30 ottobre 2023

Aspettando una nuova Caporetto

Un documentario storico curato da Aldo Cazzullo e trasmesso da La7 (Caporetto - Una giornata particolare) ha mostrato alcuni aspetti della Grande Guerra che non c'erano nei libri di storia, perché la storia, quella scolastica, descrive gli assetti geopolitici e le cause economiche e sociali che hanno condotto alla guerra, poi ci sono le mappe dei territori conquistati o persi. Non ci sono gli aspetti organizzativi.

Sappiamo tutti che la 1^ gruerra mondiale fu una guerra di trincea. Ma che significa guerra di trincea? il documentario lo mostra molto bene e aiuta a comprendere meglio anche i versi della Veglia e di San Martino di Giuseppe Ungaretti, il poeta che a quella tragedia prese parte, come Carlo Emilio Gadda, come Silvio D'Amico ed altri che non si lasciarono ubriacare dalla retorica bellicista, futurista e dannunziana.

In quella Grande Guerra, lì sui monti del Carso, c'era anche mio nonno, ma io non l'ho mai conosciuto. Era mia nonna a riferirmi qualcosa di ciò che aveva saputo dal marito e dal fratello, fante in prima linea. Mi diceva che il 4 novembre non era una data da festeggiare perché quella guerra per lei era stata una grande sconfitta, una inutile e insensata carneficina. Mi diceva anche che i generali italiani, incapaci di gestire le strategie militari, si erano accaniti contro i loro stessi soldati ordinando in modo scellerato fucilazioni di innocenti: "mandavano i soldati allo sbaraglio, ordinavano attacchi inutili e impossibili, e poi li uccidevano sparando ai fuggiasci per incutere coraggio negli altri, i sopravvissuti che dovevano farsi uccidere dagli austriaci."
Il documentario di Aldo Cazzullo mi conferma i racconti di mia nonna.

Avrei voluto attribuire quei giudizi all'eccessiva sensibilità di una donna, forse troppo colpita dal racconto di qualche isolato episodio di ingiustizia, invece è storia: centinaia di soldati estratti a sorte per essere fucilati senza processo, decimati o uccisi durante gli assalti, condannati a morte come monito per gli altri, crivellati per ordine dei loro stessi comandanti durante le ritirate. 

"Gli italiani hanno soldati buoni, ufficiali mediocri e generali scadenti"

Non erano solo scadenti quei generali, erano anche criminali: Cadorna, Badoglio, Cavaciocchi, Capello, Graziani... incapaci, presuntuosi, fanatici, vigliacchi.

Qualcuno ora, citando il diario di Carlo Emilio Gadda, sostiene che c'era del vero nel bollettino con cui il generale Cadorna si autoassolveva scaricando le colpe sui propri soldati accusati di viltà e di tradimento. Molti si erano consegnati spontaneamente ed erano contenti di farsi catturare dai nemici. Lo conferma anche Rommel nel suo racconto dell’occupazione del monte Mrzli. Ma nessuno si chiede come e perché? Cosa avevano subito quei soldati per desiderare la resa e festeggiare il nemico?

C'è poco da giustificare dicendo che l'ignobile bollettino di Cadorna conteneva anche qualcosa di vero. La colpa non fu dei soldati. La reazione del generale Graziani che ordinava fucilazioni per futili motivi lo conferma. E Badoglio riuscirà anche in seguito a dimostrare il proprio istinto criminale nello sterminio chimico degli inermi civili d'Etiopia, e poi dimostrò la propria vigliaccheria quando insieme al Re si darà alla fuga dal porto di Ortona.

Forse la base di immoralità presente in ogni esercito si concentra maggiormente sui gradi più elevati e rende odiosi quasi tutti i comandanti. Da sempre i saggi ce lo dicono:

I soldati dovrebbero temere il loro generale ancor più che il loro nemico.
(Michel De Montaigne)

Ha l’arguzia della sua malvagità, la smemoratezza della sua età, la limitatezza della sua stirpe e la brutalità del suo mestiere: un grande generale.
(Elias Canetti)

Per gli storici, i principi e i generali sono dei geni; per i soldati sono sempre dei vigliacchi.
(Lev Tolstoj)


Eppure nella scelleratezza dei generali italiani durante la Grande Guerra c'è una miscela di presunzione, di crudeltà, di stupidità e di vigliaccheria che sarà il lievito del fascismo.
Nel 1914 Mussolini aveva tradito il suo partito per propagandare l'interventismo, per un breve periodo andò lui stesso a combattere e poi trasse da quell'esperienza tutto il peggio che usò per dare forma al fascismo, un regime politico basato sulla rigidità gerarchica, la crudeltà e l'orgoglio bellicista: divise e parate, divieti e punizioni, gerarchi e moschetti, balilla e figli della lupa.  

