28 novembre 2018

Ex democrazia

Eravamo convinti che l'Europa fosse il faro della civiltà democratica, avevamo archiviato i sanguinari totalitarismi del XX° secolo come momentanea sbandata, irragionevole e irripetibile, ora questa rassicurante certezza comincia a vacillare. Finita la tensione politica della "guerra fredda", caduto il muro di Berlino, abbiamo visto risorgere gli orrori nei conflitti etnici che hanno infiammato i Balcani, abbiamo rivisto un genocidio perpretato in Rwanda, abbiamo visto sparire nel volgere di una sola notte tutti gli studenti cinesi di piazza Tien-an-Men.

E' stato sufficiente un decennio a far scivolare il mondo verso guerre insensate. L'occidente è diventato l'esportatore di democrazia ai popoli "non civilizzati". La democrazia da esportazione si presenta con bombardamenti, armi non convenzionali, campi di concentramento e droni programmati per l'assassinio mirato di potenziali "terroristi". Le hanno chiamate guerre per la difesa preventiva o guerre umanitarie. La fabbricazione di questi sistemi ha causato danni collaterali anche all'interno delle nostre collaudate democrazie occidentali: nel 2001 abbiamo visto la violenta repressione nelle strade di Genova, abbiamo visto crollare le torri gemelle di New York, abbiamo visto le piazze militarizzate in Ucraina, abbiamo visto la spettacolarizzazione degli sgozzamenti sotto le bandiere nere dell'isis, abbiamo visto interi popoli ridotti alla fame dalle truffe finanziarie.
Come ha giustamente detto Papa Francesco: è la terza guerra mondiale combattuta a pezzetti per pura cupidigia. Ma neanche i moniti del Papa riescono a sortire qualche effetto. La paura dilaga mentre i fomentatori di paura raccolgono consensi sempre più vasti e fanno risorgere vecchi e pericolosi nazionalismi: così in Ungheria, Polonia, Austria, fino all'incredibile elezione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Ora è il turno del Brasile che s'è smontaneamente messo nelle mani di un pericoloso despota.

Come il vecchio fascismo mussoliniano prometteva espropri e nazionalizzazioni, così i nuovi populismi si propongono come rivoluzionari anti-establishment, ma sono i migliori servitori del neo-imperialismo finanziario. Fanno barriera contro il pericolo di un umanismo pacifista, ecologico ed egualitario, coda lunga dei movimenti libertari del 68, e nello stesso tempo diventano spauracchio utile a mantenere sotto controllo quella media e piccola borghesia che non vuol farsi abbrutire da una reazionaria istintività.
"Nessuno Stato può vestirsi di panni aggressivi verso l'esterno conservandosi pienamente democratico al suo interno"
Michele Ainis
L'ideologia liberale fondata dagli illuministi del settecento ha prodotto un progresso democratico che, dopo gli errori e gli orrori dei totalitarismi del 900, avrebbe potuto finalmente radicarsi nelle coscienze. Il liberalismo socialdemocratico stava generando i suoi frutti migliori negli anni sessanta, quando il principio di LIBERTA' dominava la sfera politica e l'ideale di UGUAGLIANZA riusciva ad arginare la forza soverchiante del capitalismo.

Ora quella ideologia è stata relegata in una presunta obsolescenza. Il 68 viene presentato come l'incubatrice del terrorismo di cui in realtà è stato vittima. La media e piccola borghesia viene gradualmente espropriata del suo sapere (che era custodito e trasmesso dalle scuole), delle sue sicurezze (che si basavano sulla professionalità individuale), delle sue propriètà (oggi tassate e tartassate) e gradualmente impoverita e spaventata oltre che costantemente distratta. 



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