30 settembre 2017

Le intercettazioni giudiziarie

Da anni ascoltiamo polemiche sulla questione delle intercettazioni giudiziarie. Proviamo a fare un po' di chiarezza. Si dovrebbe essere tutti d'accordo sul principio per cui nessuno può essere condannato per fatti che non siano stati dimostrati in giudizio. Quindi occorrono prove. Per trovarle gli investigatori ricorrono alle intercettazioni telefoniche e ambientali che invadono la sfera privata. Le indagini possono riguardare anche persone che poi risulteranno innocenti, ma l'esigenza di giustizia richiede qualche sacrificio. Sarrebbe assurdo lasciare impuniti pericolosi criminali per imposssibilità degli inquirenti di violare la loro privacy.


Il segreto delle indagini.

Quando si parla di intercettazioni bisogna stare attenti a non confondere l'uso degli strumenti di indagine col segreto delle indagini. L'intercettazione è uno strumento ed è molto utile. Una giustizia efficiente deve poter indagare chiunque. La raccolta completa delle prove è necessaria per scovare i colpevoli, ma serve anche agli innocenti per dimostrare la propria innocenza. Il segreto in questa fase non costituisce un problema. Anzi, è un vantaggio per tutti. Diventa un problema solo se si protrae fino al processo, perché durante il processo l'accusa e la difesa devono affrontarsi ad armi pari, non possono esserci segreti altrimenti un'accusatore malevolo potrebbe occultare le prove dell'innocenza.

Il giudizio si deve svolgere nel pubblico foro. Tutto dev'essere mostrato affinché, al termine del dibattimento tra accusa e difesa, il giudice possa pronunciare un'equa sentenza. Lo farà in nome del popolo e davanti al popolo. Qualora fosse rimasta nascosta una parte della verità non potrà esserci un buon giudizio. La giustizia diventerebbe una sceneggiata.

La giustizia amministrata in nome del popolo dev'essere pubblica e trasparente, però dobbiamo giustamente chiederci se possa spingersi fino al punto di mostrare anche dettagli pruriginosi eventualmente scoperti durante le indagini. Talvolta sono dettagli importanti per ricostruire i fatti delittuosi, ma altre volte potrebbero essere ininfluenti. In quest'ultimo casi mettere in pubblico aspetti molto privati porterebbe la giustizia a travalicare il suo compito.
Ma a chi spetta il compito di tracciare la linea di confine tra le informazioni utili al processo e quelle inutili? Se concediamo questo potere al pubblico ministero accadrà che l'accusa potrebbe abusarne nascondendo tra le informazioni inutili quelle che una buona difesa avrebbe utilizzato per dimostrare l'innocenza dell'accusato. Anche un giudice potrebbe compiere il medesimo abuso. Perciò è necessario che il vaglio delle informazioni sia fatto con la partecipazione dell'accusa e della difesa. Solo se entrambe le parti hanno acconsentito ad escludere alcune informazioni dal processo possiamo immaginare che fossero effettivamente inutili sia per le ragioni dell'accusa, sia per quelle della difesa. Ed è proprio questa la soluzione scelta dal nostro codice di procedura penale.

Resta un ulteriore problema. Quando le informazioni raccolte dagli investigatori vengono mostrate alle due parti in causa, sia il magistrato inquirente, sia gli avvocati della difesa prenderanno cognizione di tutto, anche dei dettagli inutili che poi si deciderà di scartare dal novero degli elementi di prova. Cosa accadrà se uno di loro, violando la regola del segreto istruttorio, girerà l'informazione alla stampa? L'innocente che confidava fatti molto personali a un amico finito erroneamente tra gli indagati si troverà con le sue confidenze esposte al pubblico? In questo caso ci sarà un danno ingiusto, chi dovrà risponderne?

E' il giornalista che deve rispettare la privacy? deve rinunciare a pubblicare l'informazione che gli è stata fornita? oppure la responsabilità ricade interamente su chi ha violato il segreto? In tal caso si potrà costringere il giornalista a svelare la sua fonte?

Il nostro ordinamento giuridico offre già una soluzione a queste domande: i fatti personali non sono notizie, non possono essere pubblicati. Un fatto diventa notizia solo se esiste un pubblico interesse a conoscerlo. Una lite tra coniugi è un fatto personale, parlarne sarebbe un pettegolezzo, il giornalista che ascolta i pettegolezzi non può farne uso come se fosse una notizia perché il pubblico non ha alcun interesse a conoscere quella vicenda strettamente familiare. Però se i due coniugi litigando cominciano a lanciare oggetti dalla finestra il fatto diventa notizia perché, almeno a livello locale, crea un pericolo per tutti. Un altro esempio potrebbe essere la successione ereditaria o il matrimonio che normalmente sono fatti privati, ma possono diventare di interesse pubblico quando riguardano persone famose.

Le persone famose o quelle che esercitano funzioni pubbliche non riescono a tutelare la propria immagine e la propria privacy al pari degli altri. Conquistarsi una grande fama e invocare il diritto alla privacy è come pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca. La fama implica un'ovvia rinuncia alla riservatezza personale. Chi vuole conservare intatto il proprio diritto a vivere in modo riservato non deve cercare la fama e deve assumere incarichi pubblici. Occorre quindi non confondere due diversi problemi: la pubblicazione di fatti privati che il giornalista potrebbe aver carpito da chi è venuto a conoscenza di intercettazioni giudiziarie prive di valore nel processo (evantualità rarissima, di cui il giornalista può essere chiamato a rispondere), e il diverso caso della pubblicazione di notizie che riguardano questioni privati di persone famose, in particolare di uomini politici che vorrebbero mantenere una buona reputazione in pubblico pur avendo comportamenti privati che smentiscono questa reputazione o esprimendo giudizi che contraddicono le dichiarazioni pubbliche. Questi sono sempre fatti di rilevanza pubblica, non importa come abbia fatto il giornalista ad ottenere le informazioni, se sono vere diventano notizie, e non si tratta di gossip perché ai cittadini devono essere date tutte le informazioni possibili per poter giudicare i propri rappresentanti politici.

Quando sono i politici a lamentarsi delle intercettazioni tutto si riduce ad una lamentela nei confronti di se stessi. Non c'è alcun vuoto legislativo, non c'è alcun bisogno di riforme.

Alcune proposte di legge proteggono la privacy con l'effetto di imbavagliare i giornalisti.