30 luglio 2023

Il bidello manolesta e le leggende giudiziarie

La stampa ha dato molto risalto alla sentenza di assoluzione di un bidello che avrebbe tentato un approccio sessuale ai danni di una studentessa. Il fatto materiale trova conferma anche dal medesimo accusato, eppure il Tribunale di Roma lo ha assolto per considerazioni che stanno sollevando un'ondata di indignazione. 
A molti sembra che la giustizia voglia giustificare o proteggere pedofili e stupratori.
Nell’opinione comune la rapidità del gesto e il pretesto di voler fare uno scherzo non possono giustificare un'aggressione sessuale. Anche i giudici dovrebbero capirlo.
La recente decisione riporta alla memoria il caso della sentenza dei blue-jeans, quando la Corte di Cassazione sentenziò che non può esserci violenza sessuale nei confronti di una donna che indossa blue-jeans. A quella vecchia assurdità ora sembra aggiungersene un'altra per cui la violenza è esclusa se i palpeggiamenti durano meno di 10 secondi. Che dire? Che siamo probabilmente nell'ambito delle leggende urbane. Ma vediamo come si creano.

La sentenza dei jeans

La Cassazione non ha mai affermato un principio di impossibilità di stuprare una donna che indossa i jeans. Bastava leggere la sentenza per capirlo, purtroppo molti non lo fanno.

La Corte di Cassazione (Sentenza 6 novembre 1998 n. 1636) annullò una condanna per violenza sessuale che sarebbe stata commessa all'interno di una autovettura dall'istruttore di scuola guida ai danni di un'allieva. I giudici ritennero che la condanna non era adeguatamente motivata. L'automobile era parcheggiata in un zona non isolata e non c'era nessun ostacolo che impedisse l'apertura della portiera e
la fuga: perché la donna non aveva cercato di sottrarsi alla violenza uscendo dall'automobile? perché non aveva chiesto aiuto? in che modo l'aggressore era riuscito a sfilarle i jeans indossati dalla donna mentre lei restava seduta dentro la vettura? Con questi dubbi la Cassazione non escludeva che la violenza fosse realmente avvenuta, infatti l’annullamento della condanna era contestuale al rinvio della decisione ad altro Tribunale. Quindi non era un’assoluzione. Col rinvio si disponeva la prosecuzione del processo accompagnata da una richiesta di motivazione più completa e convincente.
La decisione di disporre un approfondimento fu tradotta dalla stampa come piena assoluzione e si disse anche che l’assoluzione dello stupratore era basata su una presunzione assoluta determinata dall'abbigliamento della donna. Una lettura totalmente falsata che provocò un'ondata di indignazione. Ci furono anche proteste organizzate da parlamentari che, a differenza dei comuni cittadini, avrebbero il
dovere di informarsi bene, senza seguire pedissequamente l'onda emotiva generata da una scorretta informazione.


Il bidello palpeggiatore 

Adesso abbiamo il caso dell'assoluzione di un bidello (Trib Roma, Sez. V, 6 luglio 2023) che avrebbe infilato la mano dentro le mutandine di una studentessa. Il tribunale di Roma l'avrebbe assolto solo perché il contatto sarebbe durato meno di 10 secondi. Nuovamente la notizia genera indignazione contro i giudici per una decisione che appare un oltraggio al senso di giustizia. A pronunciarla è stata la dottoressa Maria Bonaventura. Una giudice donna che sta ostacolando la tutela delle donne vittime di molestie? Già questo dovrebbe far sorgere qualche dubbio. Infatti, come nel caso dei jeans, basta leggere la sentenza per capire che non vi è nulla di strano, nulla di cui scandalizzarsi, solo ordinaria e corretta applicazione delle norme penali.

Un esempio teorico

Prima di riesaminare i fatti può essere utile un esempio per capire il significato di "elemento soggettivo" del reato. Facciamo il caso di un Tizio che non ritrova l'ombrello lasciato all'ingresso del ristorante. Gli è stato sottratto, farà una denuncia per furto nella quale cita anche un testimone che ha riconosciuto la persona che ha portato via l'ombrello, se lo ricorda bene perché era un vistoso ombrello giallo. Nel corso delprocesso l'accusato dimostra di aver fatto un involontario scambio di ombrelli perché anche il suo era giallo ed era inavvertitamente scivolato dietro un mobile. Il giudice dovrà comunque condannarlo per furto? La risposta corretta è negativa, perchè la sottrazione dell'ombrello, che materialmente c'è stata, non è accompagnata dall'intenzione di rubare una cosa altrui. Oggettivamente gli elementi sono presenti gli elementi tipici di un furto, ma soggettivamente è stato solo un errore. Qui sembra imposrtante aggiungere che l'assoluzione dell'asportatore di ombrello per mancanza di colpevolezza (elemento soggettivo) non sancisce una generale liceità di rubare gli ombrelli gialli. Il giallo in questa vicenda è solo un elemento accidentale della vicenda.

