In questo caldissimo inizio d'estate il governo Draghi lavora a favore dei disonesti. La frettolosa riforma della giustizia sembra avere lo scopo di garantire l'impunità alle persone facoltose che commettono reati.
La giustizia italiana non è mai stata considerata molto efficiente. L'era berlusconiana peggiorò la situazione disseminando leggi ad personam che servivano a garantire l'impunità del capo. Di quelle norme hanno goduto molti corrotti e corruttori. Si arrivò all'assurdo dell'avvocato Cesare Previti, che fu ministro della Giustizia nel governo Berlusconi e imputato in vari processi per corruzione, il quale avrebbe voluto stabilire per legge la non perseguibilità dei corruttori. C'è mancato poco che la corruzione non fosse pienamente legittimata come il falso in bilancio e il perseguimento di interesse privato in atti d'ufficio. La Repubblica delle Banane (rubate).
Nell'era berlusconiana i termini di prescrizione dei reati sono stati opportunamente abbreviati per consentire agli imputati che non sono in grado di dimostrarsi innocenti di mandare in fumo l'intero processo.
La prescrizione è quel principio che impone ai giudici di annullare il processo quando è trascorso troppo tempo. Il principio è giusto. Impedisce gli accanimenti giudiziari e le condanne troppo tardive. Non si può giudicare un ottantenne con l'accusa di insultato un compagno di scuola quando aveva diciotto anni. Non si può chiedere il pagamento di un rata d'affitto quando sono passati decenni dal termine del contratto. Però di questo principio va definita la misura: qual è il tempo massimo per giungere a una condanna? quando inizia e quando finisce il decorso di quel tempo?
Nel diritto civile i termini utili per far valere un diritto variano da uno a dieci anni. Basta una richiesta formalmente notificata per interrompere la prescrizione. Per esempio nel caso di un risarcimento dei danni dovrò formalizzare la mia richiesta al debitore entro i cinque anni dal fatto dannoso. Se la richiesta viene formulata in tempo utile la lunghezza del processo non comporterà più alcun rischio di prescrizione.
Nel diritto penale si potrebbe utilizzare il medesimo criterio e pretendere che i pubblici ministeri ottengano il rinvio a giudizio entro i termini massimi previsti. Se il processo viene aperto in tempo utile il decorso dei termini di prescrizione si interrompe e non ci sarà né il rischio di una vanificazione del processo, né l'interesse a procrastinare le decisioni. E' questa la regola che viene seguita nella maggioranza dei paesi europei. Ma l'ordinamento giuridico italiano presenta una curiosa anomalia: i termini di prescrizione non si interrompono con l'inizio del processo, non si interrompono neanche con la pronuncia della sentenza di primo o di secondo grado. Non si interrompono mai. Quindi se la durata del processo supera i termini massimi tutto viene annullato, l'imputato sarà "prescritto", cioè non assolto e non condannato, ma torna libero. Tanto lavoro per nulla. In Italia il 10% dei processi finisce così, cade in prescrizione, e chi s'è visto s'è visto. Negli altri paesi i casi di prescrizione non superano lo 0,1, nei casi peggiori lo 0,2 dei processi. L'anomalia italiana è grave e va tutta a favore dei delinquenti e dei disonesti.
Come si può sanare questa anomalia? Si potrebbe introdurre lo stesso principio degli altri paesi: l'inizio del processo interrompe la prescrizione, ma qualcuno dice che in questo modo ci sarebbe il rischio di imputati che potrebbero restare troppi anni in attesa di un giudizio conclusivo. Il compromesso raggiunto dalla proposta del Ministro Bonafede era di collocare l'interruzione della prescrizione alla sentenza di primo grado. Un compromesso accettabile. L'Italia sarebbe rimasta comunque una anomalia, però a cadere in prescrizione sarebbero stati solo i processi iniziati troppo tardi oppure troppo lunghi già dalla prima fase. Dopo una condanna di primo grado l'imputato poteva impugnare la sentenza per poter dimostrare la propria innocenza (o una minore colpevolezza) ma non poteva più contare sulla possibilità di prescrizione.
La riforma Bonafede
La proposta Bonafede aveva un doppio effetto positivo. Da una parte rendeva più difficili le strategie volte a provocare artificiosamente la prescrizione del processo, dall'altra alleggeriva il carico di lavoro delle Corti d'Appello e della Corte di Cassazione rendendo inutili i ricorsi pretestuosi.
