4 marzo 2024

Economia: dall'oppressione alla speranza - il laboratorio abruzzese

Nel video registrato pochi giorni fa c'è un comizio. E' il candidato del centro-sinistra per le prossime elezioni regionali in Abruzzo: Luciano D'Amico. Un discorso di poco più di mezz'ora. Mia figlia mi ha detto che non serve a niente registrare e pubblicare un video così lungo, ormai nessuno guarderebbe un video che dura più di un minuto. Probabilmente ha ragione. Vedo anch'io una comunicazione ridotta a slogan e battibecchi, tra poco non andremo più oltre il rutto. Eppure continuo a pensare che bisognerebbe ascoltare qualche discorso prima di decidere se votare e chi votare.


A parlare non è un politico. In Abruzzo la sinistra (il c.d. campo largo) ha scelto un professore di economia. Qui lo vediamo in piazza mentre risponde a varie domande e per ogni proposta offre anche una spiegazione.
Non riesce a dire nulla senza chiarire il meccanismo economico che potrà sostenere ogni sua proposta. Viziaccio dei professori. Così il discorso diventa lungo e pedante, ma forse è l'unico modo per mettere gli elettori in condizione di fare una scelta informata e consapevole. Pochi lo ascolteranno? Non lo so, ma a stupirmi è il commento di un amico che mi dice: "va bene, tante belle parole, ma in fin dei conti lui non dice dove andrà a prendere i soldi. In fin dei conti sono solo le solite promesse elettorali".

Il commento mi lascia interdetto: tutte le spiegazioni date sono state vane? Le parole spese sulle trappole dell'autonomia differenziata, sul valore economico del settore sanitario, sulle produzioni culturali, sui contributi connessi alle concessioni autostradali... tutto inutile? solo promesse elettorali? 

Ci ho riflettuto e ho capito che il commento non era sbagliato. In effetti il professor D'Amico non dice mai DOVE andrà a prendere i soldi, cioè A CHI intende sottrarli per darli a noi abruzzesi. E quando si parla di soldi siamo abituati a pensare solo in questo modo, perché finora ci hanno sempre parlato dei flussi monetari legati al dare e all'avere. Non ci dicono mai che la finanza è una cosa diversa dall'economia. Così adesso, nel sentire un comizio basato su progetti economici, non se ne coglie il senso. 

E' vero, il professor D'Amico non dice A CHI vuol prendere i soldi, anzi arriva a dire che NON vuole favori dal governo centrale. Lui ci dice una cosa diversa, cioè COME si possono creare le risorse necessarie. Parla di attività, di sinergie, di infrastrutture, di capacità delle persone, del valore della formazione dei giovani... tutto orientato a quel fare che può generare nuovi beni e nuovi servizi, cioè ricchezza. Ci indica anche da dove venivano le risorse che hanno consentito all'amministrazione regionale uscente di realizzare le opere che ha realizzato: non erano regalie del governo nazionale.

Siamo talmente disabituati a questo modo di guardare concretamente al FARE delle persone piuttosto che all'attesa di finanziamenti o alla richiesta di favori politici, che non riusciamo più a comprenderlo. Nel discorso fatto a Chieti lui non usa mai la parola "investimenti", preferisce dire "produzione" o avviamento di "aziende". Siamo così male abituati che quasi non si coglie la differenza. Eppure fu questo sguardo diretto ai bisogni e alle cose concrete che consentì a John Maynard Keynes di suggerire una via d'uscita dalla grande depressione che nel secolo scorso aveva gettato gli USA nella miseria e nella disperazione.

 E' economia, questa sconosciuta.

Non riusciamo più a capirlo e pensiamo che economia sia solo rigore contabile: vincoli di bilancio, dittatura dei mercati, tagli imposti da politiche di austerità, recupero debiti, tasse e inflazione...

Da troppi anni sulla scena politica vediamo politicanti da strapazzo, ignorantissimi come Salvini, Meloni, Calderoli, Santanché... o soubrettine passate dalle cene eleganti del Cavaliere ai ruoli istituzionali e accanto a loro i personaggi che ci vengono presentati come ECONOMISTI ma non lo sono affatto:

Renato Brunetta (laureato in scienze politiche);
Giulio Tremonti (giurisprudenza);
Carlo Cottarelli (scienze bancarie);
Denis Verdini (scienze politiche);
Giovanni Tria (giurisprudenza);
Roberto Gualtieri (storia contemporanea)
Armando Siri (diplomato).

Tolti questi finti economisti, ci restano i bocconiani, cioè gli esperti di finanza come Mario Monti, Giancarlo Giorgetti, Mario Draghi ed altri tecnici provenienti dal mondo bancario, un mondo dove girano soldi ma non si produce nulla.

Draghi sembra essere l'unico a potersi fregiare del titolo di economista. Lui oltre alla laurea in Economia è stato allievo di Federico Caffè e di Franco Modigliani, due importanti economisti di scuola keynesiana, ma ben presto Draghi ha deciso di intraprendere altre vie, passando dalle generose svendite dei beni pubblici in qualità di funzionario statale, alle manovre finanziarie di Goldman Sachs. E' diventato il superbanchiere della BCE e quando arrivò a Palazzo Chigi chiamò al suo fianco, come consiglieri economici, un gruppo di neoliberisti tra i quali spiccava il nome del prof. Francesco Giavazzi (laureato in ingegneria elettronica) esponente della scuola economica di Chicago, quella del famigerato Milton Friedman, fondatore della dottrina monetarista e ispiratore delle politiche neoliberiste di Margaret Thatcher e Ronald Reagan.

Uno sguardo nuovo

Ecco perché ora è stupefacente ascoltare il prof. D'Amico che parla da economista e ci spiega come l'economia abruzzese potrebbe ripartire e cosa occorre per cominciare a farlo.
Forse non è niente di nuovo, niente di speciale, ma per noi si pone come uno sguardo nuovo su un mondo nuovo, così nuovo che molti stentano a crederci.
D'Amico non è un banchiere, non è un bocconiano, non è un tecnico di manovre finanziarie, non è un venditore di derivati, non è un lobbista, non è un mago della finanza creativa. Il prof. D'Amico è solo un economista che spiega, per ogni sua proposta, qual è il motore economico che potrà sostenerla. 

Se gli abruzzesi non si faranno distrarre da altro e non cadranno nella sfiducia cronica, nelle trappole del clientelismo e nei facili inganni da vecchia politica, l'Abruzzo potrà diventare il laboratorio di una straordinaria rinascita economica. Sarà il buon modello da esportare. E un primo passo probabilmente c'è già stato. L'ho capito ascoltando le parole del senatore Mario Turco all'incontro pubblico organizzato dal M5S. L'economista che è stato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (in quel governo Conte che riuscì a rovesciare la logica economica europea facendola passare dalle ristrettezze monetariste che strangolarono la Grecia al solidarismo del Recovery Fund) ci ha raccontato quello storico passaggio, che in precedenza non era riuscito a Yanis Varoufakis, dicendosi grato agli insegnamenti ricevuti dal professor Luciano D'Amico. 

La terra che ha dato i natali a figure straordinarie del pensiero economico: da Ferdinando Galiani fino ai moderni come Raffaele Mattioli, Federico Caffé, Claudio Napoleoni, Marcello De Cecco a cui aggiungerei anche Enrico Mattei, nato nelle marche ma cresciuto tra Casalbordino e Vasto, potrebbe diventare un laboratorio della nuova economia. Proviamoci!

    

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