13 marzo 2022

Ucraina: la guerra dentro l'Europa

Che cos'è l'Ucraina? 

Sull'atlante geografico che a scuola usavo per studiare la geografia (ora non si studia più) non c'era uno stato con questo nome, c'era solo un'unica grande nazione che appariva sulla mappa con un unico colore e una sola bandiera: l'URSS. Ma l'Ucraina esiste e la sua storia risale all’epoca dei Cimmeri, un popolo quasi misterioso che abitava una terra che gli antichi consideravano attigua al regno dell’Ade e dei morti. 
 
[C'è un articolo di Valigia Blu che racconta tutta la storia] 

Qui ci occuperemo solo di quella più recente, iniziando dal secolo scorso, quando il grande impero degli Zar cadde nelle mani dei bolscevichi. Era il 1917. Un tentativo di creare una prima Repubblica Popolare Ucraina ebbe scarso successo. Erano presenti diverse etnie: 25% di Polacchi, una quota di Tedeschi e di Cechi, 12% di ebrei, oltre a Russi e altre nazionalità. I fautori del socialismo si scontrarono con quelli della Repubblica Nazionale e con le Armate Bianche insediate in Crimea. Ugualmente sfortunato fu anche il tentativo guidato dall’anarchico Nestor Machno di costituire una collettività organizzata di libere comuni agricole. Col trattato di pace di Riga del 1921 l’Ucraina finì sotto il controllo dei bolscevichi russi. Negli anni dello stalinismo il controllo fu sempre più duro, con esecuzioni e deportazioni, culminate nel 1932-33 con l’Holodomor, lo sterminio per fame decretato da Stalin. Nella sola Ucraina si ebbero dai 4 ai 5 milioni di morti.

Durante la Seconda guerra mondiale ci fu un secondo tentativo di costruire una Repubblica indipendente. La restaurazione dello Stato ucraino fu proclamata dai nazionalisti e dalle brigate di Stepan Bandera. Erano movimenti di ispirazione fascista che collaborarono coi nazisti tedeschi eliminando ebrei, rom, civili polacchi e funzionari sovietici. Nonostante la collaborazione offerta ai nazisti, gli ucraini furono sopraffatti dai tedeschi e successivamente dall’Armata Rossa.

Dopo la seconda guerra mondiale l’Ucraina fu annessa all’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). Una parte degli ucraini continuò a combattere contro i comunisti fino ai primi anni cinquanta, tra violenze e uccisioni.


La fine del comunismo


La fine del comunismo sovietico, dopo il periodo delle riforme promosse da Michail Gorbaciov, fu decretata nel 1991 da Boris Eltsin che avviò una rapidissima trasformazione del sistema socialista in una forma di economia capitalistica.

Boris Eltsin era circondato da "centinaia" di agenti della CIA che gli dicevano cosa fare durante il suo mandato di leader. Nel 1991, sarebbe stato eletto al suo posto di leadership grazie all'aiuto di Washington. (Wikipedia)

Nel 1991 l’Ucraina diventò una repubblica indipendente con una decisione che il 91% della popolazione confermò mediante referendum.

Le privatizzazioni dei grandi apparati statali divennero occasioni per rapidi arricchimenti lasciando nella miseria gli strati più deboli della popolazione. Nello stesso periodo iniziarono gli scambi e le collaborazioni della Russia coi paesi occidentali.

[In questo video una sintesi della caduta del comunismo sovietico]

La dissoluzione dell’impero sovietico portò anche allo scioglimento del Patto di Varsavia (l’alleanza militare che legava le repubbliche dell’Europa orientale al blocco sovietico) e nel 1994, col Memorandum di Budapest, Kazakistan, Bielorussia e Ucraina rinunciarono ai loro arsenali atomici. Era la fine della “guerra fredda” che avrebbe dovuto portare anche allo scioglimento della NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico), tuttavia ciò non avvenne. Le promesse americane di non estensione dell’alleanza atlantica non furono mai inserite in un trattato scritto. Al contrario, le forze militari della NATO ebbero un ruolo sempre più attivo, prima nella guerra dei Balcani e poi, dopo il 2001, nelle guerre al ‘terrorismo islamico’. Più di dieci repubbliche del disciolto Patto di Varsavia entrarono nella NATO che in pochi anni passò da 16 a 30 paesi membri. Gran parte delle repubbliche dell’est aderirono anche all’Unione Europea.