Piero Gobetti ne riconobbe i segni e scrisse che il fascismo non era una nuova dottrina politica, era  l'autobiografia della nazione. Infatti il fascismo non fu semplicemente la dittatura imposta da Benito Mussolini, nel fascismo si raccoglievano e si esaltavano i peggiori aspetti del peggior militarismo che celebrava se stesso nella vittoria del 4 novembre, quella vittoria in cui mia nonna aveva visto solo una sconfitta trasformata nell'esaltazione di una insensata macelleria umana. La scelleratezza di quei generali poteva portare solo alla grande disfatta di Caporetto. L'analoga scelleratezza mussoliniana poteva portare solo ad una nuova guerra e una nuova disfatta. Adesso abbiamo imparato la lezione? Purtroppo no.

Quei segni che preoccupavano Gobetti stanno tornando a disegnare l'Italia di oggi e sono riconoscibili anche in ambienti non militari: aziende, ospedali, scuole, tribunali. Ovunque si cerca di imporre un ordine che non coincide più con la disciplina militare, ma la emula con altri nomi: efficienza, concorrenza, merito, successo... ma dietro queste parole ci sono gli stessi sistemi organizzativi basati sulla gerarchia e l'obbedienza. 

I nuovi generali si chiamano manager e consulenti, ma agiscono allo stesso modo con la  stessa ottusa arroganza.

Qualche esempio tra i tanti visibili ovunque:

Nel 2010 diventò virale un video ripreso durante una riunione aziendale in cui un importante manager di Telecom esaltava il genio strategico di Napoleone confondendo Austerlitz con Waterloo. Si rese ridicolo per un errore da scolaretto che comunque non ostacolò la sua carriera. In realtà in quel video c'era qualcosa di molto più esecrabile dell'errore storico: il dispezzo con cui il manager arringava la sua truppa colpevole di essere demoralizzata: "ho la faccia incazzata perché respiro sfiducia... facce da senso critico...". Il manager accusava i suoi 'soldati' di non essere sufficientemente combattivi: una replica perfetta delle logiche di Cadorna e di Badoglio. Sì, perché non sono i dirigenti a dover migliorare i prodotti e i servizi, non sono responsabili delle sbagliate strategie di marketing, la colpa è del basso morale dei venditori che si dimostrano poco "arditi", incapaci di buttarsi all'assalto dei potenziali clienti. Così ragiona il 'generale' di quella che dovrebbe essere una grande impresa!

L'inesorabile declino di Telecom era già stampato ben chiaro nel piglio autoritario con cui il manager Luca Luciani rimproverava i suoi sottoposti, semplici addetti alle vendite dei servizi telefonici. Lo faceva con lo stesso tono sprezzante e volgare dei peggiori comandanti militari e usando (male) un esempio di battaglia napoleonica che nulla ha di somigliante con le operazioni economiche di marketing.

Lo stesso piglio autoritario, fanaticamente arroccato su schemi tanto rigidi quanto sciocchi, lo vediamo nella sanità, dove si pretende di applicare "protocolli" elaborati in qualche stanza di qualche ministero come gli ordini che arrivavano nelle trincee della Grande Guerra. E vediamo solerti primari ospedalieri che riescono ad umiliare i sottoposti fino a spingerli al suicidio, com'è accaduto alla dottoressa Sara Pedri.

"Avevo paura, paura da morire. Mi sembrava di essere davanti a un tribunale militare, non a colloquio con il mio primario. Ne sono uscita distrutta." 
[dichiarazioni di una collega di Sara Pedri]

C'è un nuovo futurismo che ispira il bellicismo economico imposto dalle dottrine neo-liberiste. Un efficientismo che costringe a ridurre ovunque il numero di lavoratori consegnando le decisioni agli algoritmi. I ciechi protocolli che producevano gli ordini insensati durante la Grande Guerra ora si automatizzano come "intelligenza artificiale". 

