25 aprile 2024

25 aprile - festa dell'aria pulita


 La Festa della Liberazione quest'anno sembra accendere più polemiche del solito. E' stata per anni  la festa divisiva. Divideva gli italiani che rievocavano con gioia il ritorno alla vita normale, perché è normale poter vivere nella libertà, dagli italiani che si appartavano richiudendosi in una sorta di rimpianto e di lutto. Ora gli ex appartati ricoprono le più importanti cariche istituzionali della nazione e questo sposta l'attenzione su di loro, che non potranno mai cantare Bella Ciao! e non potranno mai dirsi antifascisti se non pronunciando una scomoda falsità. 

 Ne riparleremo perché il caso Scurati ha fatto emergere aspetti non secondari dell'attuale situazione politica, ma qui vi propongo le parole di Bartolomeo Camiscioni (detto Alberto).

 

1948, avevo nove anni, ‘nù bardasc’. Ricordo una primavera dolce. Al pomeriggio facevo i compiti ed ascoltavo la radio. Le trasmissioni sulla prima campagna elettorale per le elezioni politiche della appena nata Repubblica d’Italia mi appassionavano. Alla sera discussioni con vicini di casa, studenti molto più grandi, su chi aveva detto cose più giuste. I vicini tifavano Partito Comunista. Io Partito Socialista. E, dopo aver ascoltato Nenni, non capivo il Fronte Democratico Popolare. Stare insieme ai comunisti mi faceva arrabbiare. E litigavo con i miei vicini di casa.

Ma una cosa ci faceva subito riappacificare: l’antifascismo. Bastava la parola!

Si tornava a litigare immediatamente dopo perché mettevo, il più piccolo, in discussione la partecipazione alla campagna elettorale e quindi alle elezioni del 18 e 19 aprile 1948 del partito fascista Movimento Sociale Italiano di Almirante!

Nel mio giovane ragionamento un partito fascista non doveva essere ammesso dopo una guerra di liberazione dal nazifascismo. Il fascismo aveva perso storicamente e sul campo!

Il mio vicino, grande e saputello, il più comunista, mi spiegò che avevamo raggiunta la democrazia, che l’MSI lo dovevamo battere sul campo elettorale, eccetera, ……. Ma!

2024, ho raggiunto ottantacinque anni, ‘nù vecchiet’. Il ricordo va ancora al 1948, ad una sera in cui i miei vicini studenti mi hanno raccontato il fascismo che per quasi vent’anni avevano vissuto: lo squadrismo manganellatore e assassino, il terrore, la paura di non rientrare a casa –o rientrare ammaccati- quando si usciva al calare del sole, l’oppressione, il ricatto, la propaganda con la creazione di “nemici”, le polizie politiche, la delazione, l’oscurantismo culturale. Tutto questo e tanto altro che rendeva la vita priva di libertà e di tranquillità, specie per i giovani. Ed il saputello, lo studente all’ultimo anno del liceo classico, concluse con una frase tipo: -la dittatura ha schiacciato il popolo italiano che invece dall’unità d’Italia, 1861, faticosamente cercava la sua strada per la costruzione del “cittadino” italiano.  

Alberto usa una parola illuminante: delazione. Nel ventennio fascista non c'era solo la prepotenza e la corruzione dei gerarchi fondata sulla violenza degli squadristi, il fascismo era un'aria avvelenata che penetrava anche dentro le case. La soffiata che poteva rovinare la vita di un tranquillo cittadino poteva arrivare anche da un parente o da un familiare. Il rischio era noto a tutti e questo toglieva la libertà di parola anche tra colleghi, tra vicini di casa e perfino intorno alla tavola che riuniva la famiglia. 

Il fascismo non era solo un regime, era un'aria angosciante e soffocante.

L'ho scoperto dalle parole di nonna che, quand'ero bambino, mi raccontava di mio padre: lui durante il fascismo era un ragazzo, era convinto che Mussolini fosse un uomo eccezionale che stava facendo grandi cose per l'Italia. Lo credeva perché a scuola lo indottrinavano così, ma il padre, cioè tuo nonno, non era dello stesso parere, perché aveva visto i tempi passati in cui cui non c'era la dittatura e non si era obbligati a prendere la tessera del partito fascista per poter lavorare e non passare guai. Discutevano animatamente, padre e figlio, ma per fortuna - aggiungeva mia nonna con una punta d'orgoglio - in casa nostra non c'era rischio. Non c'era rischio significava che mio padre, pur credendo nella propaganda fascista, non avrebbe mai denunciato che c'erano antifascisti in famiglia. Quella per mia nonna quella era stata una particolare fortuna: il veleno fascista circolava in casa ma non aveva avvelenato l'anima.

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