4 maggio 2020

Il "congiunto" nell'uovo

In TV la saggezza sembra scomparsa. Abbiamo ascoltato le parole giudiziose di Monica Guerritore, ma non bastano a far cessare il chiassoso assedio al Premier.
Qualunque persona di buon senso sa che non sarebbe cosa molto intelligente "cambiare cavallo mentre si sta guadando un fiume" (Papa Francesco), ma di persone intelligenti se ne vedono poche al momento e mi tocca di tornare sull'argomento perché c'è una caccia alle parole come il "pelo nell'uovo". Qualcuno crede d'averlo trovata nella parola "congiunto" nel Dpcm 26 aprile 2020. Una parola che potrà legittimare gli spostamenti che faranno eccezione al divieto.

Congiunto è un termine che non ha un significato giuridicamente univoco, quindi i soliti accusatori affermano che in un testo normativo non si dovrebbe usare. L'avvocato Conte avrebbe commesso un errore proprio nel campo di sua competenza. Così diceva ieri sera in TV Giorgia Meloni nel tentativo di rimproverare a Conte di non aver usato un termine privo di ambiguità, come "figlio", "parente" o "coniuge". Analoga critica viene espressa anche da siti-web che sembrano attribuirsi autorevolezza giuridica (LaLeggeperTutti: qui, qui e qui).


Al contrario mi sembra che la scelta del termine a-tecnico sia la prova che Conte ha del diritto una conoscenza superiore a tanti politicanti e scribacchini che lo stanno criticando. Mi sorge anche il sospetto che proprio questo sia il motivo di tanto livore nei suoi confronti.

Qualunque termine tecnico avrebbe sì definito con maggior certezza i casi esclusi dal divieto, ma quella certezza avrebbe creato drastiche ed ingiuste esclusioni. Per esempio se dico "coniugi" i fidanzati sono esclusi e sono esclusi anche se dico "parenti" o "affini". Nessuno potrebbe accettare come buona l'autocertificazione neanche per fidanzati che sono alla vigilia del matrimonio, che hanno messo casa insieme o hanno già messo al mondo figli di cui si devono curare per obbligo di legge. Solo un termine a-tecnico offre un margine di discrezionalità a chi deve applicare la norma. In altre parole si crea quella flessibilità che è mancata durante la quarantena nel caso del podista di Pescara che correva da solo nella spiaggia deserta o del bagnante di Rimini che prendeva il sole enormemente distanziato da tutti.

Il Presidente del Consiglio ha chiarito con una successiva nota che il termine "congiunto" comprende una serie di diverse situazioni. Fortunatamente lo fa con una nota che ha carattere interpretativo. Se avesse inserito un elenco di casi direttamente nel decreto qualunque dimenticanza avrebbe costituito un problema, invece l'interpretazione resta aperta, non crea un vincolo giuridico. Se nessuno ha pensato alla perpetua del parroco, che non è parente, né coniuge e neanche fidanzata o convivente, solo con l'interpretazione estensiva del termine a-tecnico la si potrà lasciar passare senza rischiare una denuncia per omissione di atti d'ufficio.

L'uso di termini che non hanno un significato univoco non è ammesso nell'ambito penale, dove vige il principio di tassatità della norma, ma qui siamo in ambito amministrativo. Gli operatori dotati di intelligenza e di buon senso non potranno che apprezzare la scelta fatta da Conte e ne faranno buon uso, invece chi ha timore di usare il cervello e il buon senso preferisce la legge draconiana che gli consente di multare anche chi evidentemente non sta facendo nulla di dannoso e neanche di potenzialmente pericoloso. Potrà infliggere la multa con piglio sadico e sarà coperto dal rigore della legge. Il principe De Curtis, in arte Totò, l'avrebbe riconosciuto come "caporale".

Che le critiche a Conte siano erronee e pretestuose lo si deduce anche dallla loro contradditorietà: da un canto il termine "congiunto" sarebbe troppo generico, non definisce nulla e se chiarito col riferimento agli "affetti stabili" aprirebbe la porta quasi a tutti (compresi i fidanzatini che si sono conosciuti on-line due settimane fa ormai chattano stabilmente e vogliono incontrarsi senza dare troppo peso al fatto che uno dei due lavora per la cooperativa che fa le pulizie al reparto Covid-19 e l'altra convive con la mamma diabetica), dall'altro la stessa parola sarebbe troppo restrittiva, arrivano a vederci "un pregiudizio familistico", una concezione arcaica "assurda e fuori dalla realtà attuale", un "arbitrio autoritario", una "discriminazione costituzionalmente illegittima".
Se Vladimir Luxuria si trova a sostenere le stesse accuse di Giorgia Meloni, c'è forse qualcosa che non va.

Chi non si limita a fare le pulci alle parole, conoscendo anche un po' di storia del diritto, sa quanto sia importante l'interpretazione e la necessità di contestualizzare i significati. Il vero giurista non dovrebbe avere come oggetto di studio e di riflessione l'inchiostro delle parole stampate sulla Gazzetta Ufficiale, bensì l'agire mutevole del diritto nei diversi contesti secondo quel metodo che giustamente fu definito "juris prudentia".

Al vertice della Corte Costituzionale può arrivarci anche chi sembra aver conseguito la laurea in "legge" invece che in "giurisprudenza", e oltre non va, ma poi non c'è da meravigliarsi se confonde l'eccesso di potere di un atto amministrativo con la teoria del funzionario di fatto (sic). Probabilmente all'epoca dei suoi studi non era ancora stata istituita la Facoltà di Scienze delle Piadine al Prosciutto.


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