I giuristi si dividono tra coloro che giustificano il diritto di punire con le esigenze di difesa sociale e coloro che cercano un fondamento nella necessità di ristabilire l'equilibrio morale che è stato rotto dal crimine.
Simone Weil individua un nesso tra il senso profondo di giustizia e la finalità rieducativa della pena.
Coloro che sono divenuti estranei al bene al punto di diffondere il male intorno a sè possono essere reintegrati nel bene soltanto se si infligge loro del male. Bisogna infliggerne finché non si svegli in fondo a loro stessi la voce perfettamente innocente che dice con stupore: "perché mi viene fatto del male?"
Bisogna che questa parte innocente dell'anima del criminale riceva del nutrimento e cresca, fino a costituirsi essa stessa in tribunale all'interno dell'anima, per giudicare i crimini crimini passati, per condannarli, e in seguito, con il soccorso della grazia per perdonarli. L'operazione del castigo è allora ultimata; il colpevole è reintegrato nel bene e deve essere pubblicamente e solennemente reintegrato nella città.