Solo tre repubbliche dell’ex blocco sovietico sono rimaste fuori dai nuovi confini dell’Unione Europea: la Bielorussia, la Moldavia e l’Ucraina.

( in azzurro-celeste i paesi NATO e in verde gli ex paesi comunisti che sono entrati nella NATO)


L’espansione della Nato non ha alcuna relazione con la modernizzazione dell’Alleanza o con la garanzia di sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello della reciproca fiducia. E noi abbiamo diritto di chiedere: contro chi è intesa quest’espansione? E cos’è successo alle assicurazioni dei nostri partner occidentali fatte dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni?” (Vladimir Putin – Conferenza di Monaco 11 febbraio 2007 citato da Barbara Spinelli)


La rivoluzione arancione

A partire dal 2004, l’anno del grande ampliamento dell’UE, in Ucraina si manifestarono crescenti tensioni politiche. Il movimento nazionalista che esprimeva una volontà di avvicinare il paese agli altri stati dell’Unione Europea diede vita a quella che fu chiamata la rivoluzione arancione. Negli anni successi Viktor Juščenko e Julija Tymošenko, che era considerata la Giovanna d’Arco della rivoluzione arancione, vinsero le elezioni. Poi i risultati politici favorirono Viktor Janukovic. La Tymoshenko, accusata di corruzione e traffici illeciti, fu condannata a 7 anni di carcere insieme all’ex ministro Jurij Lucenko. Alla guida della nazione rimase solo Janukovic.

Alcuni osservatori (a questo link un’intervista al giornalista Franco Fracassi) sostengono che la “rivoluzione arancione” non nasceva da esigenze popolari, ma fu organizzata da una rete internazionale con l’assistenza del Canvas di Belgrado. Esistono singolari analogie con la situazione politica in Bielorussia e con altre “rivoluzioni colorate” che avrebbero finalità molto diverse da quelle dichiarate nel corso delle manifestazioni di piazza.

Nel novembre del 2013, quando Janukovic rinunciò agli accordi commerciali con l’Unione Europea e preferì orientarsi verso un trattato di collaborazione economica con la Russia, a Kiev scoppiarono forti proteste che sfociarono il 30 novembre in una insurrezione che indusse il presidente a fuggire dall’Ucraina. [video di Nova Lectio]


La rivoluzione del 2014

Il movimento di opposizione al presidente Yanukovic occupò per mesi la piazza principale di Kiev assumendo il nome di movimento Euromaidan (la piazza per l’Europa).

Il 18 febbraio 2014 gli scontri di piazza causarono oltre 100 morti. La stampa europea tendeva a descrivere la “rivoluzione del 2014” come spontanea protesta popolare contro un governo corrotto. Invece per i russi si trattava di una montatura abilmente organizzata dall’esterno utilizzando tecniche militari e gruppi armati neonazisti.

[In questo video c’è una testimonianza sui fatti di Maidan del fotoreporter Giorgio Bianchi ]

Il movimento Euromaidan, era sostenuto dal partito neonazista Svoboda che si ispira alla figura di Stepan Bandera. Ad esso si affiancava il ‘Settore destro’ e i ‘Patrioti dell’Ucraina’. Tra i gruppi neonazisti c’è anche il battaglione Azov, guidato da Andriy Biletsky, noto come il ‘Führer bianco’. Le richieste di Amnesty International al governo ucraino per porre fine agli abusi e ai crimini di guerra non riuscirono a far aprire indagini sui soldati del Battaglione "Azov". Un rapporto rapporto dell'OSCE pubblicato nel 2016 ritiene il Battaglione "Azov" responsabile dell'uccisione di massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell'uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica. 

