Oggi possiamo dire che fascismo e comunismo sono esperienze storiche ormai archiviate? Possiamo ritenere che la contrapposizione tra destra e sinistra è stata soppiantata da nuove polarità?
La nuova polarità sembra esser quella che contrappone i sostenitori dell'establishment (i nuovi conservatori che avrebbero ereditato dalla vecchia sinistra i dogmi del politically correct) ai protagonisti di un'insurrezione populista che dovrebbe contraddistinguersi per sincerità e franchezza, forse rozza nei modi, ma sostanzialmente pacifica e non-violenta. L'establishment coincide con una sinistra, ormai non più comunista, ma radical-chic. Chiunque tenta di contrastare l'establishment viene etichettato come populista o fascista. Un altro modo di definire le due squadre in campo distingue tra sovranisti ed europeisti, questi ultimi generalmente intesi come sostenitori dell'establishment europeo.
Si tratta ovviamente di un inganno perché l'establishment non esiste. Esistono diversi poteri (economico, finanziario, politico, militare, ecc.) che in certe istituzioni rivestono un ruolo primario mentre in altre sono scarsamente efficaci. I vertici militari possono condizionare la politica, ma non sempre ci riescono; la finanza tende a dominare l'economia, ma non sempre ci riesce. L'apparato militare russo o cinese difficilmente andrà a braccetto con quello americano o francese. Allora l'establishment che cos'è? L'idea di immaginarli tutti riuniti e tutti concordi mi sembra troppo ingenua, può stare solo nell'immaginario di chi potere non ne ha.
Quando ci si accorge che i diversi poteri si scontrano tra loro c'è chi si rifugia in un'altra definizione: i poteri forti. Ma come si distinguono i poteri forti dai poteri deboli? Gli eserciti, i capitali finanziari, i mezzi di produzione, le grandi reti di informazioni? No, perché sono solo strumenti. Per capire qualcosa occorre guardare chi c'è a manovrare quegli strumenti e quali interessi persegue.
Torniamo alle classi sociali di marxiana memoria? Forse, ma occorre qualche aggiornamento.
La lotta di classe vedeva un proletariato composto di lavoratori in lotta contro la classe borghese composta dagli sfruttatori. Ma quel proletariato che perseguiva il sogno socialista è stato sconfitto, le istituzioni che aveva creato (unione sovietica e comunismo cinese) hanno dichiarato fallimento e si sono arrese alla forza dei mercati. I proletari esistono ancora, crescono di numero, ma sono ormai docili schiavi del sistema consumistico mondiale. Oggi chiunque abbia uno straccio di lavoro può già sentirsi fortunato, non dirà mai di essere sfruttato. La lotta di classe è finita oppure ha assunto una diversa connotazione?
Proviamo ad azzardare un'ipotesi. Negli anni venti del secolo scorso l'affermazione del comunismo in Russia e la grande crisi economica negli USA sembravano confermare le previsioni marxiste: la sopravvivenza del capitalismo richiedeva una progressiva conversione al socialismo. Iniziò Roosevelt negli anni del New Deal e poi tutta l'Europa si convertì alle politiche keynesiane. Il libero mercato era diventato improponibile. La nuova frontiera di Kennedy e le socialdemocrazie scandinave perseguivano un modello sociale che era destinato a ridurre progressivamente gli spazi di manovra del capitale: infrastrutture pubbliche, assicurazioni sociali, fisco redistributivo, pari opportunità.
Il vero propulsore delle nuove democrazie liberal-socialiste non sarebbe stata più la proprietà privata, bensì la conoscenza. Gli inventori avrebbero preso la guida delle imprese in continuo progresso e gli artisti avrebbero guidato le masse. Questa prospettiva esaltava i giovani borghesi, restando poco comprensibile alle masse di operai. La consapevolezza di queste trasformazioni era diffusa dall'opera di molti intellettuali degli anni cinquanta e sessanta. Le rivolte studentesche del 1968 vedevano accanto ai contestatori Marcuse, Sartre, Foucault. Ma ciò che esaltava la beat generation spaventava altri e per alcuni reppresentò una presa di coscienza, una nuova coscienza di classe che rinnovava completamente il quadro disegnato dai marxisti.
