Nella repubblica di tipo parlamentare disegnata dalla nostra Costituzione il Parlamento è il perno del sistema: nel Parlamento si forma la volontà dello Stato per delega del popolo sovrano. E' il Parlamento che elegge il Capo dello Stato e concede la fiducia ai governi e può in ogni momento sfiduciarli. E' il Parlamento che discute e approva le leggi alle quali è vincolata l'azione della magistratura.
Il potere del Parlamento potrebbe apparire eccessivo se non fossero previste misure di contenimento. La prima è data dal controllo di costituzionalità sulle leggi. La seconda è data dalla necessità di un doppio passaggio: una legge già approvata da un ramo del Parlamento può essere bloccata nell'altro ramo. Il popolo non può vigilare su ogni proposta di legge, ma può accadere che una proposta approvata dalla Camera susciti uno sdegno popolare. In tal caso sarà difficile che anche il senato possa approvare ciò che appare contrario alla volontà popolare. E' una sorta di freno di sicurezza. Non sempre è stato utilizzato, ma è importante che esista.
L'annunciata riforma della seconda parte della Costituzione tende a creare una sola Camera legislativa, così il freno scompare. La Camera potrebbe approvare un testo nel giro di una notte e quel testo sarebbe tresmesso direttamente al Presidente della Repubblica per la promulgazione.
In questi ultimi anni è cresciuto il ruolo politico del Presidente della Repubblica. Gli ultimi governi formati nel novembre del 2011 e in aprile 2013 sono stati creazioni presidenziali. Il Parlamento si trova sempre più spesso a ratificare testi legislativi elaborati dal governo. Siamo già in una Repubblica Presidenziale?
Il Parlamento eletto con un sistema di liste bloccate che non consente ai cittadini di esprimere un voto di preferenza personale ha perso la sua autorevolezza, non rappresenta più la volontà del popolo, sembra ridotto ad arena per competizioni tra squadre dei diversi partiti.
Il potere di nomina dei partiti ha fatto entrare in Parlamento persone sempre più incompetenti e personaggi poco raccomandabili. A ciò s'è accompagnata una intensa campagna mediatica di denigrazione che mostra i peggiori e li descrive come "casta" impegnata unicamente nella conservazione dei propri privilegi.
L'immagine degradata del Parlamento svilisce agli occhi dei cittadini l'intera attività politica e genera un paradosso: il confronto democratico soppiantato dalla partitocrazia affaristica e clientelare non è più considerato il cuore pulsante della democrazia, l'elemento da salvare e rianimare. Il confronto democratico tra idee e interessi contrapposti potrebbe essere sostituito da una scelta del leader a cui affidare tutte le decisioni.
La democrazia come stile di vita che si nutre di libertà di pensiero e di pluralismo di idee, si trasforma in rito elettivo per la nomina di un capo che deve garantire stabilità ed efficienza. Questo cambiamento di modello dovrebbe essere al centro dei dibattiti, invece la riforma della Costituzione viene preparate in stanze segrete dove si riuniscono i "saggi" nominati in violazione dell'art.138 della stessa Costituzione. A molti questa appare una commissione dei "paggi" della partitocrazia che si appresta a stravolgere la forma dello Stato. I dettagli del silenzioso "colpo di stato" sono indicati nell'appello dei Comitati Dossetti.
Stefano Rodotà, in un recente articolo, ci spiega perché questa tentazione presidenzialistica dev'essere respinta. In Italia non ci sono le condizioni politiche e culturali della Francia. Il modello francese non si può adattare ad un paese con un sistema di informazione cloroformizzato e monopolizzato, non può ignorare il grave problema del conflitto di interessi, non può prescindere dalle tendenze di restaurazione fascista. E non si può nascondere una trasformazione della forma di stato sotto la foglia di fico della necessità di ridurre il numero dei parlamentari.
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