L'abuso di potere è istintivo. Non occorre una particolare cattiveria d'animo e neanche l'adesione a una dottrina ideologica. Lo dimostrò il prof. Philip Zimbardo con un esperimento svolto presso l'Università di Stanford, a Palo Alto, nel 1971, noto come esperimento carcerario.
E' sufficiente il contesto a generare quella che Gustav Le Bon aveva definito come "deindividuazione" e da questa particolare condizione, che può annullare la naturale empatia umana, è facile passare alla violenza. Nell'esperimento c'erano solo studenti invitati a una sorta di gioco di ruolo, non c'erano delinquenti da punire, eppure gli studenti-guardie in breve tempo abusarono del loro potere fino a creare una situazione ingestibile e pericolosa.
I risultati di questo esperimento sono andati molto al di là delle previsioni degli sperimentatori, dimostrandosi particolarmente drammatici. Dopo solo due giorni si verificarono i primi episodi di violenza: i detenuti si strapparono le divise di dosso e si barricarono all'interno delle celle inveendo contro le guardie; queste iniziarono a intimidirli e umiliarli cercando in tutte le maniere di spezzare il legame di solidarietà che si era sviluppato fra essi. Le guardie costrinsero i prigionieri a cantare canzoni oscene, a defecare in secchi che non avevano il permesso di vuotare, a pulire le latrine a mani nude.
Grazie alle conoscenze che questi studi accademici ci hanno fornito, sappiamo che la configurazione del contesto è determinante, trasforma le pecore in lupi, perciò non dobbiamo replicare modelli carcerari nelle nostre città, non dobbiamo rinforzare i ruoli, al contrario dobbiamo cercare di ridurre le distanze. I contesti civili devono essere civili, non gerarchizzati, non presidiati da guardie armate, non impregnati di pregiudizio contro certe categorie, neanche quando esistono davvero categorie con una maggior propensione al crimine (i poveri, per esempio, o i reietti). La criminalità non si combatte con sistemi che la rinforzano e la moltiplicano. La criminalità si combatte riducendo le diseguaglianze sociali e creando contesti di dialogo.
Al quinto giorno i prigionieri mostrarono sintomi evidenti di disgregazione individuale e collettiva: il loro comportamento era docile e passivo, il loro rapporto con la realtà appariva compromesso da seri disturbi emotivi, mentre per contro le guardie continuavano a comportarsi in modo vessatorio e sadico.Quando la situazione degenera (e degenera sempre nelle gestioni poliziesche) si creano situazioni irrecuperabili dove il dialogo non è più possibile. Non bisogna mai spingere le situazioni oltre il limite.
L'esperimento di Zimbardo (qui un video in cui è lui stesso che lo racconta) ci fa comprendere anche la ragione per cui gli abusi di potere si ripetono da sempre nel corso della storia con la loro luttuosa scia di sangue innocente. Dal processo a Socrate ai supplizi inflitti dalla Santa Inquisizione, dall'autoritarismo delle monarchie assolute fino al Tribunale Speciale del fascismo. Pensatori illuminati come Pietro Verri e Cesare Beccaria avevano compreso più di due secoli fa che la violenza non è l'antidoto al crimine, perché produce altra violenza.
I metodi usati dal generale Bava Beccaris non hanno prodotto buoni frutti. L'ordine ripristinato uccidendo 80 persone non è vero ordine, è solo silanzio che cova la rabbia. Senza comprenderlo Bava-Beccaris ha condannato a morte quel sovrano da cui ricevette il titolo d'onore. Attenzione: riconoscendo questa verità non sto giustificando il gesto di Gaetano Bresci, ne sto solo indicando la causa. La risposta violenta in un contesto di non dialogo non risolve nulla.
Nel corso del '900 la stupidità fascista produsse un peggioramento perché lo squadrismo ci riportò all'epoca dei "bravi" che terrorizzavano don Abbondio. Gli squadristi infatti non erano agenti di polizia, ma guardie abusive. I Badoglio e i Graziani andarono oltre, non avevano più bisogno del prestesto dell'ordine pubblico per ordinare stragi di neri in Libia e in Etiopia; il razzismo si travestiva da dottrina scientifica e dava legittimità alle efficienti fabbriche della morte della Germania nazista. Era il culmine dell'abuso di potere, era la negazione dello Stato nella sua essenza di comunità di cittadini.
Il nazismo usò il crisma delle formalità legali per destinare alcune categorie di cittadini tedeschi all'annientamento. Non può essere questo un possibile compito di governo. Ora l'abbiamo scritto a chiare lettere nella nostra Costituzione:
Articolo 22
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.