 [un articolo di ValigiaBlu descrive i gruppi neonazisti dell’Ucraina]

Nel marzo 2014 milizie filorusse occuparono la Crimea. Fu svolto un referendum per confermare la volontà popolare di annessione alla Russia, ma la violazione degli accordi internazionali comportò alcune sanzioni economiche contro la Russia. Nel successivo mese di aprile altre milizie filorusse occuparono le regioni orientali di Donetsk e Luhansk.

Il 2 maggio 2014 nella città di Odessa si è consumata una orribile strage nella Casa dei Sindacati, dove gruppi di nazisti, appoggiati anche da forze di polizia ucraine, hanno compiuto torture e violenze e poi hanno incendiato l’edificio dove sono arse vive più di 40 persone, altre furono linciate dai gruppi neonazisti che circondavano il palazzo. Fu impedito l’intervento dei vigili del fuoco. Cos’è che può generare tanto odio? Cosa rappresentavano in Ucraina i sindacati di Odessa?

Il conflitto tra le repubbliche separatiste del Donbass e la Repubblica Ucraina prosegue tutt’ora.

Nelle elezioni politiche del 2019 fu eletto presidente l’attore Volodymyr Zelens'kyj, sostenuto dalle televisioni del ricco affarista Igor Kolomoisky.

La richiesta russa di fermare l’ampliamento della NATO continua ad essere respinta in nome del principio di autodeterminazione dei popoli a cui si appellano anche i nazionalisti ucraini. Allora anche i russofoni del Donbass hanno diritto a fare quel che vogliono. Per questa ragione Putin decide di riconoscere formalmente le due repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk, costituitesi nel 2014. Lo fa il 21 febbraio 2022 affermando che l’Ucraina non sarebbe mai stata un vero stato indipendente, ebbe una propria autonomia solo per concessione di Lenin, quindi la storia dell’Ucraina apparterrebbe alla storia russa.

"Il riconoscimento dei due territori separatisti in Ucraina è una palese violazione del diritto internazionale, dell'integrità territoriale dell'Ucraina e degli accordi di Minsk. L'Ue e i suoi partner reagiranno con unità, fermezza e determinazione in solidarietà con l'Ucraina" (Ursula von der Leyen – presidente della Commissione europea)

Il 24 febbraio 2022 l’esercito russo inizia l’invasione armata dell’Ucraina. L’aggressione militare è stata annunciata da Putin come operazione di disarmo di un territorio che considera ormai controllato da nazisti e da potenze straniere ostili alla Russia, quindi un intervento necessario per esigenze difensive della Russia.


Qualche riflessione sulla guerra in Ucraina

Ogni persona ha il diritto di difendersi dalle aggressioni, anche le nazioni hanno un analogo diritto, però non c’è stata nessuna aggressione militare contro la Russia. La guerra è stata una scelta di Putin.

C’erano davvero gli armamenti della NATO nel territorio ucraino? Era in atto un genocidio nel Donbass? In Ucraina si preparavano anche armi chimiche e batteriologiche nei laboratori gestiti dagli americani? oppure Putin sta inventando pretesti, come li inventavano gli americani nel 2003 per giustificare l’aggressione militare contro l’Iraq? Non possiamo dare risposte certe a queste domande. Possiamo cercare di capire, ma la decisione di usare le armi non è giustificabile. E qui c’è anche una evidente sproporzione di mezzi: una grande potenza, con un esercito dieci volte più grande di quello ucraino, invade un paese apparentemente pacifico e minaccia anche di usare armi nucleari. Alla sproporzione quantitativa si aggiunge anche un folle salto di qualità. Tuttavia la colpa, assolutamente ingiustificabile, dell’invasione militare sembra non essere l’unica negli eventi che hanno via via peggiorato la situazione. L’alleanza atlantica ha ampliato i suoi confini verso est, lo ha fatto usando strumenti politici e socio-economici. La persuasione agisce nel formale rispetto delle libertà individuali, il libero mercato, la libera espressione, la società degli spettacoli, il consumismo, la pubblicità… tutte cose in cui si nascondono anche inganni, ipocrisie, falsità. Non possiamo negare che in qualche modo siano ‘armi di persuasione di massa’, ma sono armi che non provocano spargimento di sangue, non distruggono le città, non dilaniano i corpi, non lasciano orfani e mutilati nelle strade. Alla conquista culturale si deve rispondere con armi di difesa culturale. La reazione muscolare di Putin non è giustificabile, non lo sarebbe neanche se i suoi argomenti fossero tutti veri.

