia americana.
Ma non possiamo farci illusioni. I grandi potentati economici e finanziari continueranno a sostenere Trump. Per loro la democrazia è un problema da risolvere, i diritti civili sono un ostacolo, le pretese dei poveri e delle masse disperate del terzo e quarto mondo sono inaccettabili, la libertà di parola crea una condizione ingestibile, perfino la libera concorrenza può essere insopportabile. Per loro Trump è uno strumento perfetto, non è una Clinton ben addomesticata che però potrebbe sfuggire di mano, Trump crede realmente e profondamente nell'autoritarismo antidemocratico, non deve vergognarsi nel ritrovarsi accanto al Ku-Klux-Klan, a complimentarsi con gli altri dittatori, ad ordinare l'uso della forza e delle armi.
Rula Jebreal espone anche la strategia che potrebbe essere utilizzata per impedire un cambiamento democratico ai cittadini americani. Una replica di quel che accedde nel 2000 con l'elezione di Bush: ridurre le sedi destinate alle consultazioni elettorali in modo da far riversare masse di afroamericani e metterli nell'impossibilità di votare anche per malfunzionamento delle macchinette. Un sabotaggio del voto democratico che costringerà al ricorso alla Corte Suprema dove c'è una maggioranza di giudici di nomina repubblicana.
Trump fu eletto a sorpresa nel 2016 con due milioni di voti in meno rispetto alla concorrente ma col favore di complicate procedure elettorali, con l'appoggio di colossi mediatici come Fox News e soprattutto con la disinformazione pilotata da Steve Bannon grazie al suo Cambridge Analytica con cui s'è costruita sul bamboccione dai capelli arancioni l'immagine di un libero battitore anti-sistema, un pazzoide molto ignorante ma proprio per questo molto simile e molto vicino all'uomo comune. Ora molti si saranno ricreduti ma The Donald si trova nella condizione di poter inceppare il sistema democratico degli Stati Uniti. La democrazia è davvero sotto attacco e c'è il rischio che stavolta quelli che in varie parti del mondo finiscono nei campi di concentramento e di sterminio non avranno più nessuno in cui poter sperare, né ad est, né ad ovest.
Nei paesi poveri il potere è sempre gestito con autoritarismo violento, anche quando non cita Hitler come modello da seguire. Invece nei paesi come il nostro, che siamo abituati a ritenere democratici, il potere si trasforma in quello che Raffaele Simone ha chiamato il "mostro mite". Come afferma il prof. Luciano Canfora citando un parere già espresso da Paolo Mieli: la democrazia di facciata con la sua coreografia elettorale e la libera stampa possono ben convivere con un fascismo sostanziale e profondo che resterà nascosto da una retorica del fascismo che sarebbe storicamente finito.
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