30 agosto 2018

Curare o trascurare

Ho già fatto l'elenco delle diverse questioni riportate al centro dell'attenzione dal crollo del ponte autostradale di Genova, ma c'è una questione specifica sulla quale è opportuno soffermarsi.
Il problema è la corruzione di un Paese che non pratica più l’umile manutenzione quotidiana perché con la manutenzione straordinaria c’è più margine per tangenti e regalie. Un Paese che preferisce la crescita inutile e dannosa del Tav o della Brebemi alla tutela di ciò che esiste e che serve davvero.


Sono parole del prof. Tomaso Montanari intervistato per MicroMega. Mettono in luce la differenza tra la cura dei beni fatta di manutenzione ordinaria, quotidiana, e la voglia di ricavare lucro da qualunque cosa, non solo dai grandi appalti per grandi opere dove pochi riescono a fare enormi profitti che in parte si ridistribuiscono tra una ristretta cerchia (politici, amministratori e progettisti), ma anche trascurando le opere già realizzate. Portando i beni pubblici al limite del degrado si creano le condizioni per interventi straordinari, quindi nuovi appalti da bandire sotto il segno dell'emergenza che consente di trascurare anche le regole.

Tra il curare e il trascurare non c'è mai stata una scelta esplicita, la questione non è mai stata inserita in un programma di partito, mai sottoposta ad un referendum.

L'ideologia mercatista adottata nella seconda repubblica dai partiti di destra e di sinistra si presentava come oggettività di calcoli economici, una sorta di scienza super partes, invece era solo ideologia mascherata, spesso assimilabile ad una idolatria del denaro.


Viaggiando sulle nostre strade osservo frequentemente le case cantoniere, ormai quasi tutte in uno stato di triste abbandono. Quelle case erano espressione della cura che ogni strada richiede, con o senza ponti. I cantonieri erano operai alle dipendenze dell'Anas, operai con un incarico e una responsabilità da professionisti. Gestivano e curavano il tratto di strada di loro competenza. Al capo cantoniere era assegnata l'abitazione con gli annessi locali per gli strumenti di lavoro. Non c'era il cartellino marcatempo e non c'era neanche l'inviato di Striscia la Notizia pronto a filmare qualche furbetto che iniziava il lavoro con mezz'ora di ritardo. Il cantoniere poteva fermarsi a riposare all'ombra di un albero senza che qualcuno lo controllasse e forse poteva anche saltare qualche giornata, l'importante era solo il risultato facilmente controllabile: la strada ben tenuta, senza erbacce, senza buche, con le banchine ben sistemate.

Il lavoro da cantoniere garantiva a migliaia di famiglie una tranquillità economica costruita sulla cura delle strade, una base sicura che assicurava anche gli altri: commercianti e artigiani che trovavano buoni clienti tra le famiglie degli stipendiati.

La necessità di cura non riguardava solo le strade, nei grandi palazzi c'era la portineria e ogni edificio pubblico (scuola o ufficio) aveva il suo custode. Uno strato sociale di lavoratori garantiti dava una certa sicurezza anche a chi vendeva loro vari tipi di servizi. Il buon commerciante alla fine riusciva a guadagnare più di un cantoniere, di un portinaio o di un bidello, ma sopportava un rischio che era in qualche modo alleviato dall'avere clienti a basso rischio.

La caduta del muro spazzò via dall'orizzonte delle ideologie i sogni del comunismo. Su quel vuoto si imposero i dogmi del Mercato e della Concorrenza che ci costrinsero ad abolire il posto fisso dei cantonieri per aprirci alle gare d'appalto che avrebbero assicurato sempre la qualità al prezzo più conveniente. Molti ci hanno creduto.

Oggi sappiamo che non è vero. Sappiamo che gli appalti sono il miglior terreno per la corruzione, vediamo il degrado in ogni ambito, i lavori mal fatti di cui non si trova mai un responsabile, eppure l'ideologia della cura è diventata "oscena", totalmente esclusa dal novero delle possibilità, non se ne parla nemmeno, spazzata via insieme al comunismo, ma almeno ai più giovani sarebbe bene spiegare che la cura dei beni pubblici era un prodotto della cultura borghese sempre attenta alla conservazione dei valori.

La cura delle cose si trasforma facilmente anche in cura della persona. Il lavoratore responsabilizzato si rispecchia nel proprio lavoro e nel buon risultato, accumula esperienza e ne trae soddisfazione. L'impresa che vince la gara d'appalto col ribasso dei costi fa lavorare una manovalanza di precari eternamente insoddisfatti, sfruttati e frustrati. Il risultato è una manutenzione fatta sempre su beni ormai troppo trascurati e degradati, con interventi affrettati e malfatti. Lo scopo è sempre lo stesso: assicurare l'arricchimento dei pochi ricchi signori degli appalti e l'impoverimento della gente costretta a lavori sempre più precari e malpagati.



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