L’Unione Sovietica ha perso la guerra fredda sul piano economico e sociale. La ‘democratura’ russa istituita da Putin la sta perdendo nuovamente, ma non ha senso reagire con un conflitto armato che può spingere il mondo verso una guerra mondiale combattuta anche con ordigni atomici. Sarebbe una follia peggiore di quella hitleriana. Anche i tedeschi di quel tragico periodo storico si sentivano umiliati dalle sanzioni imposte col trattato di Versailles, ma la soluzione non può essere quella di aprire le porte dell’inferno. Hitler lo fece, confidando sull’accondiscendenza degli altri. Putin sta ripetendo il medesimo errore senza accorgersi che il primo ad essere risucchiato dal vortice infernale è proprio lui. Il suo linguaggio è cambiato da un giorno all’altro. Dalla decisione di interferire apertamente nella questione ucraina del Donbass, è passato subito alle armi e ha cominciato a minacciare anche altri paesi, Svezia e Finlandia.


La malattia del potere

L’equilibrio psicologico di ogni persona si sostiene nel costante confronto con gli altri. Chi si trova ai vertici del potere, in una solitudine incontrastata, perde le occasioni di confronto e perde l’equilibrio, rischia di essere sopraffatto dalle proprie pulsioni più infantili e capricciose. Un destino comune a molti dittatori.

La perdita del senso di realtà, aggravata dall’incapacità di gestire le frustrazioni, può condurre al delirio di onnipotenza. Accadde anche al presidente americano Richard Nixon, anche lui pensò di poter risolvere i problemi con le armi nucleari. Per fortuna non poteva decidere da solo. Molte volte i capi di stato prendono decisioni scellerate che possono affermarsi in virtù di quella predisposizione all’obbedienza che caratterizzò il caso di Adolf Eichman, la stessa che indusse il generale Colin Powell a dichiarare il falso nel suo disastroso discorso all’ONU del 5 febbraio 2003. Non sempre le leve della guerra sono affidate alla prudente maturità di persone come il colonnello Petrov la cui vicenda personale ci ricorda, come diceva Gesualdo Bufalino, che “la storia è una sonnambula che cammina sul cornicione”. Ora sta camminando pericolosamente sui cornicioni del Cremlino, l’immenso palazzo che ha ospitato i deliri di Rasputin e di Stalin. Chissà se per trattare con la sonnambula lo psicanalista non sia più utile di tanti generali.


Putin sta sbagliando, questo è evidente, ma finché non riesce a vedere il proprio errore può essere indotto a commetterne altri, forse peggiori. Qualcuno lo fermerà? Sergei Naryshkin, capo dei servizi segreti russi, ha sbagliato piegandosi ai voleri del nuovo Zar? Il silenzio imbarazzato dei due generali che affiancano Putin mentre ordina l’allerta del sistema nucleare russo è un altro preoccupante segno di debolezza?



Gli altri, gli americani, cosa fanno?

Joe Biden ha annunciato, con mesi di anticipo, il rischio di una aggressione militare all’Ucraina da parte dei russi, ma nello stesso tempo assicurava il non intervento militare americano, abbandonando così l’Ucraina al proprio destino.

La mia impressione è che gli americani stiano cercando di convincere i russi che un’aggressione può pagare.” (Franco Dottori, consigliere scientifico di Limes)

L’attacco russo potrebbe essere una ghiotta occasione per gli interessi americani. E’ il buon pretesto per imporre nuove sanzioni economiche contro la Russia che arrecheranno un grave danno anche ai paesi dell’Unione Europea. In primo luogo Germania e Italia.