Mentre le masse di giovani sognavano "l'immaginazione al potere" in un mondo liberato dal lavoro, all'interno dell'alta borghesia nasceva una nuova classe decisa a non farsi annientare dal Welfare State. Per questo era costretta a ripudiare i valori borghesi (gli ideali kennediani). Consapevoli di non poter competere sul piano dei meriti personali dovevano ostacolare l'uguaglianza, boicottare il welfare, recuperare la cultura del lavoro. Era l'unica via per conservare i privilegi della ricchezza ereditata. Questa parte dell'alta borghesia aveva preso coscienza di essere ormai diventata un'aristocrazia.
« L'Occidente non ha conquistato il mondo con la superiorità delle sue idee, dei suoi valori o della sua religione ma attraverso la sua superiorità nell'uso della violenza organizzata »
Samuel Huntington
Le antiche aristocrazie difendevano i propri privilegi con le armi, lo fecero anche loro eliminando fisicamente gli avversari (Bob Kennedy, Martin Luther King, Ernesto Che Guevara, Enrico Mattei, Salvador Allende, Olof Palme, Aldo Moro). Nixon pose fine alla guerra contro i regimi comunisti, avviò l'alleanza con la Cina e ritirò i soldati dal Vietnam. Ma la vera grande svolta fu l'abolizione della convertibilità del dollaro (15 agosto 1971). Da quel momento iniziava una nuova lotta di classe basata su una nuova strategia: finanza contro economia produttiva; nobiltà finanziaria contro borghesia liberale. L'obiettivo era la distruzione dei valori liberali borghesi al fine di ripristinare una società neo-aristocratica. Samuel Huntington, docente a Yale, insieme a Crozier e Waranuki pubblica nel 1975 il libro "The Crisis of Democracy", il sottotitolo è ancora più significativo: "Report on Governability of Democracies to the Trilateral Commission"
La democrazia non era più il potere di liberi cittadini, diventava qualcosa da governare. (Governabilità, è ancora questa la parola più utilizzata per prendere di mira le costituzioni democratiche). Per governare le democrazie occorreva avviare un'opera culturale lenta e graduale, riconquistare l'egemonia seguendo i consigli di Antonio Gramsci. La cultura libertaria esplosa nelle grandi contestazioni del 1968 fu inquinata con iniezioni di stupidità e di violenza. I valori borghesi che avevano sostenuto le istanze del '68 venivano spinti in avanti da principi solo apparentemente progressisti: liberazione sessuale, uguaglianze dogmatiche e anti-meritocratiche, avversione alle istituzioni statali, maoismo immaginario, avversione per la propietà privata, distruzione della famiglia, disprezzo delle regole formali, ecc.
Gli effetti di questa operazione si manifestarono nel 1978 col cosiddetto "riflusso", cioè una silenziosa rinuncia dei giovani all'impegno politico e sociale.
Contemporaneamente si diffondeva una nuova teoria economica che ebbe il principale protagonista in Milton Friedman. La teoria è nota come neo-liberismo, in realtà si tratta di una falsa etichetta inventata per tranquillizzare gli intellettuali borghesi. I veri principi liberisti non erano più presentabili e non avrebbero avuto alcuna utilità per le aristocrazie finanziarie. Milton Friedman ha elaborato una strategia politica più statalista che liberista, perché ha bisogno degli eserciti per imporsi (così è accaduto nel primo esperimento condotto da Pinochet in Cile), ha bisogno di un fisco che protegge i profitti e avvilisce il lavoro, ha bisogno di giganti bancari "too big to fail", cioè troppo grandi per fallire, quindi sottratti alle dinamiche del libero mercato. La finanza sciolta da ogni vincolo può ricattare i governi. La strategia della Shock Economy, messa a punto da Friedman, impone con la forza e con l'inganno leggi fortemente anti-liberali.
