Il migliore amico di Silvio Berlusconi, quello che era il perfetto capo di stato per Matteo Salvini (per le sue magliette esibiva l'effige di Vladimir Putin in divisa), elogiato da Giorgia Meloni come "difensore dei valori europei e dell'identità cristiana", ora è diventato il cattivo, il dittatore sanguinario, il nuovo hitler, il nemico da battere. Tutti armati contro di lui. Combattere per interposta nazione può essere un'ottima soluzione: basta mandare armi agli ucraini che hanno il diritto di difendersi.
Sì, hanno davvero il diritto di difendersi. Ma l'Italia ripudia la guerra o no? La Costituzione esclude categoricamente che la guerra possa essere uno strumento di risoluzione delle controversie internazionali, invece ora ci dicono che non c'è una controversia da risolvere, è solo una guerra da vincere. E vinceremo! I professionisti dell'informazione ci spiegano che non ci sono ragioni e interessi contrapposti, non c'è uno scontro tra nazioni o tra culture, c'è solo un tiranno impazzito: Vladolf Putler. Se Putin è il male assoluto nessuno deve sottrarsi all'obbligo di sostenere la guerra armata del bene contro il male.
Qualcuno però non condivide completamente questa narrazione. Salvini, Meloni, Berlusconi & C. annaspano tra l'innominabile, l'imbarazzato e uno stonato pacifismo. Altri vorrebbero davvero mantenere la pace e per riaverla sarebbero disposti a trattare anche col lupo cattivo.
Forse l'orribile decisione di invadere l'Ucraina non è un raptus improvviso del piccolo zar addestrato dal KGB. Potrebbe essere l'esito deprecabile di una concatenazione di fatti. E se vogliamo trovare una soluzione dobbiamo conoscere quei fatti. Tuttavia se qualcuno prova a ragionare sulle cause per capire come poter scongiurarne gli effetti, viene accusato di essere un codardo, un traditore, un amico di Putin. E' accaduto al professor Alessandro Orsini che cercava di non gettare benzina sul fuoco della guerra. L'università si è dissociata dalle sue dichiarazioni e la Rai gli ha negato il compenso che abitualmente viene riconosciuto a chi contribuisce ai dibattiti televisivi.
La guerra è una scempiaggine che spegne i cervelli. I giornalisti italiani sono già caduti nella trappola psicologica della guerra, non vogliono ragionare, non vogliono ascoltare, per loro c'è solo da armarsi e combattere.
È chiaro che oggi quasi tutti i mezzi di comunicazione, che siano giornali, radio, tv, sono impazziti di fronte alla guerra. Non fanno che parlarne come se la stessero pubblicizzando, come se avessero piacere ad alimentarla. Il rischio è che anche loro diventino strumento di promozione e propaganda, col pericolo che la guerra poi si estenda, se questo diventa l’umore prevalente nell’opinione pubblica. (Angelo Guglielmi - ex direttore Rai3)Anche i nostri governanti sembrano allineati e colti dallo stesso fervore: per il nostro ministro degli esteri Putin sarebbe peggio di qualunque animale; il ministro della difesa ha già fatto aumentare la spesa militare italiana da 25 a 38 miliardi. L'ex ministro La Russa vorrebbe pagare gli armamenti togliendo il sussidio ai più poveri, ma l'idea di mettere tutto a carico dei più sfortunati è solo un tradizionale vezzo della destra.
Gli studenti che si trovano a studiare le cause della prima guerra mondiale sanno che nel 1914 Gavrilo Princip accese con la sua pistola la prima scintilla del conflitto, probabilmente era anche lui un uomo malvagio, il suo gesto fu certamente odioso, ma le cause della guerra erano molto più grandi e più complesse. Sui libri di storia gli studenti leggeranno anche dei molti italiani che divennero immediatamente interventisti: politici come Mussolini, Bissolati, Nenni, Salvemini, Togliatti, insieme a molti esponenti del mondo artistico e letterario come Marinetti e d'Annunzio. Sbagliarono. La Grande Guerra generò frutti molto velenosi, trasformò la Belle Epoque nel secolo dei più feroci totalitarismi. Adesso, per tornare ad indossare l'elmetto e ripetere gli stessi errori occorre chiudere e dimenticare i libri di storia, ed è quello che stiamo facendo. Siamo già arrivati a dire che storici, filosofi e sociologi non devono esprimere giudizi sulle guerre perché non sono 'esperti' di guerra, ce lo dice la direttrice dell'Istituto di Affari Internazionali, Nathalie Tocci: chi non è testimone diretto dei fatti non ha 'competenze' per giudicare. Neanche il Papa ha competenze in materia. Ha detto che l'aumento di spesa per le armi è una follia, ma il suo discorso è stato ignorato dalla stampa e perfino Rai1 ha deciso di censurarlo.
E' molto triste vedere il coro degli interventisti che cerca di zittire illustri rappresentanti della cultura. La guerra non ammette alcun dissenso. David Parenzo e Alessandro De Angelis sbeffeggiano chiunque osa esprimere obiezioni e possono trattare da ignoranti storici come Franco Cardini, scienziati come Carlo Rovelli o Piergiorgio Odifreddi, filosofi come Massimo Cacciari e Donatella De Cesare, perfino generali come Fabio Mini. Gli esperti da ascoltare dovrebbero essere solo quelli col bollino blu: Nathalie Tocci, (bollino IAI, consulente ENI), Andrea Mergelletti (bollino CeSi, consulente Ministero Difesa), Andrea Gilli (bollino NATO Defense College)?
Per fortuna non c'è una vera censura nei confronti dei pacifisti; per fortuna ci sono analisti seri come Lucio Caracciolo e Dario Fabbri; e c'è una stampa che ci mostra anche il discorso di Bernie Sanders pronunciato prima dell'invasione dell'Ucraina (fosse stato eletto lui alla Casa Bianca probabilmente non ci sarebbe alcuna guerra) ma ad ogni argomentazione i giornalisti con l'elmetto oppongono sempre lo stesso indignato ammonimento: "o prendi parte alla guerra oppure sei amico di Putin". Il professor Alessandro Orsini viene descritto da Massimo Gramellini come un "pacinarcisista" posseduto dal timor panico nei confronti di Putin, un uomo che parla con la faccia sofferta e il tono di voce tra l'assertivo e il piagnucoloso. Una bieca caricatura.
Stiamo vivendo una regressione epocale, stiamo uscendo da un'epoca in cui ci eravamo illusi e stiamo entrando in un mondo furioso, (...) in un'età infernale. La Germania, che era il simbolo della presa di coscienza dell'orrore della guerra, decide ora un riarmo da 100 miliardi, una cifra gigantesca. (...) Cessa di essere un tabù l'opzione nucleare. (Marco Rovelli)
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