L’obiettivo potrebbe essere quello di separare definitivamente la Russia dal mercato europeo dell’energia e in qualche modo assestare un colpo alla solidità dell’economia europea nel momento in cui l’Europa esce dalla pandemia e ha bisogno di rilanciarsi.” (Franco Dottori, consigliere scientifico di Limes)

Il principale interesse degli americani è per il mantenimento della pace oppure la pace rappresenta un problema? E’ possibile che i contrasti dell’Unione Europea con la Russia siano parte di una segreta strategia politica perseguita dagli USA?

Le milizie armate che occuparono la piazza di Kiev nel 2014, con svastiche e rune, chi le aveva mandate? E chi ha voluto la strage nella casa dei sindacati di Odessa, di cui molti organi di stampa non hanno mai parlato? La strategia di indebolimento della Russia e dell’Europa può essere attuata attraverso sanzioni economiche, ma lo stesso risultato si ottiene anche alimentando i sentimenti nazionalisti, sia quelli russi, sia quelli ‘antisovietici’ degli stati dell’Europa orientale. Le politiche sovraniste di Polonia e Ungheria, a cui si potrebbe aggiungere anche un rinnovato nazionalismo dell’Ucraina, possono fare da argine al potere russo e nello stesso tempo porsi come una spina nel fianco dell’Unione Europea.

Ma vediamo cosa dicono gli esperti americani di politica internazionale.

Victoria Nuland è una diplomatica di lungo corso, vice direttrice del dipartimento ex affari sovietici durante la presidenza di Clinton, fu poi consigliere di politica estera del vicepresidente Dick Cheney (il più guerrafondaio tra i governanti americani) e quindi ambasciatore permanente presso la NATO a Bruxelles. La sua carriera proseguì anche con la presidenza di Barack Obama, come assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici. Nel periodo in cui gestiva le relazioni diplomatiche con i Paesi europei e con la Nato, si fece sfuggire un’espressione molto significativa durante una telefonata all’ambasciatore americano in Ucraina: Fuck The EU. L’Unione Europea si fotta. Era un modo sbrigativo per dire che non spetta agli europei decidere degli affari dell’Ucraina e delle relazioni con la Russia. Ai vertici del potere americano hanno della nostra Europa la stessa considerazione che Putin ha dell’Ucraina?

Victoria Nuland, ha un ruolo molto importante, ma è anche la moglie di Robert Kagan, un politologo che fu consigliere per la politica estera nelle amministrazioni repubblicane di Ronald Reagan e dei Bush. Nel 2016 ha lasciato il Partito Repubblicano e ora appartiene all’area dei "liberali interventisti" (liberal interventionists) i quali sostengono una politica estera aggressiva degli Stati Uniti e il ridimensionamento della Federazione russa.

Robert Kagan ha scritto libri che raccontano già dai titoli la sua visione strategica: "Il diritto di fare la guerra" (2004), "Il ritorno della storia e la fine dei sogni" (2008), "Paradise and Power - America and Europe in the New World Order". In un articolo pubblicato nel 2017 sulla rivista Foreign Policy afferma che una Terza Guerra Mondiale potrebbe scaturire dall'eccessivo espansionismo territoriale, dal crescente militarismo e dalla politica egemonica di Russia e Cina. Occorre quindi rafforzare l'impegno dell'America per garantire in tutto il mondo gli "ideali di libertà e cosmopolitismo".

L’ordine, la pace e la libertà esistono solo grazie alla guerra? “Si vis pacem para bellum”. Lo diceva anche Mao Tse Dong, il dittatore della Cina comunista: “Se vuoi la pace prendi il fucile”. Lo diceva anche Mussolini: “E’ l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende”. Non stupisce che gli antichi romani, come i peggiori dittatori del novecento, avessero la mania di risolvere ogni questione con guerre e uccisioni. Quando hai un martello, tutti i problemi iniziano a sembrare chiodi”. Robert Kagan risponde rovesciando la metafora contro le nazioni che non hanno una grande potenza militare: “Quando non hai un martello, vuoi che nulla assomigli ai chiodi”. Per lui non c’è scelta tra guerra e pace, tra armarsi o non armarsi, perché i popoli disarmati si pongono in una oggettiva posizione di inferiorità che impedisce di vedere il pericolo e l’utilità della guerra. Nell’orizzonte degli attuali strateghi democratici americani non c’è posto per l’idea che la guerra sia qualcosa di sbagliato, qualcosa di dannoso per tutti, che tutta la comunità umana dovrebbe impedire. Sarebbe una buona idea, ci dicono, ma “le migliori idee non vincono solo perché sono migliori idee”. Per Kagan, la pace e il benessere non sono il risultato di un naturale progresso umano, bensì il risultato di un costante sforzo americano. Sono loro, gli americani, ad avere il copyright dell’ordine mondiale, della democrazia e della pace.

