Per dare un giudizio sul nuovo governo sarebbe giusto attendere almeno 100 giorni, nulla si può fare nel giro di due settimane. Mi piacerebbe attenermi a questa regola, ma il governo Meloni ha iniziato con un segnale che non può non destare gravissime preoccupazioni: il Decreto Legge n.162 del 31 ottobre 2022.
Tra le norme volte a confermare l'ergastolo ostativo, evitando uno svuotacarceri che rimetterebbe in libertà anche pericolosi boss mafiosi (la questione è spiegata bene qui), e quelle che anticipano di due mesi il termine conclusivo dell'obbligo vaccinale per il personale sanitario, c'è l'art. 5 che contiene "norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali".
Nei salotti televisivi molto si discute (e ci si accapiglia) per rientro in servizio di medici e infermieri non vaccinati. Purtroppo molti continuano a parlare dei non vaccinati come se fossero malati contagiosi. Non lo sono, non lo erano neanche prima. L'obbligo introdotto dal governo Draghi col decreto del 1 aprile 2021 prevedeva già un termine per quell'obbligo di carattere eccezionale che ha creato una discriminazione di dubbia legittimità. Il termine, che era già previsto, è stato semplicemente anticipato. Non è di questo che possiamo scandalizzarci e neanche si può aderire all'idea antiscientifica per la quale nessun medico potrebbe mai discostarsi dall'opinione degli accademici senza perdere il diritto di esercitare la professione.
Il pessimo biglietto da visita del nuovo governo sta nell'art. 5 che tratta di occupazioni abusive e di organizzazione di raduni illegali.
L'occupazione abusiva è definita dalla stessa norma come "invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati". Fenomeno ben noto per il quale si ricorre normalmente al diritto civile con provvedimenti di sfratto, di rilascio o di sgombero a cui possono far seguito azioni per risarcimento dei danni.
Col nuovo art. 434bis, che verrebbe introdotto nel Codice Penale, qualunque riunione che supera il numero di 50 persone rischia di diventare un grave reato, punibile con pene da 3 a 6 anni di reclusione, ma lo sarebbe anche l'organizzazione di una riunione che non arriva a svolgersi. Qui non si tratta più dei divieti di assembramento o degli obblighi di distanziamento imposti eccezionalmente dalla pandemia, questa disposizione diventerebbe un reato permanente del nostro codice penale. La pena prevista è elevata, implica l'arresto immediato e non consente al giudice di concedere la sospensione condizionale della pena agli incensurati.
I raduni non si possono impedire. Siamo in un paese democratico. L'art. 17 della Costituzione stabilisce che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Sancisce a chiare lettere che non occorre essere preventivamente autorizzati.
Se la riunione avviene in un luogo privato (per es. teatro, cinema, palestra, ristorante, bar) anche se è aperto al pubblico non è richiesto alcun preavviso. Solo per le riunioni in luogo pubblico "deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica". E' uno dei principi democratici fissati dalla Costituzione. Che poi certi raduni possano non piacere si sa, basta non andarci.
Quando i giornalisti parlano di "corteo non autorizzato" o "manifestazione non autorizzata" usano un termine sbagliato, non esistono le riunioni autorizzate. Le riunioni sono un pezzo importante della libertà civica, non devono essere autorizzate. Se la riunione si svolgerà in luogo pubblico se ne deve dare preavviso, almeno 5 giorni prima, alla Questura territorialmente competente, ma non ci sono autorizzazioni da chiedere. L'eventuale divieto deve basarsi su "comprovati" motivi di sicurezza".
Giorgia Meloni sembra non conoscere il principio costituzionale: "Tutto si può fare, ma rispettando le regole". Probabilmente pensa che sia sempre necessario chiedere un permesso, ma dice anche qualcosa di peggio: vuole essere giudicata dalle intenzioni. La norma è scritta male, non è circoscritta ad un certo tipo di raduni, punisce la semplice partecipazione, può essere usata per reprimere qualunque forma di manifestazione che il governo volesse considerare 'pericolosa', ma siccome lei ci assicura che le sue intenzioni sono buone, i cittadini dovrebbero giudicarla leggendo nel suo grazioso pensiero, senza badare a cos'è scritto nella legge!
Purtroppo è vero il contrario. Ci interessa avere buone leggi. Il decreto del 31 ottobre non lo è. E' stato creato un grave reato con decreto governativo. La creazione di norme penali è attività legislativa, una delle più importanti. L'art. 25 Cost. la riserva alla legge, inoltre in questo caso manca il presupposto di urgenza e necessità, ma non sono le uniche violazioni: la norma è scritta con termini che non definiscono con esattezza il comportamento punibile e ciò costituisce una violazione del principio di tassatività.
Per i semplici partecipanti al raduno la pena può essere diminuita, ma non si sa di quanto.
La norma prevede anche la confisca obbligatoria delle "cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonche' di quelle utilizzate nei medesimi casi", non sono soltanto i costosi impianti musicali che si utilizzano nei rave (e che potrebbero essere semplicemente presi a noleggio, e che non sarebbero mai dissequestrati perché la confisca è definitiva, non è un semplice sequestro) ma tante altre cose: gli smartphone, i pc usati per comunicarsi l'appuntamento, ma anche le autovetture per arrivarci, magari anche i sacchi a pelo, le tende, ecc. E' obbligatorio confiscare tutto? anche per un raduno che coinvolge migliaia di persone? Follia pura, non saprebbero neanche dove mettere tanta roba.
Ovviamente ora c'è chi pensa male: non sono analfabeti, non stanno pensando ai rave che normalmente si svolgono senza gravi conseguenze, la norma potrebbe essere uno strumento volto a reprimere qualunque manifestazione di protesta, potrebbe impedire qualunque raduno non gradito, con chiara violazione dell'art. 17 Cost. Vedremo cosa accadrà in Parlamento nella fase di conversione in legge, ma avendo usato la via del decreto al momento non c'è neanche il filtro della promulgazione presidenziale, per 60 giorni la norma è vigente.
Il timore cresce se si considera il continuo pressante tentativo di impedire l'espressione di giudizi critici:
- vietato accostare le derive autoritarie al fascismo (vige ormai il paradosso per cui chi parla di fascismo è un fascista, c.d. fascismo degli antifascisti, concetto paradossalmente attribuito all'antifascista Pier Paolo Pasolini);
- delegittimazione a criticare per tutti quelli che sono stati favorevoli alle restrizioni anti-covid, dimenticando che quelle restrizioni furono imposte sulla base di atti legittimi (DPCM autorizzati per legge in base ad una dichiarazione di emergenza pandemica), cioè divieti temporanei di circolazione e di riunione previsti dalla stessa Costituzione.
Qui si intravede una forma di politically correct che censura non tanto la parola, quanto l'idea. Il politicamente corretto delle destre sembra essere meno ipocrita del giocare sulle parole, ma sicuramente più pervasivo.
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