6 aprile 2018

Facebook andrebbe chiuso

"C'è qualcosa che non funziona a livello sociale" 

A dirlo è Vittorino Andreoli, già direttore del dipartimento di psichiatria di Verona. “Siamo intossicati da rumori, parole, messaggi e tutto ciò che occupa la nostra mente nella fase percettiva". Il noto psichiatra sostiene che stiamo perdendo individualità perché siamo ridotti ad essere solo recettori. Questa perdita di individualità produce un senso di vuoto e di frustrazione che tendiamo a compensare con la nostra presenza sui social-network. Ci mettiamo in mostra senza capire che "l'individuo non sta nelle cose che mostra ma in ciò che non dice. Invece i social ci spingono a dire tutto, ci banalizzano."  E' nella solitudine e nel silenzio che possiamo trovare noi stessi. Il bisogno di essere presenti nei social nasce da un'angosciosa mancanza di relazioni che somiglia all'essere morti: “Facebook andrebbe chiuso.”

Credo che l'opinione di Andreoli si possa collocare sulla scia del filosofo liberale Karl Popper che vent'anni fa aveva proposto di introdurre l'obbligo di una "patente" per poter lavorare in televisione.

Ovunque è richiesta la patente per guidare veicoli a motore sulle pubbliche strade. Non è una limitazione di libertà, è soltanto una misura di sicurezza, sappiamo tutti che automobili e camion costituiscono un pericolo. Non sempre, non dovunque, ma in certe situazioni possono fare grossi danni. Sappiamo che anche la TV è un pericolo, non sempre, non per tutti, ma in certi casi possono causare gravi danni. Quindi non si può consentire a chiunque di riempire i palinsesti televisivi di volgarità e di violenza. E' come se lasciassimo correre le auto nei giardini pubblici e sui marciapiedi. O lasciassimo un ubriaco alla guida dell'autobus. Nella proposta di Popper non c'è una limitazione arbitraria della libertà, c'è solo un richiamo alla saggezza che tutti i governi hanno usato all'epoca delle prime automobili.

Ora alla televisione si è affiancata la rete dove ognuno entra con la convinzione di poter creare un proprio palinsesto e di fare opinione, ma è un'illusione. ome disse Umberto Eco “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività”. Ora il danno c'è e per inseguire un'illusione stiamo creando un deserto sociale.  

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