La scienza politica, si è
occupata molto di studiare i processi di democratizzazione, e ha
dimostrato ampiamente che il miglioramento socio-economico avviene
attraverso la capacità delle democrazie, di innalzare il livello
culturale di una nazione, investendo in sviluppo, ricerca, ma
soprattutto nella scuola pubblica di qualità. L' Ocse ha messo in
evidenza la bassa mobilità sociale che persiste nel nostro Paese, dove
il successo professionale e il reddito dipendono in larga misura da
quelli della famiglia di origine, si tratta di un fenomeno frustrante
per chi lo sperimenta, e che influenza in modo negativo la crescita
economica della nostra economia malconcia. Infatti, le retribuzioni e i
divari retributivi tra le diverse categorie di lavoratori, tendono a
mantenersi inalterati nel tempo, ad essere reiterato di generazione in
generazione. Nel nostro Paese, il cinquanta per cento del vantaggio
economico goduto dai padri ad alto reddito rispetto a coloro che
percepiscono stipendi bassi viene ereditato dalla prole, non solo, il
figlio di un genitore con istruzione universitaria ha oltre il cinquanta
per cento di possibilità in più di accesso allo stesso titolo di
studio.
L'Italia è sempre più analfabeta, e il messaggio di chi ha
la responsabilità di governo è chiaro: studiare non serve più. Il
modello attuale che viene sistematicamente proposto alle
nuove
generazioni è “ignorante è meglio”, è meglio essere ignoranti e ricchi
piuttosto che colti ma squattrinati. Non a caso la ricerca e
l'eccellenza non trovano collocazione nel mondo del lavoro, e le imprese
preferiscono assumere personale con la licenza media.
Il governo
taglia le spese all' istruzione proprio in un momento in cui solo
puntando sulla conoscenza si può ragionevolmente pensare di raggiungere
il plusvalore del capitalismo industriale su cui gli altri paesi possono
contare. Mentre nel nostro paese storicamente si continua a perpetuare
un modello imprenditoriale molto frammentato e poco orientato verso i
settori tecnologici, con il risultato che i nostri laureati in materie
scientifiche devono emigrare per svolgere un lavoro adeguato al titolo
di studio, e paradossalmente i pochi settori avanzati devono attingere
al capitale umano rivolgendosi all' estero.
[continua a leggere l'articolo di Loredana Biffo su PolicamenteCorretto]
Tutto questo in un panorama
attuale molto nero per la nostra economia, che diverrà nerissimo se non
si modifica la tendenza. Si pensi che oltre 5 milioni di cittadini non
hanno un titolo di studio, il 25 per cento degli studenti con la terza
media non sa leggere, scrivere e fare di conto. Tra gli studenti delle
superiori uno su cinque si ritira dalla scuola, mentre in paesi come
Norvegia, Svezia e Danimarca “non esiste abbandono scolastico”. Per non
parlare dei dati drammatici sull'analfabetismo di ritorno (non sono in
grado di comprendere ciò che leggono) della popolazione adulta.
Eppure
la politica tratta la questione come se fosse marginale, il problema
per loro non è un problema, del resto questo è funzionale a una classe
dirigente ignorante, si pensi al “Romolo e Remolo” del Presidente del
Consiglio, alla collocazione nel partito della Lega (a cui va il trofeo
dei somari) del figlio di Bossi, che col ghigno e l'ignoranza dell'
ultimo della classe diventa politico, ovviamente perchè figlio del
Senatur, a proposito di merito. Per non dire della Ministra Maria Stella
Gelmini che in quanto stella, brilla di luce propria con il suo
curriculum: laurea in giurisprudenza in sette anni, trasferimento a
Reggio Calabria per ottenere l'abilitazione per fare l'avvocato, entra
in Forza Italia con la carica di presidente del consiglio del comune di
Desenzano del Garda fino al 2000, anno in cui il suo partito la sfiducia
con la motivazione di “manifesta incapacità ed improduttività politica
ed organizzativa”, (delibera del consiglio comunale n.33 del
31.03.2000). E' certamente la persona più incompetente, e quindi adatta,
a fare il Ministro dell' istruzione in un paese dove abbonda la “grassa
ignoranza”.
Non c'è da stupirsi quindi che parlamentari e ministri
non si diano un gran da fare a potenziare gli investimenti pubblici
destinati al sapere e alla formazione delle nuove generazioni, però
potrà consolare il fatto che Campania e Lazio abbiano speso milioni di
euro in corsi per veline. Del resto il nostro tessuto produttivo è
composto perlopiù da piccole aziende, il nostro è un sistema
imprenditoriale che punta sulle braccia (preferibilmente precarie e
sottopagate) più che sulla testa. Infatti i settori che procurano alto
valore aggiunto, come l'hig tech e l'elettronica, non decollano.
Il
pezzo di carta, le competenze che ne dovrebbero derivare, sono l'unica
assicurazione contro la crisi, che statisticamente è stato dimostrato,
colpisce soprattutto i lavoratori con bassi titoli di studio, pur non
essendo rosea la situazione nemmeno per il laureati, che emigrano
all'estero. Purtroppo Cultura e apprendimento sono antitetiche alla
concezione affaristica e particolarista della politica e della società
dei berluscones, per fortuna c'è la Lega, che ci salverà facendo
studiare i dialetti a scuola, che naturalmente sono molto più utili
dell'italiano.
Loredana Biffo
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