3 luglio 2023

Nuova e vecchia sinistra

Dario Fo salì sul palco insieme a Beppe Grillo. Il geniale guitto della sinistra riconobbe subito nel nascente movimento grillino lo spirito della sinistra egualitaria e libertaria. Molti non erano dello stesso parere. Vauro gli chiese di scendere da quel palco. C'erano troppe ambiguità nei messaggi del comico genovese e il sospetto che stesse montando un'ondata di qualunquismo.
Adesso quelle ambiguità sono diradate. Il timone del movimento è passato nelle mani di Giuseppe Conte e anche i grillini della prima ora, carichi di livore antipolitico, ora devono prendere atto di essere un partito politico e di avere come valore unificante la difesa dei deboli, di coloro che non trovano lavoro oppure lavorano per paghe miserabili, mentre la ricchezza cresce.

Nelle chat, che hanno sostituito i circoli operai e le piazze, nessuno usa il linguaggio della vecchia sinistra, nessuno parla di lotta o di coscienza di classe, né si parla di scioperi o di sfruttamento, ma i temi sono quelli: il riscatto dalla miseria, dall'umiliazione, la liberazione dai soprusi e dalle ingiustizie. Ora ci sono parole nuove: partecipazione, cittadinanza, attivismo... 

Nel movimento ci sono ancora molti che non si sentono di sinistra. In loro c'è un rifiuto che non è solo il rifiuto del vetusto comunismo che portò con sè un potere oppressivo. Oggi il rifiuto dell'etichetta di sinistra ha altre, ben diverse, ragioni: la sinistra è diventata il campo dei notabili del PD, dei sindacati confederali, degli eurocrati, dei banchieri e finanche dei paggi del reame saudita. Come non comprendere il rifiuto, ma in politica la cosa più importante è capire da che parte vogliamo andare. Se non lo si capisce ci sarà solo confuzione. Questo lo diceva anche Dario Fo.
Ci possiamo anche raccontare che noi siamo buoni, siamo bravi, siamo onesti, che i nostri sono i veri valori... non basta. Dobbiamo sapere da che parte vogliamo andare. Qualcuno la chiama "visione", ma le visioni si possono raccontare in tanti modi e qualcuno potrebbe anche renderci piacevole un futuro disegnato come l'antico Egitto di cui ci mostrerà meraviglie senza farci vedere dove sono gli schiavi e perché sono diventati schiavi.

Perciò dobbiamo chiarirci in modo più semplice: vai a destra o a sinistra? detto in altre parole: ti piace obbedire a un bravo padrone che comanda oppure vuoi affrontare i rischi e le fatiche della libertà?

Il padrone lo trovi andando a destra, invece a sinistra i padroni non ci sono, c'è un mondo di uguali.

No, non è vero - dirà qualcuno - se vige l'obbligo di essere uguali non può esserci libertà, nessuno sarà libero di diventare più bravo, più bello, più ricco, più importante... quella dei comunisti non è libertà! E non fatevi ingannare, non è neanche uguaglianza, perché poi c'è sempre qualcuno più uguale degli altri.

Ecco, si fa subito a far confusione e vedere la libertà dalla parte che non può ammetterla. Allora diciamolo in un altro modo: da una parte c'è la visione verticale, dall'altra quella orizzontale. Nel mondo verticale tutto è fatto a scale: i bravi stanno più in alto, grazie ai loro meriti, i ricchi stanno più in alto, grazie ai loro averi, poi c'è anche la scala gerarchica dei lavori, la carriera professionale e quella politica. Una piramide che va dagli schiavi su su fino agli dèi.

Quando Beppe Grillo cominciò a fare l'arruffapopolo disse: uno vale uno, gli eletti sono uguali a noi, non sono onorevoli, sono solo i nostri portavoce. Caspita! Uguaglianza pura, neanche Marx l'aveva mai detto in modo così netto, neanche Lenin, Mao e Stalin erano mai arrivati a una livella così drastica.

Poi guardi meglio e vedi due cose: uno vale uno, però uno solo è l'elevato, gli altri no; uno vale uno ma se chi viene eletto è solo un portavoce perderà la propria voce, deve solo rappresentare quella degli altri. Un'uguaglianza un po' sgangherata sembra quasi una scaletta che s'è formata per effetto di smottamenti. Sarà mai che l'uguaglianza non esiste, è solo un trucco, come quello dei maiali nella fattoria degli animali?

Forti del principio assoluto di uguaglianza proclamato dall'Elevato, qualcuno ora intima agli eletti che non possono prendersi la libertà di pensare per conto proprio o di agire senza mandato. Il portavoce dev'essere sempre ligio al mandato che gli è stato conferito dagli elettori, non abbiamo mica voglia di seguire l'art.67 scritto nella Costituzione da quei dilettanti del 2 giugno, quei Croce, Calamandrei, De Gasperi, Terracini...

Invece secondo me sarebbe il caso di tornare ai valori del 2 giugno, ai padri costituenti e a coloro che ispirarono il loro pensiero: Giuseppe Mazzini, Andrea Costa, Anna Kuliscioff, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Simone Weil, Guido Calogero, Carlo Rosselli, Hanna Arendt, e con loro anche Danilo Dolci, Aldo Capitini, Giuseppe Dossetti, Pier Paolo Pasolini... ci aiuterebbero a scoprire che libertà e uguaglianza sono possibili, ma lo sono in una costruzione complessa fatta di scalette che si devono continuamente montare e smontare. Mi spiego. L'azienda è un sistema composto come una macchina, i componenti non possono essere tutti uguali, il motore non è uguale alle ruote, il volante è diverso dal freno. Nell'azienda, nell'ufficio, nella scuola, nel partito e in ogni sistema che ha un compito da svolgere, non ci sarà uguaglianza, ci sarà gerarchia. Però quelle differenze di ruolo devono esistere solo dentro la macchina, non possono creare differenze sociali, perché la società deve rimanere orizzontale. Il direttore non è più importante del fattorino, il professore non è più importante del bidello, l'onorevole non è più importante dell'elettore, però nei momenti in cui il congegno organizzativo deve funzionare ciascuno farà quello che deve fare e si prenderà le responsabilità (diseguali) che si deve prendere.

Questo è il motivo per cui è sempre auspicabile che nessun ruolo venga assegnato a vita. Non tutti possono dirigere l'azienda, ma tra quelli che hanno titoli e attitudine si può turnare, il preside di una scuola si può eleggere per un determinato periodo di tempo, i membri di un consiglio si possono designare per sorteggio. Così avremo scalette che si montano e si smontano evitando che qualcuno assuma il ruolo di responsabilità che gli è stato affidato alla stregua di una mutazione biologica: il sangue blu.

Si racconta un aneddoto di Jean Paul Sartre che un giorno chiacchierava con gli amici al tavolo di un bistrò. Il cameriere vide che erano tutti presi dalle conversazione e si presentò: "buongiorno, io sono il cameriere". Era solo un modo per sollecitare le ordinazioni, ma Sartre lo corresse: "No, lei non è il cameriere, lei fa il cameriere".
Ecco, mi piacerebbe imitare la giusta osservazione di Sartre anche nei riguardi degli elevati: "Lei non è onorevole, lei fa l'onorevole". Però, fatta questa precisazione, sarà il cameriere a prendere le ordinazioni e sarà l'onorevole a prendere le decisioni politiche del momento.


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