"finora è andata bene, incrociamo le dita, perché nel fare inchieste sbagliare è un attimo"
con queste parole Milena Gabanelli stasera ha concluso il lungo elenco di querele subite. In tutti i casi Report (Rai3) ha dimostrato di aver esercitato in modo corretto la funzione di informazione giornalistica. Evidentemente le querele tendevano a fermare l'informazione e non a difendere diritti violati.
La pioggia di querele che si abbatte sui ligliori giornalisti è il segno di una difficoltà degli italiani ad accettare l'idea di vivere in democrazia. Invocano continuamente la privacy a proposito e sproposito. Chissà quando capiranno che per non essere esposti al disprezzo occorre cominciare col comportarsi bene. Altrimenti la stampa può e deve dire anche ciò che non fa piacere sentirsi dire.
"E' la stampa, bellezza, e tu non puoi farci niente".
La battuta di Humphrey Bogart nel film L'ultima minaccia dovrà cominciare ad avere un senso anche da noi.
Oggi non è così: il giornalista che racconta i fatti, che cerca le cause e che scopre le responsabilità viene querelato, deve affrontare processi, deve pagarsi gli avvocati, deve temere le condanne. Ma i giornalisti che lavorano per un padrone molto ricco non hanno niente da temere, possono infangare chi vogliono, gli avvocati li paga la ditta e anche le multe. Vittorio Feltri può distruggere il collega Boffo con diffamazioni che non hanno alcun fondamento di verità, però ruggisce come un leone contro l'inviato di Report che gli chiede conto delle copie regalate per gonfiare il finanziamento pubblico al proprio giornale. Si chiama truffa. Ma chi s'è dovuto difendere davanti al tribunale non è stato l'artefice della truffa, bensì il giornalista che l'ha scoperta - un giornalista che resterà ignoto, forse un precario come quello che viene aggredito dall'onorevole Brunetta. In Italia il diffamatore Sallusti condannato per aver fatto pubblicare gli articoli diffamatori di un giornalista già radiato dall'ordine e sistemato in parlamento continua ad essere ospitato senza vergogna da tutti i salotti televisivi.
Nel film Bogart dice anche: "Fintanto che un solo giornale stamperà la verità tu sei spacciato." E' rivolto al faccendiere che lo minaccia. In Italia quelli che dovrebbero essere spacciati a causa del male che compiono, si adoperano con tutti i mezzi possibili per comprare giornali e giornalisti, finanziarli e corromperli, nella speranza che non ci sia più quell'unico giornale che potrebbe dirci la verità. E se c'è lo querelano!
Questa non è libertà di stampa. Non ci sono le condizioni culturali per l'esercizio della libertà di stampa. Lo vediamo anche dalle reazioni isteriche verso la libertà di scrivere nei blog.
In questa Italia che è un campo minato per i veri giornalisti, le inchieste del programma di Milena Gabanelli hanno superato le forche caudine di tante querele, ma sbagliare è un attimo. La libertà di stampa su cui poggia la democrazia non può camminare sul filo di una verità che talvolta può essere sfuggente, travisata o difficile da dimostrare. Per la libertà di stampa è necessario un margine di tolleranza. Tuttavia sembra difficile concedere tolleranza ai giornalisti finchè restano all'opera gli infangatori di professione, arroganti e impuniti.
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