29 agosto 2017

Il fastidio dei poveri

I poveri sono fastidiosi. Il fastidio non deriva solo dal mendicare, il povero disturba anche quando non chiede niente. La sua stessa esistenza ci mette a disagio. Forse c'è un vago senso di colpa, ma cosa ci potrebbe rendere colpevoli della disgrazia altrui? perché dovrei sentirmi in colpa se non ho fatto nulla? Eppure il senso di repulsione esiste e ha anche un nome, si chiama aporofobia.

Il povero è politicamente scorretto perché senza enunciare una critica alla nostra società, egli con la sua sola esistenza distrugge la perfezione dell'economia di mercato. Il povero è la denuncia vivente di un'ingiustizia. L'ingiustizia di chi non ha nulla mette in discussione l'avere degli altri. Ma noi come possiamo ammettere che le nostre poche e faticate proprietà siano ingiuste?




Nella società sempre più consumistica e sempre più competitiva l'aporofobia si va diffondendo.

Sui poveri ricade facilmente la condanna sociale di chi li considera incapaci o fannulloni, benché sia evidente che la povertà non è voluta; disoccupazione e sciagura possono colpire anche persone capaci e volenterose.

Il rifiuto del povero può diventare odio.

La presenza del povero incute il terrore della miseria che potrebbe colpire chiunque, ma non puoi salvare il povero dalla sua povertà senza impoverirti. Anche una piccola elemosina diventa pesante per chi è impegnato ad accumulare nel tentativo di emulare le persone di successo. Se la vita è solo una corsa al successo, il povero ci nega la possibilità di vivere, ci toglie la tranquillità. Quindi dobbiamo fingere di non vederlo, ma lui c'è, la sua disperata miseria è ben visibile, anche se non chiede nulla la sua povertà esprime bisogni, invoca un aiuto, ci complica la vita. E' chiaro che i poveri non dovrebbero esistere, non hanno il diritto di esistere perché la loro esistenza toglie agli altri il diritto di godere dei propri beni senza rimorsi di coscienza. Di tanto in tanto gruppi di giovinastri provano ad uccidere qualche barbone. In genere agiscono come se fosse un gioco. No, è una vendetta. Ma non basta ucciderli, bisognerebbe rimuovere i poveri anche dalla memoria.

L'odio nei confronti degli immigrati e dei rom può apparire razzismo o xenofobia, ma spesso origina dall'aporofobia: non ci interessa che siano negri o stranieri o sfaccendati, hanno la colpa di essere poveri.

In questi giorni lo sgombero dei rifugiati eritrei dal palazzo di via Curtatone ce lo ha mostrato. La violenza della polizia ha destato scandalo, la sola idea di malmenare persone già provate da abusi e persecuzioni dovrebbe suscitare orrore, invece moltissimi l'hanno giustificata e perfino esaltata, persone che non si sentono razziste. Infatti avrebbero accolto senza problemi gli stranieri facoltosi, non avrebbero protestato trovandosi come vicino di casa un ricco afroamericano. Il ricco viene accettato a prescindere dal colore della pelle e dall'appartenenza etnica. E' la condizione di povertà che risulta intollerabile.

In altri tempi queste emergenze avrebbero spinto ad affrontare la povertà come problema collettivo. Oggi assistiamo all'impoverimento di milioni di famiglie italiane come se fosse una calamità naturale. Ad eccezione della proposta del Movimento 5Stelle di un "reddito di cittadinanza", non ci sono altre proposte per risolvere questo grave problema nazionale. La lotta alla miseria delle politiche socialiste e kennediane non è riproponibile, non chiedetemi perché.  Le forze politiche di sinistra non riescono ad esprimere alcuna proposta sul fronte della povertà. Tutto viene sempre visto da un ottica privata e tutto viene ricondotto al confronto individuale. Un leader politico che volesse trovare una soluzione nazionale verrebbe accusato di tradimento. Nessuno deve pensare di poter usare denaro pubblico per le esigenze private dei poveri: li aiutasse lui prendendoseli a casa sua! Questa forma di individualismo è patologica perché la povertà non dipende dal singolo, se non in piccola parte. Colpevolizzare il povero, che è già vittima degli squilibri economici prodotti da altri, non è solo contrario ai valori cristiani, ma si pone in contrasto perfino coi princìpi di Adam Smith, padre del liberismo economico. Smith riteneva l'ammirazione verso i ricchi e il disprezzo dei poveri una forma di corruzione del carattere, diceva che occorre piuttosto ammirare i saggi e le buone persone e disprezzare gli stupidi.

L'aporofobia è il sintomo di una società corrotta. Il disprezzo dei poveri ci mostra che la nostra non è più una democrazia liberale. Una società che disprezza quelli che hanno fallito nella vita, quelli che hanno avuto cattiva sorte, è una società malata e disperata.