11 giugno 2006

La scuola assediata dal disprezzo

Si è sempre detto che gli insegnanti italiani sono i meno pagati d’Europa a causa del loro grande numero. Anche un aumento di poche decine di euro diventerebbe, moltiplicato per 800.000, un costo insopportabile per le casse dello Stato. 

Ma forse il problema non sta nel numero, e per capirlo basta considerare che nell'ambito della politica e para-politica vengono retribuiti lautamente 150.000 eletti negli organi rappresentativi oltre ai cooptati per incarichi e consulenze che raggiungono il ragguardevole numero di 428.000. [stima di Salvi e Villone nel libro "Il costo della democrazia" ]

 
A questo elevatissimo numero corrispondono compensi ancor più elevati. Le cariche politiche e le consulenze, anche per compiti palesemente inutili, creati solo per ragioni di equilibrio partitico e clientelare, sono sempre considerate di alto valore.

E' evidente che il problema non è il numero, ma la scala dei valori

Torniamo all’esempio degli insegnanti e proviamo a chiedere a qualcuno perché guadagnano così poco (meno degli impiegati, meno dei tecnici, meno della metà degli insegnanti stranieri). Nessuno risponderà valutando le competenze richieste o i risultati raggiunti, nessuno ci dirà che in Italia si insegna meno o peggio che negli altri paesi. La risposta verrà tratta piuttosto dal raffronto con altri mestieri, che non sono quelli di altri curatori di persone e di interessi esistenziali come sono medici, giudici, psicologi, avvocati, ecc., ma si dirà che per insegnare non si fa la fatica del minatore, dell’operaio alle presse, non si fanno i turni del ferroviere. 

Una maestra ci direbbe di provare a gestire per qualche ora un vivace gruppo di bambini per capire se non c’è anche una fatica fisica oltre al logoramento psichico, ma non è questo il punto, e lo sappiamo tutti perché nessuno farebbe mai un analogo raffronto tra un medico e un operaio, tra un ferroviere e un ingegnere e nemmeno tra un dirigente e un impiegato per i quali una certa similitudine potrebbe pur esserci. Nessuno lo fa perché non ha senso paragonare in termini di tempo e fatica le prestazioni lavorative materiali ed esecutive con gli impegni e le responsabilità intellettuali.

Allora perché degli insegnanti non si misura mai il valore dell’insegnamento, non si considera l’apporto che essi danno e sono tenuti a dare allo sviluppo civile, morale, sociale ed economico della nazione?

Credo che la risposta sia semplice ed evidente: sono valori di cui ci importa poco o nulla. E ne abbiamo la riprova nel fatto che le retribuzioni più alte vanno proprio a chi opera per finalità opposte, per chi ci offre spettacoli di ignoranza, volgarità, arroganza e anche corruzione e violenza come nel mondo del calcio o della cattiva televisione.

Non ci chiediamo mai quanta fatica fa un arbitro o un dirigente di società sportive o un presentatore tv... non li paragoniamo mai ai "veri" lavoratori. Sappiamo bene che i loro guadagni non vengono da una fatica materiale, ma in alcuni casi da qualche talento particolare e comunque dall'appartenenza ai modelli più importanti nella scala sociale, mentre gli insegnanti operano sui valori-spazzatura (lettura, eloquenza, scienza, gusto artistico, senso civile, competenze professionali).

Ogni volta che si tocca il problema della retribuzione degli insegnanti emerge, insieme a questo disinteresse o disprezzo per i valori "alti" anche una incapacità di vedere e considerare l’importanza chi deve crescere. I piccoli sono di fatto ignorati da tutti. Ci interessano solo per la loro inesauribile potenzialità di acquisto e di consumo. Diamo per scontato che la loro crescita sia un fatto automatico, senza qualità. I piccoli dovrebbero diventare educati, bravi, istruiti e magari anche felici e soddisfatti solo in virtù del compiacimento familiare.

Vuoi che sia un vero lavoro quello di coltivare la mente, l’intelligenza e la fantasia di un bambino o di un ragazzo? c'è forse bisogno di cultura, di talento, di fantasia, di psicologia o di capacità comunicative per stimolare, appassionare e insegnare? Ma no, non serve niente, basta qualcuno dietro la cattedra che parla a vanvera, scrive due formule sulla lavagna e butta ogni tanto qualche rimprovero. Ci basta questo. E per questo, sono d’accordo anch’io, non serve né una gran competenza, né un gran stipendio.

Al disprezzo per il sapere e alla negazione della giovinezza, si aggiunge infine un'altra discriminazione: visto che badare i piccoli è un lavoro comodo e tranquillo di cui sarebbe capace chiunque, lasciamolo fare alle donne. 
Così dopo le faccende domestiche per cui non è previsto alcun compenso, la scuola diventa un ghetto femminile simile a quello che erano un tempo le filande e le risaie: lavori comodi, semplici e tranquilli.
Anche a scuola le donne lavorano bene e chiedono poco. Ma quei politici tanto preoccupati degli squilibri educativi che potrebbero derivare da una coppia di genitori dello stesso sesso, non hanno niente da dire di una carriera scolastica fondata tutta su modelli educativi femminili?

Tre barriere mentali innalzate contro la conoscenza, contro i giovani e contro le donne condannano la scuola italiana ad un ruolo di disprezzata Cenerentola di cui tutti vedono e giustificano lo squallore e la miseria, nessuno vuol vedere le potenzialità. Eppure il futuro dell'Italia è tutto nelle mani di quella Cenerentola.