26 maggio 2023

L'indignazione e le leggi tagliate con l'accetta

Talvolta l'indignazione è utile, perfino necessaria, altre volte appare eccessiva e scomposta.
Dobbiamo indignarci di fronte a comportamenti socialmente inammissibili, ma c'è anche una indignazione che arriva quasi come riflesso automatico e irragionevole. Basta vedere i furiosi commenti ad una notizia marginale, di ben poco conto, quella di un provvedimento di rinvio di una udienza nel procedimento giudiziario che riguarda l'onorevole DelMastro.

Per chi non ricorda il caso Donzelli-DelMastro suggerisco il riassunto nel videoblog di Breaking Italy (dal minuto 7,40). 

Del Mastro, sottosegretario alla giustizia, è ora accusato di aver svelato informazioni riservate al collega e coinquilino Donzelli, il quale le ha utilizzate per infangare gli avversari in Parlamento. La violazione di un segreto non è coperta dall'immunità parlamentare e non sembrano esserci dubbi sul fatto che le conversazioni carpite o intercettate nel carcere tra l'anarchico Alfredo Cospito e alcuni mafiosi siano informazioni non divulgabili. Le responsabilità si dovrebbero accertare in un processo. Ma forse ilprocesso non si svolgerà perché il PM ha richiesto l'archiviazione del caso. La Procura sostiene che «La richiesta di archiviazione riconosce l’esistenza oggettiva della violazione del segreto amministrativo ed era fondata sull’assenza dell’elemento soggettivo del reato, determinata da errore su legge extrapenale».

Ma come? - gridano gli indignati - i magistrati non sanno che le intercettazioni ambientali in carcere sono segrete e DelMastro non poteva fornire all'amico informazioni segrete? Vorrebbero giustificarlo affermando che avrebbe violato il segreto a propria insaputa. Dunque non sanno neanche che l'ignoranza della legge non può essere una scusante? Due supercazzole in un unico atto? 

No, forse non è tutto così semplice.

L'articolo del Sole24Ore parla di dialoghi carpiti nel carcere di Sassari. Quindi non sarebbero intercettazioni ambientali disposte nell'ambito di una indagine (la cui segretezza non potrebbe essere ignorata da un avvocato-onorevole), bensì osservazioni riferite dagli agenti di custodia e riportate in relazioni interne, cioè atti amministrativi non necessariamente soggetti a segreto. In tal caso l'eventuale secretazione disposta dal Ministro della Giustizia o dal Giudice di sorveglianza potrebbe anche non essere stata allegata agli atti e quindi ignorata dall'on. Del Mastro. Invece La Repubblica parla di "segreto istruttorio" attinente ad "intecettazioni ambientali preventive". Difficile capire quale sia la descrizione più corretta dei fatti.

Solo nel primo caso, che ammette una incertezza del segreto, è possibile comprendere il perché della richiesta di archiviazione formulata dalla Procura (richiesta che il GIP non ha ancora accolto, ma non ha neanche respinto, rinviando a nuova udienza). Altrimenti parlare di "legge extrapenale" per il segreto istruttorio sarebbe davvero una "supercazzola".

Se però qualcuno prova a ragionare viene sommerso dall'indignazione:
- ma certo è ovvio ed evidente che i magistrati ignorano i princìpi giuridici o li calpestano senza ritegno; - come non sapere che l"ignorantia legis non excusat"?
- come non sapere che ogni pubblico ufficiale è sempre tenuto al segreto d'ufficio? 

Gli indignati ad oltranza esigono la forca, che in questo caso è un diritto senza sfumature, regola senza possibili eccezioni. Così la Juris Prudentia diventa dogmatismo assoluto e si invoca una legge che deve abbattersi come una scure sul malcapitato. Ovviamente solo quando il malcapitato è l'altro, l'avversario politico, l'antipatico e provocatorio Donzelli, agitatore ben avvezzo alle fandonie.
Non ho alcuna simpatia per Donzelli, né per Del Mastro e per gli altri fascisti arrivati nelle stanze del potere grazie al 26% del 45% di voti conquistati da Giorgia Meloni.
Sono anch'io indignato per le parole usate, in evidente mala fede, da Donzelli. Sono indignato anche per la nomina alla presidenza della Commissione Antimafia di una donna che proviene da ambienti neofascisti in cui circolano anche ex-terroristi condannati per stragi e omicidi politici. Ma la resistenza contro questo nuovo fascismo si combatte sul piano politico, con strumenti democratici. Non si può combattere coi cavilli giuridici. 

La richiesta di archiviazione formulata dalla Procura può non piacere, ma non è detto che sia necessariamente una supercazzola.
  1) non è vero che l'ignoranza della legge non è mai scusabile. L'art.5 del codice penale si limita all'ignoranza della legge penale.
  2) non è vero che tutti gli atti amministrativi sono segreti. Il divieto sancito dall'art. 15 dello Statuto degli impiegati civili dello Stato (DPR 3/1957) non riguarda più tutti gli atti amministrativi. Il segreto d'ufficio è stato modificato dall'art.28 della L.241/1990, non è più regola generale, è ora ristretto ai soli casi di atti esclusi dal diritto di accesso e qualificati come 'segreti'. La regola generale ora è quella della trasparenza amministrativa, l'accesso è generalmente consentito a tutti gli atti della P.A.
  3) se una persona non è stata portata a conoscenza dell'avvenuta secretazione dell'atto in questione, potrebbe non rendersi conto di violare il segreto, neanche se come avvocato o come parlamentare arebbe tenuto ad una buona conoscenza delle norme.
  4) se l'on. Del Mastro aveva avuto cognizione per ragioni d'ufficio di relazioni interne soggette ad uno specifico provvedimento di secretazione di cui non era edotto, la conclusione della Procura ha un senso. Lo ha anche se, a mio modesto parere, dovrebbe essere il processo penale a stabilire l'eventuale mancanza dell'elemento soggettivo, non il GIP in sede di undienza preliminare. Un rinvio a giudizio sarebbe preferibile all'archiviazione, ma questa è solo la mia opinione.

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