Il popolo ebreo coincide con la stirpe di Abramo e in questo senso qualcuno può considerarlo razza, basta non vedere che gli ebrei sono alti o bassi, biondi o bruni, bianchi o neri come sono neri i falascia. Quel popolo ha accolto tra le sue fila anche stranieri a cui imponeva il rito della circoncisione e poi s'è mescolato coi figli di chi li accoglieva. Oggi l'ebraismo dovrebbe essere visto soltanto come un'appartenenza religiosa, ma in tal modo non si potrebbero considerare ebrei quelli che vengono spesso ritenuti i più noti esponenti dell'ebraismo. Freud, Marx, Einstein, Kafka ed altri che appaiono distaccati dai riti e dalle credenze della religione mosaica. C'è dunque un modo per definire l'ebreo in modo da comprendere anche la componente laica? Ci aiuta Elena Lowenthal che ripropone in un articolo pubblicato su La Stampa la definizione di George Steiner:
'l'ebreo è uno che non può fare a meno di tenere una matita in mano, mentre legge".
E' un dettaglio segreto che può unire Freud, Einstein, Marx, Kafka agli altri di cui siamo debitori di pensiero: Ludwig Wittgenstein, Primo Levi, Elie Wiesel, Simon Weil, Karl Popper... E adesso sono certo anche di una cosa che finora potevo solo sospettare guardando i trabocchi di San Vito Chietino.
Nello stesso articolo la Lowenthal parla anche di Rashi (il maestro francese del xii secolo) e della midrash (la ricerca sul testo biblico) che è un continuo annotare e commentare la Bibbia, un aggiungere parole a parole, una inesauribile Torre di Babele che tuttavia non crea la confusione babelica, non complica le cose, perché le parole dei saggi si aggiungono alle pagine diventandone parte.
Bellissima questa descrizione della Bibbia come libro in continua scrittura. E se la Bibbia è davvero il libro sacro attraverso cui Dio parla agli uomini ecco che vediamo un Dio che parla ancora attraverso l'opera quasi inavvertibile di tante matite instancabili.
Questo pensiero mi ricorda un altro pensiero, bellissimo, di un'altra autrice ebrea, Giacoma Limentani, che ha descritto l'esistenza umana come un impegno di autocreazione, come necessità di continuare l'opera creatrice di Dio.
Gli ebrei sono il popolo eletto non in senso genealogico (che la stessa dottrina ebraica esclude per l'incertezza della linea paterna) ma nella volontà di partecipare a quella missione creativa di completare l'opera di Dio.