30 maggio 2006

Nella mente dell'orco

Angelo Izzo, uno dei tre mostri del Circeo, dice di essere un uomo "di natura buona e generosa" [intervista a L'Espresso - n.21].

Izzo, già condannato all'ergastolo per i delitti del 1975, ha ucciso di nuovo e ora affronta il processo con un sorriso di provocazione e di scherno.




I serial killer agiscono di nascosto perché sanno di compiere atti orrendi, si vergognano di quegli impulsi che sono incapaci di trattenere. Talvolta arrivano ad invocare la punizione. Invece i tre massacratori del Circeo non si vergognano di niente, le loro famiglie hanno continuato ad assisterli e a proteggerli dalle applicazioni di una legge che per loro è il vero mostro.

Se il serial killer può essere assimilato al minotauro che divora le sue vittime all'interno di un labirinto di follia, Izzo non sembra folle, sembra essere un piccolo e lucido orco allevato amorevolmente insieme ad altri orchetti di buona famiglia. Non vede la propria mostruosità, si sente normale.

Dice di essere "un principe guerriero nato in un epoca sbagliata", credendo forse che ai tempi di Gilles de Rais gli orchi erano temuti e rispettati. Forse immagina tempi in cui una dissoluta nobiltà aveva il privilegio di poter seviziare e uccidere fanciulle innocenti godendo del plauso e della gratitudine popolare.

Dice anche di non avere rimorsi e rimpianti che sono solo perdite di tempo, debolezze.
Essere forte, risoluto, ricco e libero, ecco i suoi valori. La vita non è niente. La vita delle ragazze portate nella villa del Circeo e delle due donne che dovevano cedergli i soldi per scappare all'estero, era solo un intralcio ai suoi nobili "progetti".

Del suo primo delitto dice che "non avrebbe mai dovuto essere scoperto". Non dice che era sbagliato massacrare due ragazze invitate a passare un pomeriggio insieme. Il difetto è un passante troppo mattiniero che sente i lamenti umani provenire dal bagagliaio di una vettura parcheggiata.

Nessuno potrà mai riportare un uomo così nella dimensione umana. Izzo è un orco che dovrebbe abitare in qualche lontana isola di ciclopi, insieme a Guido a Ghira ed altri della stessa natura. Un'isola senza donne e senza bambini, dove nessuna nave dovrà mai avvicinarsi. Un luogo dove gli orchi possano seviziarsi e sbranarsi tra loro, godendo della propria feroce nobiltà.

Questo Izzo lo sa e quando dice di essere "un principe guerriero nato in un'epoca sbagliata" intende dire semplicemente di essere nel posto sbagliato. Quando dichiara di voler morire fucilato gridando al plotone di esecuzione "branco di porci!" egli si riferisce a tutto il genere umano da cui si sente diverso e superiore.

L'irreversibile disumanità di Izzo, analoga a quella di Pietro Maso e di Erika Di Nardo, non è un vizio della mente, è una malvagità naturale, banale, leonina. E' simile alla stupidità. I ragionamenti di questi ragazzi amorali farebbero ridere, come le innocenti sciocchezze dei bimbi, se non contenessero la truce volontà di dare la morte.