29 aprile 2024

Giorgia, uber alles


Il discorso di Pescara ci mostra bene, al di là di ogni polemica su fascismo e antifascismo, la direzione in cui ci stanno trascinando: una donna sola al comando.

Votate Giorgia! Sulla scheda delle prossime elezioni europee basterà scrivere Giorgia. Lei ci dice che le prossime elezioni non riguardano il Parlamento europeo, saranno un referendum sulla sua persona.

Quanti inganni confluiscono in questa propaganda?

1) Giorgia Meloni è il Presidente del Consiglio, quindi sappiamo che non andrà al parlamento europeo, perciò non dovrebbe candidarsi;
2) Il Presidente del Consiglio è posto alla guida del governo nazionale, deve amministrare la cosa pubblica nell'interesse comune di tutti i cittadini, perciò, finché occupa quella posizione, non dovrebbe prender parte alla campagna elettorale neanche come semplice sostenitore del suo partito;
3) Nei simboli dei partiti non dovrebbero mai esserci nomi di persona, perché il partito non è un feudo personale;
4) Nelle liste dei candidati è possibile aggiungere al nome anche l'eventuale soprannome o il diminutivo con cui il candidato è conosciuto (per esempio Beppe invece di Giuseppe oppure Giacinto detto Marco) ma Giorgia non è il diminutivo di Giorgia e neanche un soprannome che dovrebbbe essere diverso dal nome, perciò gli uffici elettorali dovrebbero rifiutare quella inutile dicitura “detta Giorgia”, ma probabilmente non lo faranno. La legalità è ormai considerata un fastidioso intralcio che i potenti e i prepotenti hanno diritto di scansare;
5) Il tentativo di trasformare le elezioni europee in una competizione di carattere politico nazionale o addirittura in un test di fiducia al governo è un gioco scorretto. La rappresentanza italiana al Parlamento Europeo non può passare attraverso l'esecutivo e il governo italiano non può dipendere dagli equilibri politici dell'UE;
6) Se per assurdo si volesse fare un test di consenso popolare al governo, questo non si dovrebbe comunque concentrare sul nome o sulla persona del Presidente del Consiglio perché nell'ordinamento costituzionale italiano non è un Capo di governo, ma semplicemente un Primo ministro. Quell'enfasi sul nome del premier costituisce un tentativo di sopraffazione rispetto agli altri componenti del governo. 

Quando Silvio Berlusconi fece inserire il suo nome nell'emblema di Forza Italia lo fece per ingannare gli elettori. Forza Italia era già un inganno perché non è un nome, non indica una parte politica, è solo un'espressione esortativa, corrisponde all'acclamazione calcistica di cui non si può appropriare un singolo partito. Il cognome del leader dentro il simbolo stravolgeva la logica democratica. La legge elettorale vigente nell'epoca pre-berlusconiana non ammetteva differenza tra i vari candidati, non prevedeva alcun vantaggio per il capolista, solo le preferenze espresse dagli elettori potevano indicare quale fosse il candidato più gradito. Ma Berlusconi non si limitò a personalizzare il partito, si propose come "Presidente". Presidente di che cosa, se alle elezioni politiche in Italia non si elegge alcun presidente?

Era un inganno. Faceva pensare all'elezione diretta del governo che in una democrazia parlamentare, com'è quella italiana, non è ammissibile. Con quell'inganno Berlusconi tentava di espropriare un potere del Capo dello Stato costringendolo a conferire l'incarico di governo al prepotente che grazie al suo strapotere economico e mediatico aveva imposto il proprio nome come un dato insostituibile, quasi il nome del partito.
In un logica democratica questo comportamento evidentemente prevaricatore e truffaldino avrebbe dovuto indurre il Presidente della Repubblica ad escluderlo dalla scelta. Ma le cose non sono andate così. L'inganno ha funzionato, molti italiani si sono lasciati ingannare, il Capo dello Stato ha ceduto, e dal 1994 il confronto politico s'è trasformato in una competizione personale con annessa tifoseria.

Gli italiani ora dovrebbero liberarsi degli inganni di cui sono stati vittima nell'era berlusconiana, l'era del grande declino italiano, invece Giorgia Meloni procede nella stessa direzione e intende peggiorarla perché ora sta cercando di personalizzare perfino le elezioni europee con una propaganda in cui cerca di sommare agli inganni berlusconiani, che lei ci ripropone, anche l'emulazione del populismo peronista che seppe ben sfruttare il nome e il carisma di una donna: Evita.

A Pescara Giorgia Meloni ha detto "ho deciso di scendere in campo!" ripetendo così le parole pronunciate trent'anni fa da Silvio Berlusconi. Erano parole che evocavano fin dall'inizio il campo di calcio dove i tifosi si recano senza alcun bisogno di ragionare, ma solo per manifestare entusiasmo per la squadra del cuore e disprezzo per gli avversari. Da allora il confronto politico è totalmente degenerato, ridotto allo scambio di insulti.

Berlusconi "scendeva" in campo dall'alto del suo potere economico e del suo potere mediatico. Lui vedeva nella politica qualcosa che sta in basso rispetto alla forza del denaro e all'egemonia della televisione. In quegli anni un'inchiesta giornalistica britannica descrisse l'ascesa di Berlusconi come fenomeno di videocrazia.
Ora Giorgia Meloni dice orgogliosamente di essere "donna del popolo", come Evita, ma anche lei usa la stessa metafora dello scendere. Lei scende dal suo trono di capo del governo e così ci svela la sua visione autoritaria che pone il governo in una posizione più elevata rispetto al campo politico (Parlamento nazionale e Parlamento europeo sono gli organi sovrani della democrazia) e lo ribadisce quando afferma che è quasi un suo dovere partecipare alla competizione in qualità di leader dei conservatori europei.

L'Europa avrebbe bisogno di un Parlamento, organo rappresentativo di tutti i cittadini, con più poteri rispetto alla Commissione che è un organo di tecnici nominati dai governi. Invece la via indicata da Giorgia Meloni va nella direzione opposta, riduce i partiti a greggi di pecore guidate dai leader, vede nel parlamento un'arena per polli da combattimento.

C'è anche un'altra parola che Giorgia Meloni ha usato nel suo discorso di Pescara. Dopo aver detto, due mesi fa, di aver già indossato l'elmetto, ora dice di essere "un soldato". Berlusconi si autodefiniva in tanti modi, ma non come soldato.

[qui il video del discorso integrale]

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