Molti ex-comunisti formati a una dottrina anti-liberale che guardava all'economia come struttura portante della società si sono fatti convincere dalla nuova ideologia che si presenta come "scienza economica".
Adam Smith aveva magnificato la libera concorrenza perché vedeva in essa uno strumento adatto a promuovere una solidarietà collettiva, sia pur in modo inconsapevole. Il neoliberismo usa la competizione per distruggere ogni sentimento di solidarietà, esalta la disuguaglianza e nega la libertà individuale.
Per distruggere la libertà si usa l'arma della sicurezza. E' stato il solito Huntington a pubblicare nel 1996 "Lo scontro delle civiltà", un altro testo solo apparentemente profetico. Il terrorismo islamico appare sulla scena mondiale con l'attentato alle torri gemelle di New York. Da allora è una continua richiesta di sicurezza, di controlli e di restrizioni di libertà. Internet è diventato un gigantesco sistema di controllo delle persone e delle menti. L'internet delle cose perfezionerà l'opera, ma siamo tutti tranquilli perché ci sentiamo più protetti.
Le istanze liberali sono diventate oscene. Chi oggi dice: non uso Facebook, non uso Whatsapp, non compro il televisore Smart, non voglio il sistema d'allarme telecontrollabile, ecc. è visto come uno sfigato o un povero illuso. Chi dice che ferrovie, aereoporti, reti elettriche, autostrade, motori di ricerca, social-network e ogni altra infrastruttura dev'essere pubblica e trasparente viene additato come un veterocomunista. Non parliamo poi di ambiente, il bene più prezioso, gli ambientalisti vengono accusati di essere i nemici del "progresso".
Gli unici che sembrano voler contrastare la nuova classe dominante, l'oligarchia finanziaria, sono i nuovi fascisti che invocano la sovranità nazionale, puntano il dito contro Bilderberg e Trilaterale, si dichiarano a favore di valori religiosi e familiari, ma sono fascisti, quindi agiscono contro quel poco di sinistra che vorrebbe ancora difendere i diritti dei cittadini, non alzeranno mai la cresta contro i potenti, combattono come bravi soldatini quella finta guerra religiosa inventata da Huntington, contribuiscono a seminare odio, razzismo e tutto ciò che disgrega, oltre ai sentimenti di invidia sociale che stanno distruggendo le classi borghesi, cioè i cosidetti privilegiati, non solo i politici, i più odiati (ma solo se sono democratici) anche i professionisti, i magistrati, i dirigenti statali, i professori, i giornalisti. La rabbia si scatena dall'alto verso il basso, contro i furbetti del cartellino e si abbatte contro chiunque abbia un posto fisso e un reddito sicuro. Negli anni dello squadrismo i fascisti se la prendevano con gli spazzini, privilegiati che osavano scioperare.
Il posto fisso e il reddito sicuro, insieme ai diritti garantiti, era la base di quello che si chiamava Welfare State. Oggi gli unici che sembrano immuni dagli strali dell'invidia sono i calciatori (è là, nelle tifoserie, che i fascisti si esercitano alla violenza) e i vip della televisione, cioè i maestri del gran rimbambimento collettivo, i quali non dimenticano mai di dare spazio ai fascisti. Lo fanno con un doppio gioco: da una parte ci sono le trasmissioni che alimentano le paure e li rinforzano, dall'altro ci sono quelli che blandamente li accusano, ma in genere questo compito è affidato ai giornalisti già bollati come radical-chic, perciò li rinforzano ulteriormente. Nessuno lavora meglio dei fascisti a spianare il campo per la costruzione del nuovo feudalesimo finanziario. Sono loro che fanno il lavoro capillare, che portano la rabbia, la paura e la sfiducia dentro le case. Creano così una condizione che non può consentire alla piccola borghesia proletarizzata di recuperare coscienza di classe.
E' stata questa strategia che ha consentito a Donald Trump di arrivare alla Casa Bianca. La lotta di classe, come ha detto il supermiliardario Warren Buffett, la stanno vincendo loro.
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