La questione è troppo importante, non possiamo lasciarla al monito di una ragazzina svedese o agli spruzzi di vernice di alcuni giovani giustamente preoccupati del futuro. Dovrebbero agire i governi che invece stanno tornando indietro, riaccendono le centrali a carbone, frantumano le rocce per aumentare le estrazioni di combustibili fossili e s'impegnano a distruggere enormi ricchezze in armamenti destinati a uccidere.
L'Italia mentre aumenta la spesa militare è passata dal fornire armi ad addestrare i combattenti ucraini. L'Inghilterra ha appena annunciato, per bocca di una baronessa, la fornitura di proiettili perforanti a uranio impoverito. Escalation bellica e sicura contaminazione radioattiva, trascurando perfino il rischio di una guerra atomica nel cuore dell'Europa.
Il mondo non è mai stato così vicino alla catastrofe.
C'erano solo due ordigni da pochi kilotoni alla fine della seconda guerra mondiale, adesso ce ne sono migliaia da svariati megatoni (qui una mappa delle esplosioni sperimentali). All'epoca della crisi dei missili di Cuba le due grandi potenze erano guidate da persone avvedute. Ora gli apparati di Mosca e di Washington sono affidati a persone ossessionate dall'idea di vincere, refrattarie ad ogni trattativa di pace. Stiamo andando pericolosamente verso il punto di non ritorno.
Anche la politica italiana sembra andare verso un punto di non ritorno. Lo scempio compiuto dal berlusconismo aveva già personalizzato la competizione elettorale, trasformando la democrazia in quella che Giovanni Sartori chiamò "sultanato", Raffaele Simone parlò dell'avvento di un "mostro mite" e Franco Cordero lo descrisse come un famelico Caimano. Anni di propaganda berlusconiana a reti unificate (videocrazia) hanno instillato nelle menti una serie di falsi miti di matrice illiberale e neoliberista. Ma adesso la situazione sta peggiorando ulteriormente perché, in assenza di proposte alternative alla disgregazione neoliberista, la maggioranza degli italiani ha smesso di votare, i giovani sono troppo sfiduciati e gli elettori, ormai disgustati dall'alternanza tra mignottocrazia e tecnocrazia, hanno affidato il governo a un manipolo di fascisti ignoranti e pasticcioni.
Però non si può dire fascista. Da ogni pulpito ci ripetono che sarebbe sbagliato. Il fascismo è finito, la puffetta mannara non saluta romanamente. Chi riconosce in qualcosa i caratteri tipici del fascismo viene immediatamente accusato di esercitare il fascismo degli antifascisti (con annessa citazione di Pasolini).
I fascisti non esistono più, ci dicono. Quelli delle spedizioni punitive contro gli immigrati o i giovani che indossano la maglietta del cinema America sono miraggi.
Giorgia Meloni, leader della fiamma tricolore, rivendica i meriti di Giorgio Almirante e del MSI, che fu il partito di Rodolfo Graziani e Junio Valerio Borghese. Lei come Salvini non riesce a dichiararsi antifascista, s'è circondata di persone che collezionano i busti del duce, che indossano la divisa nazista, che esaltano la marcia su Roma, che partecipano alle commemorazioni di Predappio, che ripropongono i peggiori discorsi di Mussolini, che rifiutano la festa della liberazione, che minacciano ritorsioni contro insegnanti che osano fare dichiarazioni antifasciste... ma guai a dire che al governo ci sono i fascisti. Non è carino. In fin dei conti non sarebbero fascisti neanche gli autori del pestaggio davanti al liceo fiorentino. Non saprei come definirli, sono gli attivisti di Azione Studentesca, l'organizzazione giovanile di Fratelli d'Italia, magari li chiameremo "diversamente democratici".
