29 giugno 2020
La crisi causata dalla pandemia cosa ci porterà?
Siamo nel pieno della crisi, si stanno ancora contando i morti, a Bergamo l'orchestra esegue la messa in requiem del bergamasco Donizetti davanti al cimitero monumentale, ma occorre chiedersi cosa porterà nel nostro futuro questo ciclone socio-economico che ha sconvolto l'intero pianeta.
Una risposta ce la fornisce Naomi Klein con un'articolo pubblicato da L'Espresso.
Agli argomenti della giornalista canadese si contrappone una visione quasi opposta di Luciano Floridi intervistato da Emanuele Coen sempre per L'Espresso.
Al di là delle contrapposizioni di natura ideologica, nelle loro risposte c'è anche qualcosa che le accomuna: la crisi porterà un gigantesco cambiamento nella vita e nelle relazioni tra le persone.
Non c'è ancora una parola per definire gli effetti socio-economici del coronavirus, possiamo parlare di incremento della tecnologia, ma siamo già abituati a questo, abbiamo già visto la diffusione degli autoveicoli e degli elettrodomestici, abbiamo già vissuto il passaggio dalla dattilografia ai personal computer e poi agli smartphone, se continueremo a chiamarla evoluzione tecnologica non riusciremo a vedere la reale portata della nuova trasformazione. Ci vorrebbe una parola nuova che non c'è. Ci vorrebbe un termine capace di esprimere il passaggio dalle tecnologie che finora erano al servizio dell'uomo verso qualcosa che esigerà che gli uomini si mettano al suo servizio.
Alessandro Baricco ha usato il termine inglese "The game" mostrandoci che si tratta di un cambiamento già in atto da vari decenni con una tendenza all'accelerazione. The game ha una sua modalità che s'impone e trasforma le relazioni. La paura del coronavirus costringe gli uomini a fermarsi, a distanziarsi, a nascondersi, lasciando sempre più spazio al dominio delle tecnologie elettroniche nelle quali sarà sempre più presente l'Ai (Intelligenza Artificiale): scuole con pochi insegnanti-fattorini dell'e-learning; servizi sanitari con sistemi automatici di diagnosi e cura; trasporti di merci e di persone affidati a veicoli con guida autonoma; sempre più robot all'interno delle industrie e algoritmi per le attività amministrative e gestionali.
Naomi Klein esprime timori nei confronti di questo passaggio che potrebbe avvenire attraverso concentrazioni di potere e di controllo inconciliabili coi sistemi democratici, invece Luciano Floridi crede nella possibilità che, almeno in Europa, si possa trovare un equilibrio tra poteri pubblici e poteri privati in modo che gli interessi privati legati ai grandi investimenti capitalistici siano arginati adeguatamente dalle norme del diritto.
Floridi sembra essere più ottimista della Klein, ma la vera differenza tra le due visioni sta nella valutazione del connubio tra pubblico e privato. Floridi ritiene che il potere politico abbia la forza di imporre regole che garantiscano i diritti individuali e consentano di portare l'evoluzione tecnologica a vantaggio dell'intera collettività. La Klein sa che questo normalmente non avviene. Ogni volta che pubblico e privato si sono trovati ad operare congiuntamente è stato sempre il privato a trarne vantaggio e il pubblico a registrare perdite. A guidare i progetti e le strategie ci sono sempre i detentori delle conoscenze tecniche: Eric Schmidt (Google), Bill Gates (Microsoft) e in Italia Vittorio Colao (Vodafone). E in ogni situazione sentiamo ripetere la stessa richiesta: eliminare i lacci e lacciuoli della burocrazia, lasciare mano libera al privato fino a garantirgli perfino una adeguata immunità.
Perché la trasformazione sia davvero controllabile dai poteri pubblici e possa realizzarsi senza ridurre il benessere economico diffuso e senza ledere le libertà individuali, nella maggioranza delle persone si dovrebbe mantenere alta la consapevolezza dei rischi connessi al capitalismo e alle nuove tecnologie insieme all'importanza di tutelare i valori democratici. Invece accade il contrario. I grandi canali di informazione appartenenti ai gruppi capitalistici esercitano una critica continua, spesso denigratoria, a danno dei corpi intermedi indispensabili alla elaborazione di un pensiero politico (partiti, sindacati, associazioni di categoria, ecc.). Queste organizzazioni subiscono un attacco altrettanto forte anche dal fronte opposto, quello della libera controinformazione capitanata dagli agitatori del web, i quali, dietro un apparente spontaneismo e un apparente ribellismo basato su comode semplificazione che spesso si nutrono anche di fake-news, contribuiscono a distruggere quel livello organizzativo intermedio che dava forza e sostanza alla rappresentatività democratica.
Le masse non vengono guidate da una propaganda unilaterale, come accadeva nei regimi totalitari del novecento. Ora vengono spinte nella direzione che agevola il rafforzamento dei sistemi di controllo e di sfruttamento operando in modi diversi: c'è una parte della popolazione che esegue docilmente i comandi, anestetizzata dall'informazione "ufficiale" e dalla crescente comodità offerta dalle nuove tecnologie; poi c'è un'altra parte, non facilmente omologabile, ma sempre più disorientata, che viene istigata ad agire contro falsi nemici: il main-stream, gli immigrati, la burocrazia, gli zingari, le tasse, le questioni di genere, il terrorismo islamico, le vaccinazioni, le questioni monetarie, la tecnologia 5G, le scie chimiche. Sono tutte questioni in cui sono presenti problemi reali, che ogni cittadino è in grado di constatare, ma in una visione pragmatica, frammentaria e non ideologica questi problemi (e la loro esasperazione) diventano solo zizzania facilmente utilizzabile per disgregare le masse e indebolire la democrazia ad esclusivo vantaggio dei giganti (capaci di restare quasi invisibili) del capitalismo finanziario.
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