3 luglio 2016

Domare il toro

A New York, nei pressi del palazzo della borsa, c'è un toro infuriato. L'ha realizzato Arturo Di Modica, un artista siciliano che vive in America. E' un'opera comparsa dal nulla. Nessuno l'aveva commissionata, ma si è imposta come il simbolo del potere finanziario.
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La mattina del 16 dicembre 1989, poche settimane dopo la caduta del muro di Berlino, lo scultore italiano sistemò il suo toro davanti al palazzo della borsa. Non aveva alcuna autorizzazione e le autorità lo fecero rimuovere con una decisione che incontrò le proteste di molti cittadini. Avevano visto qualcosa di significativo nel bestione di metallo. Ottennero che l'opera comparsa dal nulla fosse ricollocata nella stessa zona, nell'area di Bowling Green, dove si trova adesso, ormai considerata un simbolo potente della forza americana e dell'aggressività dei broker di borsa. Ma il charging bull rievoca qualcosa di antico, ci ricorda l'idolatria del vitello d'oro che fu forgiato da Aronne ai tempi dell'esodo biblico. Era la medesima idolatria del denaro che domina gli affari di Wall Street.

L'idolatria del vitello d'oro

Mosè, disceso dal Monte Sinai, aveva fatto distruggere l'idolo facendo strage degli adoratori. A New York era accaduto il contrario. Il cuore finanziario del mondo cominciò a pulsare sempre più forte, gli agenti di borsa facevano affari sempre più grandi, inventarono la new-economy alimentata dallo sviluppo dell'elettronica e quando fu abbattuto il recinto legale che divideva il risparmio dei cittadini dalle speculazioni finanziarie (Glass-Steagall Act del 1933 abolito dal presidente Clinton nel 1998) sembrò quasi una testata del toro. E la finanza continuava a crescere. C'erano soldi per tutti, anche per chi non aveva soldi. Bastava chiedere un mutuo. I mutui generavano nuovo denaro che veniva impacchettato e redistribuito in tutto il mondo. Il toro scatenato delle ingegnerie finanziarie poteva correre su praterie infinite.

La caduta dei giganti

Nella primavera del 2008 la sua furia ormai incontrollabile travolse una banca americana, la Bear Stearns, e poco dopo il gigante finanziario Lehman Brothers che falli fragorosamente il 15 settembre 2008 con un ammanco di 700 miliardi di dollari.

Sette milioni di persone persero il posto di lavoro. Forti multe furono inflitte dalla SEC alla Goldman Sachs e alla J.P. Morgan per aver truffato i propri clienti. Una sanzione di 550 milioni di dollari alla Goldman Sachs nel 2010, un patteggiamento da 13 miliardi di dollari alla J.P.Morgan Chase che fu ritenuta la principale responsabile della truffa dei mutui subprime.

La sola truffa del London Whale, perpretata dalla J.P.Morgan, aveva provocato una perdita di sei miliardi di dollari. Ma il toro continuava ad imperversare, poteva travolgere tutti, faceva tremare il mondo. Nessuno poteva fermarlo perché le grandi banche erano troppo grandi per fallire (too big to fail). Il toro divorò quasi mille miliardi di dollari che il presidente USA sottrasse alle casse dello Stato per versarli nelle casseforti vuote delle grandi banche d'affari. Le tasse pagate dai risparmiatori già derubati venivano offerte in sacrificio per quietare il toro. Lo Stato correva in soccorso dei truffatori in nome di una necessità imposta dal too big to fail.

Gli occupanti di Wall Street

Allora qualcuno capì che bisognava domare il toro. Qualcuno sognò che a farlo potesse essere una graziosa ballerina che diventò il simbolo della pacifica protesta di Zuccotti Park (ex Liberty Plaza Park).



Era il 2011. Il toro aveva devastato tutto, aveva gettato in miseria milioni di onesti lavoratori, li aveva scacciati dalle loro case, li aveva lasciati senza un letto e senza cure...
Era arrivato il momento di unirsi nella protesta. Non una rivoluzione, come sembrava essere quella dei Gelsomini che aveva abbattuto il regime di Ben Alì in Tunisia (gennaio 2011) e aveva portato una folla immensa a Piazza Tahrir, in Egitto, costringendo alle dimissioni il presidente Mubarak. Occupy Wall Street doveva essere una protesta civile e ordinata, un appello rivolto al 99% dei cittadini soggiogati dall'oligarchia finanziaria dell'1%.

Anche in Italia, davanti al palazzo della borsa di Milano era apparsa una gigantesca statua, una mano dalle dita mozzate, opera di Maurizio Cattelan.
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Le dita mancanti sono le nostre, sono pezzi recisi di umanità, rappresentano i tagli economici imposti dal 'grande debito', ne emerge un gesto significativo, fiero e insolente. L'unica protesta che abbiamo visto in Italia, vista dai pochi, purtroppo, perché ai padroni della finanza non piacciono le proteste, soprattutto quando sono civili e intelligenti.

La protesta di Occupy Wall Street, iniziata il 17 settembre, si spostò nella vicina Liberty Plaza Park poi denominata Zuccotti Park da nome del suo proprietario, l'italo-americano John Zuccotti. Fu una protesta molto civile e molto intelligente che durò due mesi. L'idea era partita da una rivista canadese di arte anticonsumistica (Adbusters - cacciatori di pubblicità). Vi presero parte molti artisti e intellettuali (da Naomi Klein a Michael Moore, da Susan Sarandon a Slavoj Zizek). Rivedere Angela Davis col suo casco di capelli ricci e Joan Baez con la chitarra in mano, riaccendeva le speranze del '68. Ci furono anche Crosby e Nash. Lo slogan della protesta (we are the 99%) trovò piena corrispondenza col movimento spagnolo degli indignados (2012) e con le idee promosse in Francia dal libretto di Stephane Hessel (Indignez-vous). Poi la protesta dilagò anche in Grecia e nel 2013 arrivò in Turchia con l'occupazione di Gezy Park.

In quei giorni del 2011 vedemmo il toro recluso in un recinto. Sembrava ingabbiato.


Qualcuno poteva anche pensare che la polizia l'avesse arrestato, invece fu il toro a riprendere il comando. Il 15 novembre gli agenti furono inviati a sfollare la piazza. Spruzzarono i gas urticanti in faccia ai giovani inoffensivi. Arrestarono gli occupanti che volevano resistere.



E tutto tornò come prima, mentre i giornalisti raccontavano quei fatti come se fosse stata una goliardica carnevalata.