Ora al governo ci sono loro: la destra sociale. Si rifiutano di tassare gli extraprofitti generati dai repentini aumenti di prezzo dei carburanti, riducono le tasse a chi sta già guadagnando troppo, esonerano le imprese dai controlli fiscali, condonano gli evasori e cancellano il sussidio di sopravvivenza per chi non ha nulla. Fanno scempio della giustizia per garantire impunità ai potenti. Non vogliono che in Italia sia stabilito un salario minimo. Promettono una flat tax che aumenterà ancora di più le disuguaglianze, impongono nuove disuguaglianze anche tra le regioni col progetto leghista delle autonomie differenziate. Stasera in TV il governatore della Liguria ha dichiarato (letteralmente) che un programma liberale impone la riduzione dell'uguaglianza (evidentemente ritiene che ne abbiamo troppa) per poter aumentare le libertà economiche. Sostiene che il modello da seguire è la reaganomics, il thatcherismo e la scuola di Chicago: più privato e meno stato.
E' un programma talmente scellerato che farebbe specie anche a Milton Friedman. Almeno il suo ultraliberismo prevedeva l'imposta negativa che avrebbe garantito ai più poveri un sussidio automatico, scevro dalla condizioni che limitavano l'abolito e aborrito Reddito di Cittadinanza. Qui vediamo all'opera solo il peggio del liberismo e il mio pensiero va a quelli (molti) che negli anni hanno maturato un profondo disprezzo per il PD (e in genere per tutta la sinistra) ormai troppo asservita al globalismo neoliberista. La destra prometteva sovranismo, con un vago richiamo all'autarchia che forse avrebbe restituito un ruolo di gestore dell'economia allo Stato. Si sono illusi che la destra poteva essere un argine alla devastazione neo-liberista. No, la destra non vuole arginare le ingiustizie economiche e sociali.
Il motto di Giorgia Meloni enunciato nel suo discorso di insediamento è "Non disturbare chi vuole fare": liberismo selvaggio e spietato. La Lega di Salvini vuole sanzioni penali per i senzatetto a cui è già negato il diritto alla salute e anche la possibilità di ricevere un'elemosina.
Ridurre le tasse è la premessa per poter ridurre anche i servizi e le tutele ai cittadini. Chi vuole servizi e tutele se li potrà pagare, ha detto Giovanni Toti, ma lo dice senza considerare che lavorando per tre euro l'ora (o magari gratis come gli esperti per il Ministero dell'Istruzione) non si paga neanche l'affitto di una camera e l'Italia ha smesso da almeno trent'anni di costruire case popolari. Quelle che c'erano sono state svendute insieme alle imprese dell'IRI. Toti non è neanche un fratellino d'Italia, nella sua esaltazione di un futuro senza regole e senza tutele si definisce moderato.
Nel corso del medesimo programma televisivo un altro moderato s'è adirato molto con lo scrittore Emanuele Trevi che qualificava come fascista l'idea di criminalizzare a livello planetario le donne ridotte per disperazione alla mercificazione della gravidanza. Per Giorgio Mulè colpevolizzare le vittime è qualcosa da non assimilare all'ideologia fascista. E per fortuna siamo tra i moderati.
Non bisogna dire fascisti a questi paggi sciocchi e ignoranti, orgogliosi di garantire impunità e mano libera ai potenti e agli imbroglioni, eppure l'unica cosa che sanno fare è l'apologia del fascismo.
P.S. 24-03-2023 - giunge a conferma della mia conclusione il messaggio del Presidente del Consiglio che ricorda i 335 martiri delle Fosse Ardeatine "uccisi solo perché italiani".
Non è vero, le vittime furono selezionate tra gli antifascisti, i resistenti e gli ebrei. Alcuni italiani collaborarono all'eccidio.L'ANPI (associazione dei partigiani) ha voluto ricordare alla premier che la lista fu compilata anche dal questore Pietro Caruso, dal
ministro della Repubblica di Salò, Guido Buffarini Guidi, e dal criminale di guerra Pietro Koch: tutti fascisti. Era una lotta tra fascisti e antifascisti, perché non dirlo?
Ora assistiamo al solito tentativo di ridurre tutto a una questione di parole. Ma non ci sono solo le parole, se il partito della Meloni propone al Parlamento di abolire il reato di tortura, non si tratta più solo di parole.

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