22 maggio 2017

Il prete partigiano

Don Andrea Gallo è morto quattro anni fa, ma il suo insegnamento da prete di strada è ancora vivo e attuale.
Nan era il suo nome da partigiano. E' stato prete per tutta la vita conservando sempre la grinta libertaria e combattiva. Un marinaio genovese che ha saputo interpretare il suo sacerdozio nel vero spirito del falegname di Galilea, sempre irriverente e anticonformista, ha sostenuto la lotta radicale per la legalizzazione delle droghe, ha sostenuto la lotta per il rispetto degli omosessuali, ha partecipato alle manifestazioni contro la base militare di Vicenza (No Dal Molin) e contro i trafori in Val di Susa (No Tav), era tra i No-Global nel luglio 2001 accanto a Franca Rame, è stato sempre vicino agli ultimi, ai drogati, alle prostitute e ai transessuali, senza rinunciare a condividere il suo spirito creativo con artisti e musicisti.



Un orribile revisionismo cerca oggi di criminalizzare la lotta partigiana e vorrebbe contrapporre i buoni (partigiani bianchi) ai cattivi (partigiani rossi). Don Gallo era la prova di quanto fosse ideologicamente falsa questa contrapposizione. Lui, sicuramente bianco, angelico, non disdegnava di indossare la sciarpa rossa e alzare il pugno chiuso, perché gli ideali democratici, fondati sui valori di uguaglianza, libertà e solidarietà, avevano unito tutti gli antifascisti in un sentire comune da cui germogliò la nostra carta costituzionale.
« Comunista? Eh, la Madonna! Socialista? Ultimo dei no global? Mi sono state attribuite tante etichette ma io non ho scelto un´ideologia, a 20 anni ho scelto Gesù: ci siamo scambiati i biglietti da visita e sul suo c´era scritto ‘sono venuto per servire e non per essere servito´. »


"Quando aiuto la gente che ha fame mi dicono che sono un bravo prete. Quando domando perché quella gente ha fame mi chiamano comunista."

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