L’attuale Segretario di Stato dell’amministrazione Biden è Antony Blinken, un altro dottor Stranamore che fu favorevole alla disastrosa guerra contro l’Iraq nel 2003. E' stato su posizioni interventiste anche contro la Libia e la Siria. Molti dirigenti americani si sono formati nel West Exec Advisors che Blinken ha fondato insieme a Michele Flournoy.

USA ed Europa sono d'accordo su poco e si capiscono sempre meno. Gli americani vengono da Marte e gli europei da Venere.” (Robert Kagan – esperto di strategie politiche)

Ora le sanzioni economiche contro la Russia di Putin sono imposte in nome della pace. Il pacifismo in questo momento è un’arma contro i russi, i falchi si travestono da colombe, ma c’è poco da illudersi, finché saranno loro ad orientare le decisioni americane Fuck the EU! Per Blinken e Kagan, Flournoy e Nuland, noi europei restiamo poveri venusiani illusi, destinati a perdere, pacifisti afflitti da quello che Mussolini chiamava ‘pietismo’, un sorta di idiozia che oggi alcuni chiamano ‘buonismo’.

I buonisti europei non vogliono vedere i chiodi, non vogliono neanche comprare martelli, ma adesso la mossa di Putin li spiazza e gli farà cambiare idea. Perfino la Svizzera ha rinunciato alla sua secolare neutralità.


Gli interessi economici

Gli europei hanno imparato la dura lezione dei totalitarismi e delle tragedie del ‘900, hanno visto l’orrore di Auschwitz e l’orrore di Hiroshima e Nagasaki. La prima comunità economica europea è nata dal Mai più! Ogni controversia può essere risolta pacificamente.

Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia degli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia’ (Gino Strada)

L’Ucraina si trova al centro dell’Europa, la sua collocazione geopolitica dovrebbe essere una questione esclusivamente europea. Cosa c’entrano gli americani?

La Russia possiede enormi giacimenti di gas. La vendita del gas ai paesi europei si avvale alcuni gasdotti che attraversano l’Ucraina, la Bielorussia e la Polonia. La tassa di passaggio nel solo caso dell’Ucraina corrisponde a circa 1,2 miliardi di dollari all’anno. La realizzazione del gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico (a cui si potrebbe aggiungere il Nord Stream 2) riesce a collegare la Russia direttamente alla Germania e agli altri paesi dell’UE senza passare attraverso altri stati. L’opera è realizzata dalla Gazprom russa insieme alla multinazionale olandese Shell.

Alcune organizzazioni ucraine (come il Civil Movement for a Just Ukraine) esercitano pressioni lobbistiche in USA per contrastare il progetto del Nord Stream2. Gli americani sono coinvolti direttamente in questo tipo di affari. Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente americano, è stato membro del board di Burisma Holdings, il più grande produttore non governativo di gas in Ucraina con sede legale a Cipro. Resterebbero a mani vuote se il gas potesse passare attraverso il Mar Baltico invece di attraversare Bielorussia e Ucraina.


Le organizzazioni ucraine da anni esercitavano pressioni sui politici americani per convincerli che che il Nord Stream 2 è una grande minaccia per “noi” cittadini dell’Unione Europea. Ma davvero sono gli ucraini a poter rappresentare gli interessi dell’Unione Europea di cui non fanno parte?

