Con la flat tax il lavoratore che percepisce 1000 euro al mese pagherà la stessa percentuale del ricco banchiere. Nell'ipotesi berlusconiana una tassa di 230 euro al mese per il pensionato e una da 165mila per il supermanager che ogni mese ne riceve 500mila. C'è proporzione, ma non c'è progressione, invece l'art. 53 della Costituzione stabilisce che il sistema tributario dev'essere basato sul criterio di progressività. La flat tax è costituzionalmente illegittima e questo dovrebbe essere sufficiente per non parlarne più, ma ai giovani dobbiamo dare le informazioni corrette e quindi è giusto parlarne. L'ha fatto il prof. Odifreddi in TV e dopo il video aggiungerò qualche informazione.
LA PROGRESSIVITA'
Il criterio di progressività è stato introdotto quando l'economia italiana era guidata da Luigi Einaudi, un liberale conservatore che era considerato la massima autorità accademica nel campo della "scienza delle finanze" e che divenne il primo Presidente della Repubblica Italiana. Non è un criterio dettato da ideologie social-comuniste. La progressività è una conseguenza della teoria marginalista del valore. I marginalisti avevano scoperto che il valore di un bene non è un mero giudizio soggettivo. Vale più un lingotto d'oro o un bicchiere d'acqua? La risposta era considerata soggettiva perché il bicchiere d'acqua ha sicuramente un maggior valore per chi sta attraversando un deserto e rischia di morire di sete. Il valore oggettivo sembrava impossibile da definire. Solo osservando il bene marginale è stato individuato il criterio per definire oggettivamente il valore dei beni. Il bene marginale è l'ultimo tra tutti i beni omogenei posseduti da un soggetto. Chi possiede diecimila lingotti d'oro attribuirà all'ultimo lingotto un valore molto inferiore rispetto a chi possiede solo due lingotti. Questo vale anche per l'acqua. Chi ha moltissima acqua a disposizione perché deve solo aprire un rubinetto attribuirà un valore quasi nullo al bicchiere d'acqua che sta al margine di una potenzialità quasi infinita, ma quella stessa acqua vale moltissimo se se è l'unica disponibile.
IL VALORE MARGINALE
La teoria marginalista ha una valenza scientifica. Ci impone di valutare il bene non in modo assoluto, ma guardandolo in relazione all'insieme dei beni posseduti dal soggetto. Il primo bicchiere d'acqua ha lo stesso valore (vitale) per tutti. Il decimo ha minor valore. Il milionesimo ha un valore ridottissimo. Applicando il criterio del valore marginale, cioè l'unico valore oggettivamente misurabile, non dobbiamo confrontare ciò che paga il povero e ciò che paga il ricco in valore assoluto, bensì in relazione a ciò che lo rende marginale.
Il pensionato che paga 230 euro al mese verserà l'ultimo euro come margine dei 770 euro che gli rimarranno. Se egli spende 500 euro al mese per affitto e bollette, quell'euro viene sottratto al cibo. Dovrà rinunciare a un pasto. Il manager valuta il suo identico euro che completa il versamento di 165mila come valore marginale dei 335mila che gli restano per le spese del mese. Non sta rinunciando al cibo, neanche al dolce, neanche al vestito, neanche al lusso di una costosissima vacanza. Il valore di quell'euro versato allo Stato è quasi nullo rispetto all'euro versato dal pensionato. Il criterio di proporzionalità è sbagliato perché non tiene conto di come in economia si misurano i valori ed impone sacrifici totalmente sproporzionati. Solo la progressività può ristabilire una certa equità fiscale.
Progressività significa che l'imposta deve incidere in modo maggiore man mano che i redditi crescono.
Progressività non significa applicare imposte diverse tra ricchi e poveri. L'imposta che viene applicata è sempre la stessa perchè le aliquote fiscali si applicano solo ad un certo scaglione di reddito. Se il primo scaglione corrisponde a mille euro e prevede un'aliquota del 5%, tutti, sia ricchi che poveri, pagheranno 50 euro sui primi mille che hanno guadagnato nel mese. Chi raggiunge il secondo scaglione pagherà l'aliquota superiore per la sola parte di reddito che ricade nello scaglione superiore. Per esempio potrebbe essere prevista l'aliquota del 10% per i redditi che vanno da mille a diecimila. Chi guadagna duemila euro pagherà cento euro oltre ai cinquanta che ha già pagato per i primi mille. Il ricco che guadagna 500mila al mese, dopo aver pagato 50 per i primi mille dovrà pagare 900 euro per i novemila che ricadono nel secondo scaglione, ma gli restano altri 490mila da assoggettare a tassazione.
MOLTE ALIQUOTE GRADUALI
La legge fiscale del 1972 aveva istituito una scala di 32 scaglioni su cui si applicavano aliquote progressive, la più bassa del 10% e la più alta del 72% che colpiva i redditi solo per la parte superiore ai 500 milioni di lire all'anno (nel 1972 il prezzo di una casa oscillava tra i 5 e i 10 milioni). Il valore marginale dei soldi richiesti dal fisco a chi percepiva redditi equivalenti a cento case ogni anno non era elevato perché estremamente marginale rispetto a quello che può soddisfare i bisogni personali, anche i più frivoli.
Un elevato numero di scaglioni e di aliquote consente di modulare in modo graduale il prelievo fiscale. Lo scatto da un gradone al quello successivo non sarà molto forte. La riduzione del numero di scaglioni crea salti notevoli di aliquota nel passaggio da uno scaglione a quello successivo.
La progressività delle imposte non risponde soltanto ad un criterio scientifico di rispetto dei valori oggettivi, ma realizza anche una redistribuzione del reddito, perché toglie denaro dove ammassandosi in modo esagerato diventerebbe difficile da spendere. Lasciando più denaro nelle mani di chi ne ha poco non si compie un atto moralmente generoso, ma si favorisce quella propensione a spendere che deriva dalla necessità di soddisfare i bisogni primari, quindi si favorisce l'intero sistema economico. Il denaro lasciato nelle mani dei poveri torna subito al mercato per l'acuisto dei beni e diventa guadagno delle aziende, mentre il risparmio dei troppo ricchi potrebbe restare immobilizzato oppure viene destinato alle speculazioni finanziare che danneggiano l'economia produttiva del paese, come infatti sta accadendo in questi decenni in cui la progressività è stata ridotta passando dalle 32 aliquote del 1972 alle 5 aliquote attuali.
FISCAL DRAG
Esiste poi il problema del "fiscal drag" che viene generato dall'inflazione. Facciamo un esempio: se vengono definiti 5 scaglioni di imposta collocando il primo a 10mila euro l'anno, il secondo a 20mila, il terzo a 40mila, il quarto a 80mila e l'ultimo a 150mila si deve intendere che un reddito di 150mila euro è considerato un altissimo livello di ricchezza che rende molto marginale il valore del denaro. Se questo è vero, ed è sicuramente vero se il reddito medio di una famiglia corrisponde a mille euro l'anno, allora sarà giusto allocare oltre i 150 mila euro un'aliquota elevata. Ma l'inflazione determina una perdita di valore del denaro. Se la svalutazione porta alla necessità di almeno 30 mila euro l'anno per un modesto tenore di vita si verificherà che il reddito della famiglia media raggiunge anche il terzo scaglione e l'aliquota massima va a colpire chi si pone solo conque volte al di sopra, molto benestante ma non ricchissimo. L'ingiustizia deriva dal "dragaggio", cioè dall'effetto di trascinamento degli scaglioni verso le fasce basse di reddito.
Quando si verifica un periodo di inflazione
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