17 ottobre 2017

Carrierismo

Il giudice Andrea Mirenda ha rinunciato alla posizione dirigenziale di Presidente di Tribunale per tornare a fare il semplice lavoro di giudice di sorveglianza.

Autodeclassamento, scrivono i giornali, ma l'interessato fornisce una diversa spiegazione: "voglio mettere in luce la dignità profonda del lavorare come semplice giudice, senza questa ansia di prestazione di fare altro e recuperando la massima attenzione alle istanze del cittadino".

Il carrierismo è sbagliato perché spinge il giudice a guadagnarsi meriti particolari partecipando a consigli giudiziari, associazioni, correnti, attività sindacali o mettendosi in mostra in altro modo, ma i cittadini non chiedono questo. "I cittadini da noi attendono decisioni, non che scriviamo trattati. Noi dobbiamo amministrare la giustizia in un tempo ragionevole, con prudenza e saggezza e dedizione."
E' l'impegno ordinario e quotidiano che può fare un buon giudice, l'attenzione per ogni piccola richiesta di chi si rivolge alla giustizia, la comprensione del caso personale, la ricerca accurata della verità.

Probabilmente questo magistrato sarà considerato un bastian contrario. Un membro del Consiglio Superiore della Magistratura ha già definito la sua scelta come una polemica fuori luogo venata da populismo giudiziario. Invece io credo che il giudice Mirenda abbia tutte le ragioni dalla sua parte. Il carrierismo è una perversione. Lo vediamo anche a scuola, dove gli insegnanti dovrebbero dedicarsi all'insegnamento, al semplice impegno ordinario e quotidiano che richiede tempo, attenzione e comprensione. Invece anche nelle scuole è arrivata la perversione del carrierismo. I docenti competono tra loro per scalare i gradini della carriera. Una finta carriera fatta di incarichi di coordinamento, di staff e di funzioni strumentali. Alcuni neanche si accorgono che le apparenti promozioni li declssano verso servizi organizzativi e burocratici, mansioni che hanno carattere ancillare rispetto alla docenza.

Il carrierismo è sempre distruttivo, nella giustizia, nella scuola, nella sanità, nel giornalismo. Distrugge innanzitutto la dignità professionale. Giudici, insegnanti, medici e giornalisti dovrebbero rifiutare ogni tentazione carrieristica per preservare la loro indipendenza di giudizio e di pensiero. Il carrierismo trasforma gli uomini in caporali.

Le funzioni di coordinamento dovrebbero essere assegnate a rotazione, senza competizione. L'esca del carrierismo nasconde la vecchia strategia del divide ed impera. Il carrierismo tra i giudici, i docenti e i giornalisti (le tre categorie prese di mira da ogni involuzione antidemocratica, come abbiamo visto recentemente in Turchia) svilisce le più belle professioni intellettuali ed erode la fondamenta della democrazia.