La vittoria elettorale del partito di destra guidato da Giorgia Meloni è stata netta, ha ottenuto oltre sette milioni di voti (7.302.517 alla Camera) equivalenti al 26 % dei votanti. Però sarebbe corretto dire che molti non hanno votato. Gli elettori sono 46.127.514 residenti in Italia e quasi cinque milioni di italiani residenti all'estero. In totale 50.869.304.
Quando ci dicono che FdI ha il 26% stanno calcolando solo i voti validi scrutinati nel territorio italiano; mancano gli astenuti (16.647.420), mancano i residenti all'estero (4.741.790), mancano le schede bianche (492.650) e le nulle (820.068).
Fare i conti su 28.086.553 anziché 50.869.304, non è errore da poco. E affermare che il partito di Giorgia Meloni ha avuto il voto del 26% degli italiani è semplicemente falso. Sarebbe come voler dichiarare l'inesistenza di quei milioni che si sono rifiutati di votare oppure hanno voluto annullare il proprio voto o inserire nell'urna una scheda bianca. Sono italiani anche loro e, a modo loro, hanno espresso un giudizio politico.
Facendo i conti seriamente, la percentuale va calcolata su tutti. E' pur vero che per i collegi dell'estero il conteggio è difficile perché i tre partiti di destra si presentavano uniti. Qui proverò a farlo immaginando che i voti ottenuti all'estero dall'intera coalizione di destra (281.949) si possano considerare tutti del partito FdI. In questo modo faremo un'approssimazione fortemente in eccesso e otteniamo un totale di 7.584.466. Questo numero è il 14,9 % di tutti gli elettori italiani (50.869.304).
Il partito che governerà l'Italia non raggiunge il 15%. Questo significa che 85 italiani su cento hanno detto di NON volerlo.
Cosà farà il Presidente Sergio Mattarella? riterrà comunque di assegnare l'incarico di governo ad un rappresentante che proviene da questo partitino col 15% ? Lo farà solo perché gli altri partiti hanno numeri ancora più bassi?
Art. 92 Cost - Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i ministri.
La Costituzione assegna la scelta al Capo dello Stato senza porgli alcun vincolo, neanche rispetto ai risultati elettorali. Questo è logico perché l'Italia è una repubblica parlamentare. I cittadini eleggono i loro rappresentanti al Parlamento, non eleggono un governo, non possono dare una indicazione sul futuro premier e, come spesso è già accaduto, la guida del governo può essere assegnata anche a uomini che non sono mai stati eletti e magari neanche candidati. Non c'è nulla da stupirsi in questo.
Nelle democrazie liberali i poteri sono separati: il Parlamento rappresenta i cittadini ed esprime, attraverso le leggi, la volontà della nazione, mentre il Governo ha il compito di dare esecuzione a quella volontà mediante atti amministrativi.
Per semplificare si potrebbe anche dire che il Governo è l'amministratore del condominio, deve eseguire la volontà dell'Assemblea condominiale formata dai proprietari dell'immobile. L'amministratore deve farlo correttamente, ma può anche essere un estraneo rispetto al condominio, di solito viene scelto in base alle sue competenze professionali e non per rappresentare interessi specifici delle persone o i loro ideali.
Non sappiamo ancora quale sarà le scelta di Sergio Mattarella. Sono passate quasi tre settimane dal voto e il Quirinale non ha ancora convocato le consultazioni perché le due camere hanno eletto solo ieri i presidenti e sono ancora in via di definizione i gruppi politici. Perché si parla già di Giorgia Meloni come futuro premier? Chi l'ha battezzata come premier in pectore? in pectore di chi? E con quale mandato lei ha già aperto le trattative per la lista dei ministri?
La situazione è grave, ma non è seria (Ennio Flaiano)
Queste mie osservazioni potrebbero sembrare cavilli, mi si dirà che il Presidente non avrebbe altra scelta, che non può tradire l'espressione del voto degli italiani. No, non sono cavilli, la democrazia è un metodo che si basa anche sul rispetto delle forme.