La legge, strumento nato per assicurare la pacifica convivenza tra tutti i cittadini, nelle mani dei nazisti diventava una parola sacralizzata a cui veniva conferito il potere di "deindividualizzare" le persone per decreto. La norma poteva imporre e giustificare anche la sopraffazione violenta e legittimare l'orrore. Norme che non avevano alcun fondamento giuridico perché il fine del diritto è la buona convivenza, la soluzione pacifica delle liti, la prevenzione delle faide. Non può chiamarsi diritto l'eliminazione delle minoranze sgradite all'elite di potere.
Il totalitarismo nazi-fascista non implicava solo il ripudio dei principi liberali, ma anche quelli risalenti all'assolutismo monarchico che era legato al principio del noblesse oblige oltre che all'etica religiosa. Il re non può fare ciò che vuole, altrimenti diventa un tiranno. La tirannia non è mai legittima. Ma i nazisti avevano rinnegato sia le dottrine liberali, che vedevano come loro principale nemico, sia le tradizioni aristocratiche. Il loro potere si legittimava solo sul carisma del capo (duce o fuhrer), sulla sua infallibilità che non ha bisogno di prove. La legalità nazi-fascista è di tipo magico, benché sia paradossalmente fondata sul razionalismo giuridico di Hans Kelsen. La legge dei nazisti è sovrumana perchè non opera all'interno di un sistema di valori e di interessi contrapposti, si sovrappone a tutto come una emanazione divina. L'ordine emanato da chi riveste un adeguato potere nella scala gerarchica può imporsi su ogni precedente principio etico o giuridico. La legge quindi non è più uno strumento umano creato da uomini per l'utilità degli uomini, ma una formula magica, si pone in un contesto ieratico rispetto al quale l'uomo non ha più valore. Ogni persona, da soggetto attivo del diritto, diventa per i nazisti uno strumento malleabile per effetto di leggi che non perseguono più la mediazione degli interessi individuali, bensì qualcosa di più elevato, il miraggio imperialista del Terzo Reich.
Quando il nazi-fascismo fu sconfitto l'orrore fu visibile a tutti. Alcuni lo interpretarono come pura esplosione di malvagità, tipica di molti contesti in cui si manifesta quello che Zimbardo ha chiamato "effetto Lucifero". Ma l'elaborazione dottrinale che giustifica l'ordinamento statale nazista non ha confronti con alcuna ideologia moderna. Gli unici paragoni che si potrebbero azzardare sono rintracciabili del "libro del Signore di Shang" oppure in certe visioni guerresche dell'Antico Testamento. Hitler vedeva un suo predecessore in Gengis Khan. Comunque sia gli orrori dei campi di sterminio generarono in molti la convinzione che era stato oltrepassato il limite dell'umanamente possibile e che s'imponeva per tutti un "mai più" a fondamento di un nuovo patto sociale.
Nel dibattito pubblico regnava la certezza che tutti avessero ormai capito, anche i nostalgici del fascismo prendevano le distanze dal nazismo. Gli orrori non si sarebbero mai più potuti ripetere. Ci sembrava che il pugno chiuso dei compagni socialisti e comunisti non fosse più necessario. I principi democratici consacrati nelle Costituzioni del dopoguerra erano ormai un bene comune irrinunciabile.
La democrazia era diventata una realtà quasi palpabile. Vorrei dire d'averla vista in varie occasioni, tra cui qui vorrei citare un ricordo degli anni '60, quando la piccola Fiat 500 della mia famiglia fu fermata ad un posto di blocco. Un carabiniere si avvicinò a mio padre e facendo il saluto militare gli chiede cortesemente: "prego, favorisca libretto e patente".
Ero un bambino e quel saluto militare con la mano portata sulla visiera del cappello mi stupì. Tu non sei un militare, dissi a mio padre, perché ti ha fatto il saluto?
Perché i carabinieri sono al servizio dei cittadini.
Quella risposta, semplice e chiara, mi aiutò a capire le scene che vedevo in TV: durante i sit-in di protesta nei campus americani si vedevano gli agenti di polizia che spostavano di peso i manifestanti, senza torcere loro neanche un capello.
In quegli anni la polizia inglese era disarmata e i comunisti ne chiedevano il disarmo anche in Italia. La democrazia non era solo l'utopia di grandi pensatori del passato, era qualcosa che si stava costruendo e l'aspetto più stupefacente era la capacità dei giovani di insegnarla agli anziani. La democrzia è il contesto civile in cui l'effetto lucifero non si può produrre.
Qui voglio riproporre il diverbio tra il giovane Robert Kennedy e l'anziano capo della polizia.