La presenza americana è garanzia di pace e democrazia oppure serve per garantire all’Ucraina di poter continuare a lucrare sul gas russo?

Nord Stream 2 sembra essere la prima vittima della controffensiva economica: la notizia di oggi, 1 marzo, è il licenziamento di tutti i dipendenti, insieme alle dimissioni dei principali collaboratori dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder che gestiva le relazioni della società costruttrice. Probabilmente sarà dichiarato o stato di insolvenza e il gasdotto non sarà mai utilizzato.


Putin si è silurato da solo(Hélène Carrère d’Encausse)


Zelensky, il comico che diventa presidente

Un articolo di Fanpage ci offre un ritratto di Volodymyr Zelensky, il comico diventato Presidente e ora eroico difensore dell’Ucraina è legato ad una rete di oligarchi ucraini. Ha vinto le elezioni utilizzando il suo ruolo televisivo di presidente per caso (il servitore del popolo) che prende in giro tutti i precedenti politici. Zelensky ha poi sostituito anche i ministri che aveva inizialmente nominato nel suo governo. 

Ha liquidato i ministri della vecchia guardia, primo fra tutti il potente ministro degli Interni Avakov. Ha pensionato di brutto il presidente della Corte Costituzionale che frenava le sue leggi. Ha chiuso sette canali televisivi di opposizione. Ha messo agli arresti, accusandolo di tradimento, Viktor Medvedcuk, filorusso ma soprattutto leader di Blocco di opposizione-Per la vita, il secondo partito del parlamento ucraino dopo il suo Servo del Popolo. Sta processando, sempre per tradimento, l’ex presidente Poroshenko, che di tutto era sospettabile tranne che di intendersela con i russi o con i loro amici. Il sindaco di Kiev, il popolare ex campione del mondo di pugilato Vitaly Klitchko, è già finito nel mirino di alcune perquisizioni. Insomma, Zelensky sembra voler fare piazza pulita di chiunque non sia allineato alla sua politica.

E poi c’è il nazionalismo. Niente da dire, bisogna amare la patria. Ma il buon Zelensky, che era diventato presidente con intenti pacificatori e moderati, sembra un po’ troppo incline a compiacere le corpose frange del nazionalismo di estrema destra, in qualche caso addirittura filo-nazista, che ha il potere di condizionare la politica nazionale. (...)

Alla fin fine Zelensky resta in parte un mistero. (...) Se ha fiutato l’aria e si è adattato o, semplicemente, se il compito di governare l’Ucraina sia oggi superiore alle energie di chiunque. Una cosa però è certa: Zelensky è un comico con cui è meglio non scherzare troppo.” 



NOTE AGGIUNTIVE -

nella sintesi sopraesposta mancano alcuni riferimenti che sono poi entrati nel dibattito riguardante la guerra tra Russia e Ucraina:

>> MEMORANDUM DI BUDAPEST del 1994 - con cui fu concordata la cessione nell'arsenale nucleare stanziato in Ucraina a favore della Russia. In cambio l'Ucraina ottenne garanzie di rispetto della propria indipendenza e sovranità.

>> I PROTOCOLLI di MINSK del 2014-2015 - (Minsk I e Minsk II) siglati per impulso di Francia e Germania. L'Ucraina si impegnava a riconoscere lo statuto speciale alle regioni di Doneck e Lugansk. In cambio la Russia rinunciava ad ingerenze nelle regioni russofone. Con obblighi di smilitarizzazione sotto osservazione OCSE.

>> I NEGOZIATI DI ISTANBUL del marzo-aprile 2022 - con cui si sarebbe raggiunto un accordo di tregua (o di pace) che prevedeva il ritiro dell'esercito invasore russo in cambio di un impegno ucraino a non richiedere l'adesione alla NATO. Il prof. Jeffrey Sachs (Columbia University) sostiene che l'accordo fu rifiutato dall'Ucraina per istigazione del premier britannico Boris Johnson. Secondo altra tesi l'accordo non fu mai raggiunto perché la Russia si rifiutò di concedere le garanzie di sicurezza richieste dall'Ucraina.

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