Il motto thatcheriano del "there is not alternative" (TINA) rappresenta la gabbia mentale che soffoca in partenza l'idea stessa di democrazia.
Se l'85% degli italiani non ha inteso dare alcuna indicazione a favore dei Fratelli d'Italia, né di Giorgia Meloni. Nessuno può escludere alternative, anche se in questo momento non siamo in grado di vederle. L'art. 67 della Costituzione conferisce ad ogni parlamentare il compito di rappresentare la nazione (tutta, non solo i suoi più fedeli elettori) ed esclude ogni vincolo di mandato. Questo è il cuore del parlamentarismo su cui si fonda la nostra democrazia.
Nel Parlamento appena eletto, sia pure con una rappresentatività distorta a causa di una legge elettorale antidemocratica, i deputati e i senatori si potrebbero parlare (si chiama parlamento proprio per questo!) e trovare altre vie. Il Parlamento rappresenta la sovranità popolare. Alle prossime consultazioni i presidenti di Camera e Senato, insieme ai capigruppo, potrebbero dare suggerimenti nuovi al Capo dello Stato.
Purtroppo anche la scelta dei due presidenti, avvenuta solo ieri, rinnega lo spirito democratico che in altri tempi l'Italia aveva conosciuto.
In passato la presidenza di almeno una delle due camere veniva data al rappresentate di un partito di minoranza. Era un segnale importante, perché la democrazia non è una dittatura della maggioranza. L'abbiamo vinto noi, ora comandiamo noi, è una logica di guerra introdotta da Berlusconi a spregio della democrazia. C'è democrazia solo dove è garantito il pieno rispetto delle minoranze. Assegnare quel ruolo che dovrebbe essere super-partes a due figure della stessa area maggioritaria è stata una delle pessime innovazioni dell'era berlusconiana, introdotta insieme al simbolo "Berlusconi Presidente", ideato per creare l'illusione di una elezione diretta del premier che in Italia non c'è mai stata. Era lo stesso periodo in cui il suo avvocato (poi incarcerato) Cesare Previti minacciava gli avversari dicendo: "non faremo prigionieri".
L'Italia dovrebbe liberarsi da queste scorie, invece tutto va peggiorando.
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AGGIORNAMENTO - il 21 ottobre il Presidente Sergio Mattarella ha conferito l'incarico a Giorgia Meloni che ha accettato senza riserva. Non è la prima volta che accade. Anche Silvio Berlusconi nel 2008 si presentò al Quirinale con la lista dei ministri già pronta. Una scelta che anche in quel caso fu considerata una "sgrammaticatura istituzionale". Il precedente di Giuseppe Pella nel 1953 è poco significativo, sia perchè all'epoca non esisteva una prassi consolidata, sia per il carattere del governo Pella di pura transizione.
La scelta fatta da Berlusconi nel 2008, e ripetuta oggi dalla Meloni, rappresenta una prevaricazione nei riguardi del Capo dello Stato.
Nel caso Meloni lo strappo istituzionale, che tende a mostrare che il Presidente non abbia potere di scelta, è aggravato dall'aver reso nota la lista, eliminando quella riservatezza che in passato consentiva al Presidente della Repubblica di concordare qualche cambiamento rispetto alle proposte del premier incaricato.
L'errore era già stato commesso nel 2018, generando lo sgradevole caso di Paolo Savona, depennato dalla lista con lo strascico di una ridicola minaccia di impeachment.
"Giorgia Meloni brandisce il manganello dell'impeachment. E Luigi Di Maio si accoda" (La Repubblica 27 maggio 2018)Successivamente Luigi Di Maio si è dichiarato pentito di quella insensata minaccia. Per altri sembra che l'esperienza non insegna nulla.
Nell'attuale governo Meloni un ministero è stato assegnato alla leghista che nel 2018 chiedeva di rimuovere le fotografie istituzionali di Mattarella colpevole di voler fare da Presidente le scelte che spettano al Presidente.
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