27 ottobre 2020

Il comandante Diavolo

A Correggio si è spento Germano Nicolini, aveva compiuto 100 anni, era un pezzo di storia dell'Italia democratica. Era stato una leggenda nella guerra partigiana: era il comandante Diavolo.

Si era guadagnato quel soprannome quando fu colto di sorpresa dai tedeschi e riuscì a sfuggire all'inseguimento con una fuga a zigzag tra i campi. 

Due contadine videro la scena e la raccontarono: «L'è propria al dievel!». 

Partecipò a molti altri scontri armati come capo del terzo battaglione della 77esima Brigata Sap “Fratelli Manfredi”. La sua leggenda resterà nei libri e nelle canzoni che gli sono state dedicate.  

Tre settimane fa Germano Nicolini aveva ricevuto la nomina a Cavaliere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella. Un riconoscimento molto tardivo perché dopo la guerra partigiana il comandante Diavolo dovette affrontare una guerra giudiziaria in cui fu meno fortunato.
Dopo la liberazione era stato eletto sindaco di Correggio (RE) ma venne arrestato nel 1947 con l'accusa infamante di aver ucciso un sacerdote. La calunnia gli costò una condanna a 22 anni, e trascorse dieci anni in carcere per un delitto commesso da altri. Il Comandante Diavolo, quello stesso uomo che aveva sventato anni prima un attentato partigiano contro alcuni repubblichini nel carcere di Correggio, fu ritenuto colpevole dell'uccisione di don Umberto Pessina. Lui che era anche l'organizzatore della mensa del reduce e del partigiano in cui venivano ospitati per un pasto caldo anche i fascisti e gli ex repubblichini purché non avessero personalmente commesso dei crimini. Un'esperienza probabilmente unica nel clima rancoroso del dopoguerra.

 «Se si comincia a dire ‘ci facciamo giustizia da noi’, la violenza prende il posto dell’ingiustizia. E la democrazia è più importante della rappresaglia». 

La vicenda processuale è raccontata su Wikipedia. Solo nel 1994, con la confessione del vero assassino, la verità sull'uccisione don Pessina fu ristabilita e portò al pieno riconoscimento della sua innocenza. Fu chiaro anche che la sua esemplare dirittura morale gli aveva fatto preferire un'ingiusta detenzione piuttosto che la delazione.

 

La canzone cantata dai Modena City Ramblers è di Luciano Ligabue. Il testo con la traduzione in italiano è nel sito AntiWarSongs

 


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