Le forze dell'ordine dei paesi civili e democratici erano al servizio delle persone, non sopra le persone. Le regole civili in democrazia devono prevalere su quelle poliziesche o militari.
La guerra non può essere più il fine supremo dello Stato, è il male da "ripudiare", come è scritto nell'art.11 della Costituzione.
Ma quella che vedevano i giovani degli anni '60 era solo una parte della realtà. L'altra non riuscivamo a vederla. Per incapacità o perché era troppo bello sereno e dolce quel clima di primavera.
L'affermazione dei diritti cresceva insieme al benessere economico. Il progresso tecnologico portava sempre nuovi elettrodomestici nelle case. La musica pacifista dei gruppi rock invadeva perfino le chiese. La corsa verso lo spazio apriva nuovi orizzonti. I vaccini del professor Sabin e i prodigi del chirurgo sudafricano che cambiava il cuore ai cardiopatici ci dicevano che tutto diventava possibile, perfino arrivare a toccare la luna. L'immaginazione stava per conquistare il potere.
Noi non eravamo capaci di vedere le erbacce velenose che stavano nascoste sotto quel magnifico tappeto di fiori. Non riuscivamo a capire chi e perché aveva ucciso il presidente Kennedy. Solo un pazzo assoluto poteva aver compiuto un gesto di quel genere. Invece no, non era la solitaria follia di uno sconsiderato perché poi fu ucciso allo stesso modo anche Malcom X e Che Guevara, poi Martin Luther King e anche Bobby Kennedy. C'era qualcosa di malefico che sembrava non avere volto. I più generosi e amabili cadevano sotto i colpi delle armi da fuoco, colpiti senza ragione come gli scanzonati biker di Easy Rider.
Mi spiegarono che l'America non era la terra dei "figli dei fiori", non c'era solo Bob Dylan e la cabriolet rosa di Elvis Presley. Quella era anche la terra del Ku-Klux-Klan, dove covava un razzismo antico e spietato.
Nelle immense praterie dove erano state sterminate 500 nazioni indiane si perpetuava una volontà oscura, oppressiva e sanguinaria. Quegli americani che insieme ai russi ci avevano restituito la libertà e la speranza di un mondo pacificato e civile, non erano affatto migliori dei nostri antenati che nei secoli passati mandavano al rogo gli eretici e le streghe, annientavano i Catari e perseguitavano i giudei.
L'effetto Lucifero era annidato nella mente di persone che il contesto carcerario se lo portano dentro dividendo il mondo tra superiori e inferiori, tra degni e indegni. La guerra dei partigiani non era mai finita. La rivoluzione pacifica non era compiuta. Era ancora necessario marciare col pugno chiuso e le bandiere rosse insieme a Rudy Dutschke e Daniel Cohn-Bendit, accanto a Joan Baez e Angela Davis, in nome di Rosa Parks e di Nelson Mandela, con Alex Langer e Marco Pannella. Ma poi non furono loro a condurre la marcia. Arrivarono altri, dicendo che la guerra doveva essere dura, che la violenza chiama e giustifica la violenza. Tra i figli dei fiori non c'erano guerrieri e neanche servizi di controspionaggio. Troppo belle le speranze suscitate, ma portate avanti con molta ingenuità.
Negli settanta l'effetto Lucifero coinvolse quasi tutti. Spranghe e P38.
[Durante gli anni ottanta]L'ultimo reduce del '68 è stato lui:i prigionierii giovani della beat generation mostrarono sintomi evidenti di disgregazione individuale e collettiva: il loro comportamento era docile e passivo, il loro rapporto con la realtà appariva compromesso da seri disturbi emotivi, mentre per contro le guardie continuavano a comportarsi in modo vessatorio e sadico.
Non s'è mai saputo con certezza chi sia.
N.B. - nella foto iniziale si vede l'anziano sbattuto a terra dai poliziotti di Buffalo che si preparavano a "domare" una delle manifestazioni di protesta per l'uccisione di George Floyd. Notare che porta la mascherina anti-covid. E' un cittadino che rispetta le regole. Non aveva armi di alcun tipo ed era solo davanti a una numerosa schiera di poliziotti. Non c'era ragione per scaraventarlo a terra. Poi nessuno lo soccorre mentre perde sangue dalla testa. Ha settantacinque anni. Esattamente l'età dei protagonisti del '68. Probabilmente uno che crede ancora nella democrazia liberale e nella possibilità di parlare da uomo a uomo a un poliziotto. Spero solo che non muoia.
Il pagliaccesco Trump, non contento di istigare la polizia all'uso della forza, che in concreto significa commettere altri abusi che abbiamo già visto anche ad Atlanta, ha detto che il video sarebbe una messa in scena.
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