Con la modifica approvata recentemente dal governo Draghi, su proposta del ministro Marta Cartabia, viene introdotto un limite massimo di due anni al processo d'appello e di un anno al giudizio di Cassazione. Ci dicono che questi limiti sono richiesti dall'Europa che ci impone processi brevi come condizione per ottenere i soldi del Recovery Fund. Non è vero. Piuttosto è vero il contrario: l'Europa aveva salutato con favore la riforma Bonafede che avrebbe garantito più certezza ai giudizi penali e reso meno convenienti le pratiche dilatorie. Le richieste delle autorità economiche europee che gestiscono i prestiti del Recovery Fund riguardano solo la giustizia civile, non ci chiedono nulla per il penale. Ma il peggio è che quei due limiti introdotti dalla Cartabia non avranno l'effetto di abbreviare i processi, bensì quello di annullare (rectius: rendere improcedibili) tutti i processi (tanti!) che non riusciranno a concludersi nei limiti stabiliti. Così agli avvocati viene restituita la possibilità di puntare alla prescrizione presentando appelli, ricorsi e altre istanze dilatorie.
Quello che stanno facendo Cartabia e Draghi non c'entra niente col Recovery Fund, non serve all'economia del nostro paese, non abbrevia la durata dei processi, è solo un modo per garantire impunità a quelle persone che non potrebbero dimostrarsi innocenti in un regolare processo però hanno risorse sufficienti per pagare buoni avvocati fino a vanificare tutto con una dichiarazione di improcedibilità. E' la protervia dei ricchi che intende crearsi comodi spazi di immunità.
Le forti critiche alla proposta di legge trovano conferma nel parere di quasi tutti gli esperti di diritto:
Gian Carlo Caselli (procuratore emerito di Torino); Giuseppe De Carolis (Presidente Corte Appello di Napoli); Pier Camillo Davigo (ex Presidente Associazione Nazionale Magistrati); Franco Coppi (illustre avvocato penalista); Nicola Gratteri (procuratore di Catanzaro). Per il magistrato Alfonso Sabella la riforma Cartabia sembra scritta da chi non è mai stato in un Tribunale. All'elenco dei giuristi si aggiunge anche Giuseppe Conte (giurista ed ex presidente del consiglio). Ed altri stimati magistrati si stanno aggiungendo: Tessaroli, Teresi, Cafiero De Raho. Da ultimo si è espresso anche il CSM allarmato dalle rilevanti e drammatiche conseguenze della improcedibilità che rappresenta una vera ghigliottina temporale dei processi. Il CSM si oppone anche ad un'altra previsione contenuta nella proposta Cartabia:
La norma che affida al Parlamento il compito di stabilire i criteri generali di priorità dell’esercizio dell’azione penale è in “possibile contrasto con l’attuale assetto dei rapporti tra i poteri dello Stato“. È uno dei rilievi critici mossi dalla sesta Commissione del Csm nel parere sulla riforma Cartabia
Prescrizione e improcedibilità
Non è facile comprendere la resa da parte del M5S, che aveva posto un veto a difesa della riforma Bonafede nel momento in cui diede il sostegno a Draghi. Sappiamo tutti che Draghi non è un grillino, sappiamo da quali poteri è sostenuto, ma probabimente nessuno si aspettava una mossa così subdola che tradisce il patto e si nasconde dietro il solito falso pretesto dell'Europa. In più si avvale dei trucchi della peggiore demagogia politica: hanno chiamato "improcedibilità" quella che di fatto è una prescrizione del reato; hanno inserito una possibilità di proroga dei termini (fino a 3 anni per l'appello e fino a 18 mesi per la Cassazione) nei soli casi dei reati di ambito amministrativo (corruzione, abuso d'ufficio, ecc.), non era piaciuta a Forza Italia e Italia Viva ma poi anche loro hanno capito che è bene fingere di non voler dare una tutela agli abusi della classe politica. Draghi viene ancora presentato come un super-tecnico super-partes, anche la professoressa Cartabia gode di grande prestigio, ma quello che vediamo è il peggio dei peggiori trucchi da politicanti senza vergogna.
La malafede di questa riforma Cartabia si può desumere anche da altre osservazioni: la rinuncia all'aumento dei giudici nelle Corti d'Appello, a cui si aggiungono le proposte di Italia Viva per la depenalizzazione degli abusi d'ufficio.
Tutto viaggia nella stessa direzione: impunità ai ricchi e ai potenti, ai poveracci neanche un sussidio di sopravvivenza. Renzi e Salvini uniti per l'abolizione del Reddito di Cittadinanza.
Se gli italiani sapessero credo che Draghi non avrebbe la possibilità di uscire da Palazzo Chigi senza un coro di fischi e di pernacchie (e forse anche una pioggia di monetine), ma gli italiani non sanno perché la stampa e le televisioni non spiegano, si limitano a ripetere tutti in coro: "ce lo chiede l'Europa", è necessario, è un principio di giustizia, i processi saranno più brevi, ecc. ecc. Ieri sera su La7 ho visto Conchita Di Gregorio e Marianna Aprile che bloccavano le parole dell'on. Giarrusso per impedirgli di spiegare che non c'è alcuna richiesta europea sulla giustizia penale. Che tristezza!
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