Negli ospedali si riducono i medici e gli infermieri: una 'decimazione' fortunatamente fatta senza fucilazioni. E le colpe della disfatta saranno addossate proprio ai pochi sanitari che restano a operare nella trincea della sanità. Negli ospedali arrivano medici a gettone, con spreco di denaro e dissennata dispersione delle responsabilità. I giovani laureati fuggono all'estero, come fuggivano i fanti per consegnarsi al nemico. 

Nelle scuole i dirigenti hanno assunto lo stesso piglio autoritario. Si trovano a dirigere più istituti diramando ordini su attività educative che non conoscono, sono dotati di poteri punitivi come i caporali invisi a Totò. Tutte le riforme mirano a creare cgerarchie: coordinatori e vicepresidi nominati dal dirigente, con fiduciari, staff, tutor, orientatori... . La scuola diventa azienda dove tutti devono essere continuamente valutati e l'attività didattica diventa una continua competizione tra studenti e tra insegnanti. L'aumento dei livelli di stress, ansia, burnout, fa peggiorare progressivamente i risultati, produce da una parte giovani emotivamente sempre più fragili e disorientati e dall'altra produce bullismo e criminalità. Sempre più frequenti gli stupri di gruppo compiuti da minorenni riuniti in branco, ma guai a proporre un ritorno all'educazione basata sulla relazione personale, sulla cura dei sentimenti, sullo spirito di tolleranza e di solidarietà. Il Ministero dell'Istruzione e del Merito ora impone una valutazione della capacità imprenditoriale per bambini di scuola elementare.

Nell'esercito ci sono troppi ufficiali, superpagati, compresi gli inutili cappellani militari. Nelle forze dell'ordine ci sono migliaia di imboscati, addetti a mansioni d'ufficio, mentre nessuno sorveglia le strade,  i giardinetti e le stazioni, che diventano campi di battaglia abbandonati alle scorrerie della microcriminalità. Arriva qualche volta come un super-eroe l'inviato di Striscia o delle Iene, ma solo per offrire una momentanea illusione di controllo al servizio dello spettacolo televisivo.

La giustizia è diventata un'altra trincea dove il contrasto alla criminalità non è ostacolato solo dai criminali e dai loro difensori, ma soprattutto da norme insensate (improcedibilità, condoni, prescrizioni, sospensioni...), e le norme peggiori ce le ha regalate il governo dei migliori. Ma anche il guardasigilli super-esperto voluto da Giorgia Meloni insiste nel tentativo di ridurre i magistrati all'obbedienza: separazione delle carriere, minacce di sanzioni disciplinari, direttive politiche... mentre gli uffici giudiziari restano sguarniti di personale e di attrezzature.

Sembrano soldati di Badoglio anche i ferrovieri e i tranvieri licenziati per aver fatto trapelare qualche verità indicibile sulle mancate manutenzioni che causano gravi incidenti ferroviari o stradali. Vengono puniti i dipendenti "infedeli" per coprire le gravissime colpe dei comandanti.

Potrei citare casi anche nell'informazione, che non è più al servizio dei lettori, ma deve rispondere solo agli ordini dei finanziatori che comprano le testate giornalistiche e gli spazi pubblicitari. Anche il giornalista diventa un obbediente soldatino. Se osa far domande senza il dovuto ossequio nei confronti dei nuovi  'gerarchi', come i giornalisti di Report, diventa "lo schifo dell'Italia".

I metodi di Cadorna e Badoglio, già orgogliosamente acquisiti dal fascismo, stanno tornando nella forma più moderna dell'aziendalismo. La retorica militaresca degli arditi e delle camicie nere si è riconvertita come retorica del mercato, della produttività, del merito, dell'efficienza economica. Impone le sue scellerate restrizioni anche in ambiti non economici, come quelli destinati alla cura dei bambini, degli anziani, dei malati... il sostegno ai poveri, ai disabili, ai disoccupati... La solidarietà umana, la giustizia sociale, la cultura, la serenità e la salute, sono valori che non possono essere schiacciati e annullati dalle brame del profitto economico. Se questo accade significa che i nostri generali ci stanno portando verso una nuova disfatta.

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