I fatti della scuola

Nel salire le scale insieme ad altre compagne, una studentessa si accorge che i pantaloni le sono scivolati al di sotto della vita, l'insolita circostanza crea qualche ilarità tra le amiche e il bidello che assiste alla scena interviene repentinamente avvicinandosi da dietro alla ragazza e risollevandole i pantaloni con una manovra che la alza di due centimetri da terra. Nel farlo la sua mano ha sfiorato i glutei della ragazza, le ha toccato anche le mutandine, per poi afferrare i calzoni con un certo vigore, probabilmente dai passanti della cinta, e tirarli su fino a sollevarla da terra. La ragazza non è stata disturbata dal sentirsi toccare, infatti immagina che sia un'amica che la sta aiutando a risistemare i calzoni sui fianchi, ne resta turbata solo quando si accorge che a farlo è stato il bidello. Probabilmente un palpeggiamento l'avrebbe insospettita prima. Anche l'uomo si accorge solo in un secondo momento d'aver causato un turbamento e di aver fatto qualcosa di inopportuno, perciò la segue per spiegarle che stava solo scherzando: "Amò, stavo scherzando". Quel bidello si rivolge a tutte le ragazze con amò, amore, e con tutte usa abitualmente un linguaggio confidenziale, da buon romanaccio. Ma stavolta la ragazza non sembra stare al gioco, non risponde, e racconta agli amici di essere stata toccata, toccata nelle parti intime, lo racconta anche a un professore che l'accompagna dalla vicepreside. Alcuni ragazzi raggiungono il bidello per insultarlo: "vergognati, con te non ci parlo"; "vai via cammina, tu tocchi il culo alle ragazze". A quel punto l'uomo si accorge che tutto sta prendendo una brutta piega. Allora raggiunge la vittima al bar della scuola per un ulteriore tentativo di discolparsi ma le amiche lo aggrediscono verbalmente e lo allontanano, lui allora si agita e dà una testata contro il bancone del bar: "tu mi rovini la vita, io non ti ho fatto niente".

Queste circostanze, tratte dalla sentenza, descrivono l'atteggiamento di un criminale ormai scoperto o la reazione di una persona travolta dalle enormi conseguenze di un gesto non meditato?
La sentenza non giustifica in alcun modo il gesto compiuto dal bidello. Non dice che i toccamenti rapidi sono inoffensivi o addirittura leciti. Pure invenzioni giornalistiche. La sentenza afferma chiaramente il contrario: il gesto compiuto corrisponde sicuramente ad un reato di molestia, scrive la giudice, ma non vi è certezza che il bidello abbia agito con un intento malsano per soddisfare impulsi libidinosi. Gli elementi di fatto non consentono di interpretare il suo gesto in questo senso: il luogo, la presenza di numerose persone che guardavano, il contatto senza alcuna insistenza, il successivo sollevamento della ragazza. Non c'è nulla da cui si possa dedurre una libidinosa malizia.

Non è una questione di durata. La durata è solo un elemento secondario. Il crimine richiede anche un elemento soggettivo di colpevolezza che in questo caso è impossibile dimostrare. La giudice non ha discolpato l’accusato in base ai 5 o 10 secondi. C’è un insieme di elementi che induce a ritenere che l’azione non aveva quel carattere sessuale che lo renderebbe punibile.

Sui pantaloni che scivolano dai fianchi di una ragazza non è opportuno scherzare. Non si fa, o magari si può anche fare, tra amici, ma non un bidello dentro la scuola. E' sbagliato. Anche lui l'ha capito immediatamente, ma sbagliare non è un crimine. Non esistono reati sessuali punibili a titolo di colpa, è sempre necessaria l'intenzione (il dolo).

La funzione rieducativa della pena

Oltre al dubbio sull'elemento soggettivo, in questa vicenda è possibile cogliere anche un altro aspetto che riguarda lo scopo rieducativo della pena. Cosa c'è da rieducare in chi ha compiuto un gesto di cui ha immediatamente capito l'errore? Qualcuno ritiene che la pena dev'essere comunque imposta per vendicare l'offesa arrecata alla vittima, ma in questo caso il gesto non aveva arrecato alcuna offesa, infatti la studentessa lo ha assecondato pensando che fosse una compagna che la stava aiutando.
Acquista rilievo per un probabile malinteso generato da una condotta invadente del bidello e sicuramente inopportuna che ha causato un reale turbamento nella ragazza, un turbamento non indotto dal contatto fisico, ma dall'idea che il bidello avesse approfittato del momento per abusare di lei. In questi casi però non si può pretendere alcuna punizione. E' come se qualcuno scambiasse il postino per un ladro travestito che sta cercando di entrare in casa: la paura sarà reale, ma il postino che l'ha involontariamente causata non può essere punito come se fosse un vero ladro.
L'inopportunità del gesto compiuto dal bidello si dovrebbe risolvere con un richiamo disciplinare da parte del Dirigente Scolastico, invece ne stiamo facendo un caso di denegata giustizia. Neanche la scarcerazione di Fioravanti o quella di Carminati hanno suscitato tante reazioni indignate e perfino manifestazioni di piazza.

La lettura della sentenza pronunciata dalla giudice di Roma ci induce a sperare che l'assoluzione del bidello venga confermata anche negli ulteriori gradi di giudizio, se mai dovessero esserci, ma è ormai evidente che a prescindere dal caso specifico, e da quella che sarà la sua conclusione, è nata la leggenda urbana dei palpeggiamenti diventati leciti se praticati per meno di 10 secondi. La leggenda continuerà a
circolare, come circola ancora quella dei blue-jeans, e manterrà viva l’indignazione e il senso di sfiducia nei confronti della giustizia. Questo è il vero danno.

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